La collezione di paramenti conservata in biblioteca, insieme a quelle dei reliquiari, di statue, dipinti, candelieri e altri arredi ha origine nei cambiamenti avvenuti nella pratica liturgica e nel costume religioso negli ambienti ecclesiastici in seguito alle decisioni del Concilio Vaticano II non raramente reinterpretate con criteri difficilmente comprensibili e condivisibili. Molte chiese furono svuotate, tanti antiquari entrarono in crisi per insperata abbondanza. Rimaneva molta roba di cui non si sapeva che fare. S. Matteo per mezzo della biblioteca aprì le porte della misericordia a questi nuovi poveri che, dopo un onorato e lungo servizio nella casa del Signore, si vedevano reietti e disprezzati.
Il primo ad aprirmi gli occhi fu un signore che viveva liberando le soffitte di cose antiche. Portò alcuni paramenti, calici, pissidi e patene. L’amico pensava che fosse irriverente consegnare tali oggetti a un trafficante. Li portò insieme a libri di pregio e un bellissimo manoscritto di cui si legge la descrizione nella sezione Musica a S. Matteo. Non mi chiese nulla e partì lieto di aver evitato che indumenti che avevano visto il Signore scendere nelle ostie consacrate finissero, da panni pregiati, su mobili di nuovi ricchi. L’operazione si ripeté più volte su iniziativa di persone a diverso titolo responsabili di chiese e di cappelle private domestiche e cimiteriali.
Attualmente sono conservati oltre un centinaio di complessi e molti pezzi singoli per un totale di un migliaio di pezzi prodotti in un tempo contenuto dal XVII ai primi decenni del sec. XX.
Dal punto di vista liturgico è presente tutta la gamma tipologica che va dalle vesti sacerdotali propriamente intese (pianete, stole, manipoli, veli e borse del calice) a quelle diaconali (tunicelle, dalmatiche, stole) a quelle più generiche (piviali, cotte, camici, cingoli). Anche le vesti degli altari abbracciano la più vasta gamma tipologica, dagli antependium, alle tovaglie, ai conopei, ecc. Dal punto di vista artistico e artigianale, la raccolta si situa in una fascia che solo in qualche occasione emerge al di là di certi valori “poveri”. Solo una decina di pezzi sono “firmati” essendo chiaramente dono di famiglie nobili o di alti personaggi ecclesiastici.
La maggior parte dei pezzi sono da ascriversi nella fascia media, costituiti da materiali di uso abbastanza comune nell’abbigliamento della casa e della persona nei sec. XVII-XVIII e XIX: dai velluti più o meno trattati, ai broccati, ai damaschi. Non mancano tuttavia tessuti rari e dalle ornamentazioni decisamente inusuali.
Il recupero museale di questa raccolta verrebbe per la prima volta nella nostra provincia di Capitanata a far giustizia su un aspetto “secondario” della nostra cultura e della nostra tradizione che vede numerosi fedeli impegnati nell’arricchimento della suppellettile sacra intesa come patrimonio materiale e spirituale comune. Lo studio del materiale sarebbe utile anche per l’individuazione di vie commerciali e artistiche che hanno interessato nel tempo la nostra provincia con numerosi punti di contatto con la Campania, con la Basilicata e la Calabria, ma anche con le regioni del Nord e addirittura con la Cina.
Il recupero museale di tali oggetti per il nostro territorio sarebbe un’operazione culturale estremamente vantaggiosa e verrebbe a costituire, insieme al recupero delle altre numerose raccolte nel santuario di San Matteo, un punto essenziale per la conoscenza anche analitica dei vari aspetti della cultura materiale della nostra Capitanata.
Croci
La distruzione di molti altari laterali nelle chiese rese inutile e difficilmente utilizzabile l’apparato strumentale che li riguardava: croci, candelieri e cartegloria.
Sono state raccolte una decina di croci astili e da altare, alcune delle quali di fattura palestinese, finemente composte con madreperla.