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Convento di s. Matteo
Convento di s. Matteo
gli inizi del sec. XX la transumanza delle greggi verso le pianure del Tavoliere era molto diminuita. Era cresciuta l’agricoltura. Il secolare rapporto del convento di S. Matteo col mondo rurale fu adeguato alla nuova situazione. Si svilupparono le questue che alimentarono l’economia del convento per buona parte del secolo: in primavera la questua del formaggio, a giugno quella del grano, ad ottobre-novembre era il turno del vino, a novembre era la volta dell’olio. Una questua particolare era quella dei galletti che si faceva nella prima metà di agosto. A ferragosto, infatti, un’antica e mai disattesa tradizione garganica imponeva che il re della tavola fosse un galletto.
Gli addetti alle questue erano i fratelli laici. Si ricordano ancora con commozione le belle figure di fra Ludovico Sogliuzzi e fra Luigi Perrotta che conoscevano a menadito il Gargano e la Puglia piana, conoscevano le strade, anche le più riposte e malandate. Le loro visite erano attese e molto spesso richieste. I contadini e i pastori trovavano in loro l’unico contatto con le cose di Dio. Pregavano, ascoltavano brevi e succose catechesi, leggevano i calendari e le altre stampe che il convento mandava, rimanevano coinvolti dalla loro serenità e l’esempio di vita.
La notte questi fratelli dividevano il giaciglio di paglia con i cavalli. Si ricorda ancora fra Arcangelo Mastro, anche lui questuante molto apprezzato dai contadini.
Convento di San Matteo-Foto del 2012
Convento di San Matteo-Foto del 2012
Poi c’era fra Isidoro Porcelli, cuciniere, factotum e organista, che parlava in bell’italiano.
Il più popolare era fra Pacifico Giallanella il quale percorreva le strade di San Marco a ritirare la pagnotta che le famiglie riservavano a S. Matteo tutte le volte che confezionavano il pane. Fra Pacifico era famoso per la maestosa presenza dagli occhi dolci, e perché favoriva incontri importanti fra povere ragazze con poveri giovani. E poi fra Luigi Perrotta con la sua prodigiosa memoria, il suo attaccamento al lavoro e la cordiale confidenza con i benefattori; in cima ai ricordi pieni di gratitudine: fra Matteo Bibiani, autentico servo dei servi, questuante, factotum, portava in cucina la legna, scendeva a S. Marco per la spesa, spazzava i corridoi, serviva a messa, porgeva ai pellegrini la reliquia di S. Matteo. Anche se non lo ha mai sospettato, era lui il vero re di S. Matteo. Tutti gli amici, i collaboratori, i pellegrini facevano riferimento a lui: metteva a proprio agio chiunque, sempre disponibile e servizievole e, benché gravemente segnato dalla sofferenza, sempre sereno e sorridente.
I fratelli laici sono stati sempre l’anello di congiunzione tra la fraternità di S. Matteo e gli innumerevoli amici sparsi per tutta la provincia di Foggia. Loro tenevano i contatti con i benefattori soprattutto delle città garganiche, con gli agricoltori del Tavoliere e con i pastori transumanti. I fratelli laici erano anche gli amministratori di tutta la ricchezza che per loro mezzo sovveniva alle necessità della fraternità.
Il tradizionale rapporto col mondo dei contadini e dei pastori riforniva il convento di agnelli, pecore, vitelli e soprattutto cavalli. Fino al 1866 a S. Matteo le greggi erano molto più importanti. Ogni anno si vendevano a Foggia diverse decine di agnelli. Si vendevano anche i cavalli che non servivano per gli usi del convento.
Quando la fraternità di S. Matteo fu ricostituita, fu riunito anche un piccolo gregge di pecore che veniva ricoverato nel locale posto a pian terreno sul lato di mezzogiorno; vicino c’era il ricovero degli agnelli. Nella prima metà del sec. XX il gregge fu curato dal pastore-poeta Luigi Borazio, chiamato dai giovani frati “zio Luigi”, e da Matteo “Sant’Mattè”, chiamato così dai suoi amici di Borgo Celano dove abitava proprio per il suo servizio al santuario. Il 10 marzo 1947 quattro delinquenti, costretto faccia a terra con le armi il pastore, rubarono l’ultimo gregge del convento e gli ovili restarono deserti, salvo qualche inverno in cui furono ospitati greggi di diversi proprietari. Qualche giorno dopo i ladri furono arrestati, ma il gregge era stato venduto a San Severo.