Avevo messo da parte il foglio doppio del Robinson di la Repubblica di sabato, 12 settembre 2020, p. 21. Si intitolava Silvio d'Arzo Il senso della fine di uno scrittore troppo giovane. Le 2 pagine le avevo conservate, ripromettendomi, incuriosito, di approfondire. Per precauzione avevo cercato notizie su Silvio d'Arzo e le avevo messe da parte nel mio Archivio. Non avevo trovato sue opere; all'epoca non ne conoscevo neanche il nome, cosa che adesso so.
Mi sono ricordato di ciò che scriveva Arturo Carlo Jemolo: […] Il libro del vecchio maestro - che è anche narratore preferito mio e di quanti restiamo impenetrabili alla letteratura moderna, confessiamolo, da Kafka a Faulkner in giù - vuol chiudere con una nota ottimistica; […]
A proposito di nome ...
Si tratta di Ezio Comparoni, nato in Italia nel 1920 e morto, sempre in Italia, di leucemia nel 1952. Aveva 32 anni. Quell'anno moriva Benedetto Croce, Antonio Giuseppe Borgese e ... nascevo io.
Egli (D'Arzo) utilizzò, nel pubblicare le sue (pochissime) opere dei pseudonimi. Nel 1935 si firmava Raffaele Comparoni in Luci ed ombre. Lo stesso fece in Maschere. Racconti di paese e di città.
Nel 1939 comparve lo pseudonimo Silvio d'Arzo, con il quale è tuttora conosciuto; nel 1947 utilizzò lo pseudonimo Sandro Nadi, in Due Vecchi. Altri pseudonimi utilizzati: Andrews Mackenzie, Andrea Colli, Oreste Nasi, Sandro Nedi.
“ … figuratevi che nessuno - dico nessuno - sa ch’io scrivo: il mio nome è solo uno pseudonimo … nessuno sa il mio nome, nessuno … ”
Cesare Pavese (“Non mi interessa affatto. A morte!”) e Natalia Ginzburg (”Racconto certo di grande verità e impegno … però è altrettanto vero che non è niente di più che una novella lunga, con un fiato da passerotto“), per la casa editrice Einaudi, lo snobbarono. Ma ebbe la stima di Eugenio Montale, Emilio Cecchi, del poeta Attilio Bertolucci (che fece pubblicare – insieme ad Emilio Cecchi - Casa d’altri nel 1952 su Botteghe Oscure, subito dopo la morte del Nostro), di Giorgio Bassani, di Geno Pampaloni.
“Nel carteggio tra Silvio D’Arzo e Emilio Vallecchi, che copre i dieci anni decisivi della breve vita dello scrittore (1940- 1952), sorprendono l’intransigenza, le asprezze, la totale elusività: quel timore di essere scoperto che lo induceva a nascondersi sotto molteplici pseudonimi e dietro falsi recapiti, quella volontà di sparire […] a tal punto che la voce dello scrittore sembra uscire da un’ombra lontana … “.
Nel 1941 si laureò im Lettere, con una tesi in glottologia e nel 1942-43 svolse il servizio di leva (Como-Avellino-Barletta).
Il suo capolavor Casa d'altri fu pubblicato per la prima volta sulla rivista Botteghe oscure, nel 1952, dopo la sua morte.
Casa d'altri è un storia, tutta interiore, che vede per protagonista un’anziana donna la quale chiede al suo parroco il permesso di suicidarsi. In anni di pieno neorealismo, D’Arzo proponeva una storia di coscienze. Andando contro corrente e pagando il prezzo di un lungo, immeritato oblio (Roberto Cotroneo).
"…Tutte le mattine alzarsi alle cinque e andare giù in fondo valle per pigliare gli stracci" cominciò lei dopo un po’ "e fermarsi a mezzogiorno un momento a mangiare olio e pane sopra l’erba di un fosso: e poi venire su fino a monte a pigliar la carriola e andarsene al canale a lavare. Fino alle sei, fino alle sette, e il lunedì fino alle nove di sera. E poi dopo caricare la carriola e tornare su a casa, appena in tempo per mangiare ancora olio e pane e anche un po’ di radicchi, e poi andare a dormire.
Respirò un po’ a fatica. Si capiva che ormai doveva provare una gran pena di sé.
"E il giorno dopo fare lo stesso, e anche l’altro giorno, e tutti i giorni del mondo. Perché io questo lo so: questo lo so, lo so bene: tutti i giorni del mondo. E su questo neanche voi potete dire di no".
S’interruppe per respirare di nuovo, perché mai aveva parlato tanto così in vita sua, c’era da giurarci sicuri: e io guardavo e guardavo e non dicevo parola.
"Io ho una capra che porto sempre con me: e la mia vita è quella che fa lei, tale e quale. Viene in fondo alla valle, torna su a mezzogiorno, si ferma davanti al fosso con me, e poi la porto al canale, e quando vado a dormire va a dormire anche lei. E anche nel mangiare non c’è gran differenza, perché lei mangia dell’erba, e io radicchi e insalata, e la differenza sta solo nel pane. E poi a momenti io non potrò mangiare più neanche quello … Come me … come me. Ecco che cosa faccio io: una vita da capra. Solo che lei ... quanto può stare al mondo una capra? ...[...]
Ecco, nella lettera c’era scritto se in qualche caso speciale, tutto diverso dagli altri, senza fare dispetto a nessuno, qualcuno potesse avere il permesso di finire un po’ prima… anche uccidersi … sì, spiegò lei con una tranquillità da bambina.
Non viene raccontato il suicidio di Zelinda, ma ella alla fine si suicidò.
E adesso eccomi qua.
La vecchia è morta. La Melide è morta. Il ragazzo porta a monte le capre.
In questo breve schizzo di un autore "minore" del novecento italiano, laddove i "maggiori" (secondo la scuola italiana) sarebbero Carducci, Pascoli e D'Annunzio (sic!), ho inserito anche notizie sulla madre, Rosalinda Comparoni (lttps://www.garganoverde.it/la-madre/rosalinda-comparoni.html), che Silvio d'Arzo amò svisceratamente, che si batté per fare stampare le opere dell'amato figlio (come fece la madre di Leo Ferrero, morto a 33 anni) e che morì nel 1964, dodici anni dopo il figlio.
D’Arzo scriveva al suo editore (unico!) Attilio Vallecchi:
“Se mi dovesse morire mia madre, credo che odierei il mondo intero: e nei momenti di dubbio, quando sono alle prese con difficoltà letterarie e sento la mia dappochezza, mi rimprovero subito, al pensiero che ho mia madre e che la realtà che vale è solo quella”.
Negli ultimi tempi della sua breve vita corteggiò la bella pittrice Ada Gori.
Intanto mi ricordo di mia sorella Angioletta, che cantava Marjolaine, allora di moda: era il 1958. E mi ricordo anche di mia madre, cha aveva una bellissima voce e cantava, cantava ...
Sul gran boulevard della città
La sua canzon cantando va
Compagni suoi d'intorno stan
E il ritornel con lui ripeteranMarjolaine, mio primo amor
Una dolce primavera in fior
Marjolaine, tu vedi in me
Chi un dì partì ed ora torna a teDiec’anni e più son lunghi assai
E tutto qui cambiato è ormai
Sul gran boulevard della città
Nessuno più lo riconosceràMarjolaine, mio primo amor
Dopo tante primavere in fior
Marjolaine, la gioventù
Perduta ormai non può tornare più
Silvio D'Arzo (è questo lo pseudonimo con il quale è conosciuto Ezio Comparoni), non riuscì a far pubblicare quasi nulla della sua opera, con l'eccezione di All'insegna del buon corsiero (già elaborato come Ragazzo in città nel 1939). Gli editori non volevano ..., come scrisse lo stesso Silvio D'Arzo:
I grossi editori da noi sono in complesso una dura genia. Sono coriacei e malleabili a un tempo, e in definitiva non si sa mai cosa pensino. Loro lo sanno bene però: se lo sanno! Ma è una storia che porterebbe un po’ in là. Con noi scovarono questo sistema. Ci scrivevano divertentissime lettere: nelle prime sei righe ci facevano chiaramente capire che noi potevamo con tutta tranquillità porre la nostra candidatura fra i grandi del secolo: nelle ultime due si rammaricavano che la difficoltà del momento li costringesse a rifiutare l’offerta. Incolpavano il pubblico, eccetera. Soprattutto si preoccupavano di mostrare a nostro favore una specie di sdegno civile. Facemmo male a pigliarcene: quelle lettere erano degne di noi.
Eppure il suo capolavoro Casa d'Altri (lo ho letto una prima volta e lo propongo sul mio sito www.garganoverde.it in Download >> Letteratura) aveva suscitato gli entusiasmi di Eugenio Montale, che lo definì "un racconto perfetto".
Dallo stagno mi voltai per guardare giù in basso. Sette case. Sette case addossate e nient'altro: più due strade di sassi, un cortile che chiamano piazza, e uno stagno e un canale, e montagne fin quanto ne vuoi.
Le tre vecchie erano ancora là ferme, proprio sullo scalino di casa, sotto la finestra illuminata ed aperta.
- Ecco tutta Montelice, - dissi. - Tutta quanta: e nessuno lo sa.
E salii per la strada di monte. (Casa d’altri, Cap. I)
Dopo la sua morte, si accorsero di lui.
Vi presento alcune note bibliografiche.
Maschere. Racconti di paese e di città (Lanciano, Carabba, 1935, firmato con lo pseudonimo di Raffaele Comparoni)
Luci e penombre : liriche (Milano, La quercia, 1935, firmato con lo pseudonimo di Raffaele Comparoni; a cura di Gabriele Pedullà, Reggio Emilia, Diabasis, 2002)
All'insegna del Buon Corsiero (Firenze, Vallecchi, 1942; Milano, C. Lombardi, 1988; Milano, Adelphi, 1995, premessa di Enzo Turolla, nota al testo di Anna Luce Lenzi; Milano La Vita Felice, 1996; Milano, Otto/Novecento, 2009, presentazione di Mario Spinella; Milano, Greco & Greco, 2011, a cura di Andrea Casoli)
Io prete e la vecchia Zelinda (in Illustrazione Italiana n. 29-30, 18-25 luglio 1948)
Casa d'altri (in "Botteghe Oscure", Quaderno X, Roma, 1952; Firenze, Sansoni, 1953; a cura di Stefano Costanzi, Aragno Editore, 2002; Milano, Nuages, 2008; a cura di I.Tass, Reggio Emilia, Diabasis, 2010; Milano, Mondadori, 2015)
Nostro lunedì. Racconti, poesie, saggi , a cura di R. Macchioni Jodi, Firenze, Vallecchi, 1960)
Essi pensano ad altro (Milano, Garzanti, 1976; a cura di R. Carnero, Milano, Bompiani, 2002)
Penny Wirton e sua madre (a cura di Rodolfo Macchioni Jodi, Torino Einaudi, 1978; MUP, Parma, 2010; a cura di Andrea Casoli, Milano, Greco & Greco, 2014)
Il pinguino senza frac (Reggio Emilia : Prandi, 1978; MUP, Parma, 2005)
Casa d'altri e altri racconti, Torino, Einaudi, 1981, 2007
Il pinguino senza frac e Tobby in prigione (Torino, Einaudi, 1983, illustrazioni di Alberto Manfredi)
Silvio D'Arzo - Enrico Vallecchi. Carteggio 1941-1950 (a cura di Anna Luce Lenzi. Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, 1984)
Nostro lunedì. Di ignoto del XX secolo (a cura di Anna Luce Lenzi, Modena, Mucchi, 1986)
Contea inglese. Saggi e corrispondenza (a cura di Eraldo Affinati, Palermo, Sellerio, 1986)
L'uomo che camminava per le strade (a cura di D. Garbuglia, Macerata, Quodlibet 1993)
Un ragazzo d'altri tempi (Firenze, Passigli, 1994)
Gec (Il ragazzo che non voleva nascere con la camicia) (in Marka, a. XV, n. 32, 1995)
Una storia così (Reggio Emilia, Diabasis, 1995)
Lettere per Ada (Reggio Emilia, Diabasis, 1995)
Poesie (Reggio Emilia, Diabasis, 1995)
L'osteria (Macerata, Quodlibet 1997, nota al testo di Anna Luce Lenzi)
L'aria della sera e altri racconti (a cura di S. Perrella, Milano, Bompiani, 2002)
Una storia così. Sette poesie, undici lettere d'amore, un racconto (a cura di Giuliana Manfredi, Pietro Mussini, Alessandro Scansani, Reggio Emilia, Diabasis, 2002)
Opere (a cura di Stefano Costanzi, Alberto Sebastiani e Manuela Orlandini, MUP, Parma 2003)
Lettere (a cura di Alberto Sebastiani, MUP, Parma, 2004)
Tobby in prigione (a cura di M. Cacchioli, MUP, Parma, 2004)
Le illustrazioni sono state prese dal web e da me ottimizzate. Ho preferito le foto delle località in cui visse Silvio d'Arzo: Bobbio, Cerreto Alpi, Benasso, oltre a quelle che accompagnano il libro Annuario dell'anno XIII - Dieci anni di Radio in Italia, Torino 1935.
Ho inserito, nel corpo dei testi presentati, dei filmati e dei podcasts.