La croce sulla luna - Introduzione - Cap. 1

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947
L’arrivo improvviso di Gesù Cristo a Leafy Grove, cittaduzza della Georgia e campionario di sette protestanti che si fanno concorrenza nel modo di falsificare ipocritamente lo spirito dei Sacri testi attenendosi ad interpretazioni letterali talvolta arbitrarie e stiracchiate, è uno dei colpi di scena più riusciti e delle sorprese più gradevoli di questo stranissimo romanzo.
Composto di molti episodi, affresco di molte figure, tra le quali, indimenticabili, il Vescovo Grigg, i coniugi Beane, zia Duty, la servetta negra Sofia, sorella Cora, il romanzo di Hewlett per la sua vivezza, ha tutta l'aria di appoggiarsi sul fondo cronistico e realistico di uno studio dal vero di tipi, caratteri, costumi.
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La croce sulla luna - Cap. 2-3-4

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947
olto prima che Miss Cora si levasse per confessarsi, il vescovo Grigg si era reso conto appieno della spettacolosa vittoria di quella sera. Dalla accolta di fedeli egli aveva ottenuto alcuni dei risultati migliori della sua lunga carriera di evangelizzazione. Aveva fatto appello alle armi più formidabili del suo repertorio contro il peccato, oratoria sperimentata e palpitante di sincerità; gesti forensi, smorfie esagerate che facevano apparire la sua bocca, tubolare come quella di un’echidna, più fantastica che mai. E, per giunta, a quelli che non si fossero lasciati salvare, prometteva sotto la sua personale responsabilità il fuoco che mai si estingue. [...]

J. Hewlet-La croce sulla luna - Cap. 5

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947
5
La confessione di Miss Cora a Beer-Sheba produsse un notevole effetto sulla mentalità di Leafy Grove. Le sue eccitanti ramificazioni, infatti si estesero per tutto il paese. Il sesso, di cui ordinariamente si sussurrava soltanto, divenne ora un argomento di larga popolarità. In alcune case veniva ricordato solo implicitamente, ma nelle più sboccate quella parola così cruda e impudente veniva discussa con enfasi turpe.
Lo stimolo dei discorsi proibiti, scatenato dalla maestrina, risparmiò solo pochi dei sospetti di ogni turpitudine morale. Vecchi scandali vennero riesumati a sera e fornirono argomenti che le donne del popolo condensavano in sintesi logiche sulle sedie a dondolo nei portici davanti alle case e agli angoli delle strade, dove uomini senza peli sulla lingua si riunivano e dimostravano di saper dire pane al pane senza inutili sottigliezze. [...]

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La croce sulla luna - Cap. 6-7

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capitoli 6 e 7
6
Per tutta la notte fratello Inskip non fece che rigirarsi nel suo soffice letto di piume. L’alba della domenica si levava limpida e cristallina, e sebbene un gelo precoce avesse reso asciutta e tagliente l’aria del Sud, la sua materassa era tutta inzuppata di umidità da parte a parte. Stanco, l’uomo si alzò , si stropicciò gli occhi gonfi e si inginocchiò per dire la preghiera secondo il suo costume. Era sempre la stessa.
“Signore Iddio”, disse ad alta voce “ti ringrazio di avermi concesso di vivere un’altra notte e di darmi un altro giorno. Amen”.
Fratello Inskip, in genere, era quanto mai attivo nell’impiego del suo tempo, nei giorni festivi come in quelli ordinari. Abitualmente non aveva, si può dire, finito di mormorare il suo fiducioso amen, che già era in piedi, pronto a percorrere con il suo lungo passo rigido le ore del giorno per le quali un Dio geloso lo aveva riserbato con tanta benevolenza. [...]

La croce sulla luna - Cap. 8-9

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capitoli 8-9
8
Quel giorno fratello Inskip, di umore molto depresso, si avviò lentamente verso casa dalla scuola domenicale. Dibattuto fra l’odio, la vergogna ed il pentimento, imprecava, arrossiva e pregava alternativamente.
Sentiva che la sua disgrazia era completa. Si ritrovava in una via senza uscita. Quando giunse alla sua casetta bianca di faccia al mulino, sollevò sugli scalini i suoi pesanti scarponi ingrassati per salire con una inerzia che rifletteva le condizioni del suo spirito. Il tragitto di quindici minuti aveva occupato varie ore.
Sofia lo aspettava. Fu lei ad aprirgli la porta.
Egli fissò per un momento la graziosa ragazza ed i suoi occhi ebbero una rapida luce.
“Mr. Mordecai”, disse la ragazza di colore, “siete in ritardo ed avete l’aria preoccupata. Eravate preoccupato quando ve ne siete andato, e siete preoccupato ora che tornate a casa”.
Ma anche Sofia sembrava preoccupata. La sua voce aveva un tono più alto del consueto, e, nonostante lo sforzo evidente di apparire calma, sembrava incerta e titubante.
Le occhiate furtive di fratello Inskip non contribuirono certo a dissipare la inquietudine di lei.
Erano le stesse occhiate indagatrici della mattina presto. Il colore tè e limone della faccia di Sofia si cambiò in rosso rame. [...]

La croce sulla luna - Cap. 10-11

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947
10
Dalla casa di fratello Inskip, Johnny Beane corse a perdifiato per la strada immersa nella luce lunare. Correndo inghiottiva lacrime dl rabbia. Il flusso ardente, mescolato con la polvere di ocra, gli andava di traverso e lo faceva tossire. Il maniscalco era riuscito ad impadronirsi dell’unico segreto che potesse permettergli la vendetta più completa. Cercò di rendersi conto come mai corresse in quel modo, mentre passava a precipizio attraverso il centro della città. Il suo era panico, su questo non c’era dubbio.
I pantaloni, strusciandogli contro le cosce, gli facevano male. Cercava di spiccicarsi le mutande dal sedere. Sentiva fitte dolorose. La stoffa di cotone si attaccava molesta alle croste appena formate delle grosse piaghe prodotte da una somministrazione di frustate che suo padre gli aveva dato pochi giorni prima, perché si era conficcato una scheggia nella lingua. La prospettiva di un’altra somministrazione sopra questa ancora fresca gli faceva venire i brividi. [...]

La croce sulla luna - Cap. 12-13

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capp- 12 e 13
12
Il ragazzo aveva soltanto tre isolati da percorrere prima di raggiungere la sua casa in Via della Chiesa. Aspirava l’aria pieno di gusto. La vita era bella e lui voleva bene al mondo tutto quanto.
Le prime foglie di autunno, cadendo giù dai pioppi stenti piantati ineguali nel terreno sporco fra il marciapiede di cemento e la cordonata, frusciavano e si torcevano come i ginocchi di quelliche ballavano la “danza”, nel quartiere negro era da molto passata l’ora di cena di quell’umida, precoce sera invernale della Georgia; una sera di novembre che sembrava di gennaio. Nubi molli rotolavano flaccide attraverso schiarite di cielo illuminate dai raggi obliqui di un sole lento a tramontare e da una luna sottile come uno stuzzicadenti, che si arrampicava dall’altra parte dell’orizzonte.
Quanto era diversa quella luna dalla luna che aveva visto l’autunno precedenti, dopo il consuetocampeggio a Beer-Sheba. Ricordava bene. L’aveva guardata attraverso la finestra di cucina di sua madre ed aveva visto che era piena. Si era sentito afferrare da terrore folle. Mai, aveva visto una luna, cosi! [...]

La croce sulla luna - Cap. 14-15

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capp. 14 e 15.
14
Quando Johnny Beane riferì al dottor Smith che non riusciva a mettersi in comunione spirituale col suo Salvatore, il sanitario sembrò colpito fuori del consueto.
“Johnny”, disse alquanto preoccupato, “tu parli troppo di Gesù, e finisce che fai sognare anche me. Perché non lo cerchi nella zia Duty? Credo che ci sia più Dio in lei, che non in tutti i pastori ed i vescovi della Georgia”.
Johnny ridacchiò.
“Quella vecchia è quello che ci vuole per te, figliolo. Tu hai certo bisogno di lei”.
Johnny ne aveva bisogno, e zia Duty non gli veniva mai meno. Lo divertiva per ore filate e gli insegnava la sua filosofia. Qualche volta pescava con lui nelle acque di Pretty Creek e interpretava per lui il frinire delle cicale canterine e di quelle della mietitura, ed additava giganti chimerici e streghe nelle chiome dei ciliegi sospese sui loro capi. Insieme coglievano gigli rossi di campo per la grande giardiniera verde dell’ingresso. Dal nutrimento spirituale della natura, unica sorgente di intuizione, essa traeva le forze della grandezza che la sostenevano. [...]

La croce sulla luna - Cap. 16-17-18

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capp. 16, 17 e 18.
16
Proprio i patemi del vescovo Grigg non erano di poco conto. Il mattino dopo il tentativo di linciaggio dell’ebreo, si era bell’e alzato ad un’ora inverosimile. Era giunto ad una decisione, frutto di intensa preghiera, e la decisione era tanto grave come si fosse trattato per lui di proclamare il verdetto di Dio: perciò aveva molto da fare.
Una notte dopo l’altra, per un mese intero, il vescovo Grigg aveva sconvolto le coperte del letto e gualcito le lenzuola. L’insonnia, male fino allora ignoto in una carriera senza dubbi e senza macchia, tutta spesa al servizio di Dio, lo tormentava crudelmente. Tutto aveva provato. Aveva contato un milione di biblici agnelli tornati all’ovile per opera sua, aveva aggiunto le benedizioni molteplici di cui era piena la sua vita, consumata acqua tiepida e limone in quantità, aveva provato perfino con il bicarbonato ed il latte caldo, ma questi rimedi non gli erano serviti un bel nulla. Era giunto a decurtare eroicamente gli spuntini notturni delle braciole di porco e del pollo freddo fritto, per trovare sollievo, ma continuava lo stesso a girarsi e rigirarsi. Le sue preghiere continuavano a non trovare risposta, mentre cerchi oscuri apparivano attorno ai suoi occhi, segni profondi devastavano il grasso delle sue guance da cherubino, e la sua cintura si stringeva di parecchi buchi.
La sua cuoca di colore era preoccupata. Aveva detto ad un vicino: “E’ come se avesse un attacco”. [...]

La croce sulla luna - Cap. 19-20-21-22

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capp. 19, 20, 21, 22
19
[...] Johnny Beane si era unito da presso alla folla ed aveva trovato un posto scomodo sul bilancino di un carro di campagna appoggiato alla prigione e vicino allo sceriffo, Tobe Gates, il ”Tacca"’. L’area puzzolente era piena zeppa di coltivatori in tuta, venuti da miglia intorno. Sembravano fuor di sé. Colli rossi, color cuoio, colli pustolosi, erano in mostra ovunque, e dappertutto si sentivano grida irose di orgoglio oltraggiato nella razza e nel colore. Tutti sputavano abbondantemente per sottolineare il loro cattivo umore, ed una nota selvaggia suonava nel basso e sinistro frastuono di tutte quelle voci, che gridavano insieme. Era un tono mortalmente orrido che paralizzava.
“Impiccatelo ora, ora, ora, che dannato sia!”, gridò un coltivatore. [...]

La croce sulla luna - Cap.24

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Capitolo 24
24
Quasi ottocento spettatori se ne stavano in piedi o sdraiati sulle sponde del torrente della Zanna di Porco e guardavano in su all’alto viadotto ferroviario, dove il Comitato esecutivo stava denudando Punkie Brown.
Alcuni degli spettatori facevano merenda, e dai panieri pieni zeppi le famiglie tiravan fuori pezzi di gallina fritta, sandwiches di gelatina moscata, biscotti, salsicce e budini, o masticavano sanguinacci croccanti sotto un cielo radioso. Sullo sfondo di uno splendore vitrescente veleggiavano agili nuvolette di nebuloso candido quarzo, striate di giallo. Era fresco e chiaro: una splendida giornata per uscire in campagna.
La gente, che aveva mangiato pingui desinari domenicali prima del grande spettacolo, se ne stava a pancia in aria sugli aghi di pino lungo il torrente e digeriva comodamente, in attesa del gran salto. Una dozzina circa di spettatori, avidi di dettagli morbosi, si erano avvantaggiati piazzandosi in cima ad alti allberi, più vicino alla scena del dramma. [...]

La croce sulla luna - Cap. 25-26-27-28-28-30-31-Epilogo-Fine

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947, Cap. 25, 26, 27, 28, 29, 30, Epilogo, Fine
25
Tre mesi dopo il linciaggio di Punkie Brown, la "spagnola" infuriava a Leafy Grove in forma epidemica. Il dottor Smith non riusciva a ricordarsi, nella sua lunga carriera, di aver mai prescritto tanto olio di ricino, applicato tanti senapismi, e fatto bollire tanto acido benzoico nelle camere di gente ammalata. Il sanitario era stanco ed aveva gran bisogno di riposo e di sonno.
In un sol giorno aveva visitato quaranta ammalati in luoghi di campagna molto lontani gli uni dagli altri. Aveva trovato temperature ragionevoli e molti dei suoi pazienti in via di rapida guarigione, e così, senza tema di ferire in alcun modo la sua coscienza professionale, aveva avvertito tutti di non attenderlo fino all’indomani. Poi aveva contemplato con animo grato la possibilità di rientrare presto, la prima volta dopo un mese. Era deciso a non far più visite notturne per una settimana, almeno per la spagnola, ma, nonostante il suo proposito e con non poca noia, si ritrovò a percorrere balzelloni una strada di campagna per andare alla casa della vedova Pike. [...]

John Hewlett-La croce sulla luna

John Hewlett, La croce sulla luna, Jandi Sapi 1947
[Presentazione del traduttore]
La croce sulla luna
L’arrivo improvviso di Gesù Cristo a Leafy Grove, cittaduzza della Georgia e campionario di sette protestanti che si fanno concorrenza nel modo di falsificare ipocritamente lo spirito dei Sacri testi attenendosi ad interpretazioni letterali talvolta arbitrarie e stiracchiate, è uno dei colpi di scena più riusciti e delle sorprese più gradevoli di questo stranissimo romanzo.
Composto di molti episodi, affresco di molte figure, tra le quali, indimenticabili, il Vescovo Grigg, i coniugi Beane, zia Duty, la servetta negra Sofia, sorella Cora, il romanzo di Hewlett per la sua vivezza, ha tutta l'aria di appoggiarsi sul fondo cronistico e realistico di uno studio dal vero di tipi, caratteri, costumi.
Gli episodi che a prima vista potrebbero sembrare frammentari, si raccolgono e coordinano in un tutto organico d’intorno al ragazzo Johnny, che ha avuto la disgrazia di nascere in un paese di ipocriti e di avere un padre metodista e ottuso; e d’intorno al dottor Smith, il medico locale, che passa per ateo perché smaschera le ipocrisie e cerca la verità sia nella religione, sia nella vita.
Johnny e il dottor Smith che rappresentano, con Zia Duty, quanto di bello, di buono e di vero esiste a Leafy Grove, attirano il lettore con irresistibile simpatia e lo fanno partecipare alle loro vicende liete e tristi sicché ciascuno di noi li segue, li approva, collabora con essi a dissipare il velo opprimente di vergogna che annebbia la città, e gongola ogni qual volta per merito specialmente del savio, giudizioso, onesto dottore.
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