VI
Un uomo può arrabbiarsi anche per meno di questo: per molto meno, io lo so: e lo stesso un povero prete.
Misi il lunario da parte e la guardai in mezzo agli occhi, e la mia faccia non dovette certo garbarle gran che, perché lei prese subito a guardarsi di striscio le scarpe, e a tirarsi e a lisciarsi il grembiule, e far cose perfino più sciocche: e intanto si ritirò come in se stessa, né più né meno che un riccio se qualcuno lo tocca. Per giorni e giorni non avevo pensato ad altro che a lei, ero andato ogni sera al canale e ci avevo fatto anche su gran disegni: ed adesso ecco qua: tutto quel che ne usciva era una storia da far ridere le stalle per tutto quanto l’inverno.
"Beh, mi pare che vi siate messa per strada un po’ tardi" volli fare l’ironico.
"Non è questo" disse lei dolcemente. "Volevo solo sapere se la Chiesa lo ammette. Sono venuta per questo, da voi. Per esempio ..."
"Ma vogliamo scherzare? La Chiesa non lo ammette per niente" la interruppi anche un po’ risentito. "E, se volete saperlo, non potrebbe far niente di meglio”.
"Lo so, lo so ... io lo so bene. La Chiesa dice sempre così. Tutti i preti lo dicono. Anche quello di Bobbio".
"Si capisce. Come no? Si capisce. E anche in Cina e anche in Africa e in tutti i posti dove c’è un mezzo prete, lo dicono".
"Oh, ma è giusto che faccian così, si capisce. Dovete, fare così. È nient’altro che il vostro dovere. Io vi capisco benissimo, voi".
Ma il più bello era che adesso la vecchia s’era messa a parlare con una cert’aria di complicità superiore: e questo davvero era troppo: e fui lì lì per mettermi a ridere.
"Dobbiamo? Che cosa dobbiamo? Ma è così: è così, questo è il fatto. È la Chiesa che lo vuole, capite? e con tutte le ragioni del mondo, e da mille anni a dir poco. E neanche un vescovo può cambiarla di un dito. Figuratevi un prete".
Mi guardò come si guarda un bambino.
"Lo so" ripeté lei con dolcezza. "Queste cose le so come un’altra: oltre tutto sono stata una Figlia di Maria tempo fa … Non è questo. Io voglio dire che mi hanno detto che delle volte ci sono casi particolari … diversi, e che allora si può. Voi non parlate mai di questi casi alla predica (e io vi capisco … Come no? Vi capisco benissimo), e invece poi i casi ci sono. A me hanno detto così".
Roba da strapparsi i capelli.
"Beh, sì. Casi speciali ci sono" dovetti arrendermi io "casi specialissimi ecco. Ma così pochi, vedete" mi rivalsi di colpo "che è come nemmeno ci fossero. Uno su ventimila, su centomila a esser larghi, e magari anche meno. E quando vi sembra di trovarvi davanti al caso più strano del mondo, bene, pensate che non è ancora strano abbastanza, che ci manca ancora qualcosa, e non sbaglierete per niente. Ed è un’ottima regola, questa".
"Ma ci sono" insisté lei sempre dolce e implacabile, ignorando senza pietà tutte le mie spiegazioni. "Voi non ne parlate mai nelle prediche, e poi i casi ci sono lo stesso".
"Sì, sì, ve l’ho detto, Zelinda Icci, l’ho detto.
Specialissimi casi. Come però neanche ci fossero".
"E così la regola non serve più …"
"Per questi specialissimi casi no, va da sé".
"Dimodoché" disse lei come a se stessa, "così non c’è nemmeno peccato".
"Dimodoché non c’è nemmeno peccato" ripetei. "E se volete saperlo, anche questa è una giustissima cosa, credetemi. E se volete saperne anche un’altra, ecco qui: sempre detto fra noi, oltre a tutto ci vuole un sacco di soldi: e son cose che non finiscono mai. Date retta: anni ed anni. In un caso, ricordo, ce ne vollero dodici o tredici. Tredici anni, Zelinda, mi spiego: e la prima comunione l’abbiam fatta da un pezzo noi due".
"Non è questo" fece lei dopo un po’, a modo suo come una grande signora.
"E più soldi che a comprarsi una casa" insistei.
Ed allora successe qualcosa. La mia vecchia si guardò un poco intorno e poi diede un’occhiata anche all’uscio e per un po’ stette lì ad ascoltare. Sì. Qualcosa doveva accadere: qualcosa era già per l’aria, vi dico: e di colpo, senza sapere perché mi fu più chiaro del sole che tutte quelle sue sciocche domande sul matrimonio e la regola e sui casi speciali e via ancora non erano più che un pretesto: e se io le avevo prese sul serio e mi ci ero per giunta arrabbiato, bene, tanto peggio per me. A ciascuno il suo, e così sia. Ecco un prete in pensione oramai.
"Vedete" cominciò infatti lei "adesso ci sarebbe anche una cosa … Se vogliamo quella di prima era un po’ una malizia. Io volevo …"
In quel momento di là sulla strada si sentì un rumore di campanacci di bronzo e un fruscìo come d’erba medica e d’acqua che prendeva tutta quanta la via, e un’infinità di peste leggere, e belati. Ombre bianche e ombre nere scorrevan via dietro il vetro. Gli spinoni abbaiavano forte. Così lei s’interruppe nel mezzo e porse orecchio al rumore, e nemmeno accennava a riprendere.
"Dicevamo, Zelinda …" tentai io con ben poca speranza.
"No. Un’altra volta" s’affrettò come a chiedere scusa "adesso è ormai troppo tardi. Son tornati perfino i pastori e a momenti è già notte. Un’altra volta, semmai.
Verrò un’altra volta da voi. Di sicuro.
Per quella sera capii che non c’era proprio più niente da fare: e tutto quel che potevo era alzarmi con lei e accompagnarla giù fino al sagrato. Adesso era uscita la luna: ma c’era così freddo all’intorno che pareva rabbrividire anche lei. L’aria intorno era blu: e blu i sentieri e le erbe dei pascoli e i calanchi e le macchie dei boschi. Sulla strada di monte e al di là delle siepi di stecchi non si vedeva nessuno, e fino all’altro mattino sarebbe stato così. Si sentiva un bambino tossire e un rumore di morsi di ferro. Un carbonaio attraversò la piazzetta con in mano cavezza e lanterna: conduceva alla stalla il suo mulo.
Ero triste come un ragazzo, parola: e lasciarla andare così era più di quel che potessi permettermi.
"Ehilà, Zelinda" gridai "ascoltate un momento. Fermatevi."
Lei si volse a guardarmi, e io mi sentii imbarazzato di colpo.
"So bene che siete venuta quassù solo per farmi una domanda, lo so. Ma che cosa ne dire, Zelinda, se adesso ve ne faccio una io? Io ho risposto a tutte le vostre, vedete, e se domani ne avete qualche altra, ormai adesso sapere il mio numero".
Lei rimase in attesa e non disse parola. Non che si mostrasse ostile, non questo: solo che riprendeva già a far come il riccio.
"Zelinda" cominciai quando le fui a neanche un passo "voglio essere franco con voi. Voi ve ne state tutto il giorno lì in fondo al canale a lavar biancheria e stracci vecchi, non conoscete nessuno, non vi fermate mai con nessuno, ed a vespro via subito a casa. E questa sera, così, tutt’a un tratto, vi prendete la briga di venir su da me, a far due chilometri buoni in soprappiù degli otto che fate ogni giorno, e poi mi chiedete … mi chiedete quel che m’avete chiesto, ecco tutto. Bene: ho fatto da maniscalco, da dottore e da tutto, e non c’è cosa purtroppo che mi possa più far meraviglia. Ma questo mi è parso strano piuttosto … una cosa curiosa, sul serio.
Neanche adesso lei disse parola.
"Siete ben sicura, Zelinda, di non aver proprio altro da dirmi?"
La vecchia parve un poco indugiare.
"Siete proprio sicura" provai ancora ad insistere "di avermi chiesto davvero ogni cosa?"
"Sì… Sì" rispose lei un po’ a fatica. "Io volevo saper solo questo. Se anche da voi qualche volta si può non badare alla regola: se la regola non vale per tutti ... Io un po’ me l’ero immaginata da me. Non era giusto, pensavo, che la regola valga per tutti. Qualche volta non deve valere; per forza: e dov’è la giustizia, se no? Ma sono contenta di averlo sentito dire proprio da uno di voi. Detto da voi è un’altra cosa. È diverso ... Buona notte".
"Buona notte" dissi io.
Mi appoggiai con un braccio contro il melo che sta sul sagrato e cogli occhi la seguii per un po’.
Andava via lentamente, e anche un poco a fatica direi, sicché prima che sparisse alla svolta dovette passare del tempo. Alla curva scomparve subito lei: e poi, dopo un po’, la sua ombra; ma il rumore dei tacchi mi arrivò ancora per qualche minuto.
Quando non sentii proprio più niente, tornai dentro in parrocchia.
Capitolo VI
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