Le condizioni dell’edificio non erano ottime. Qualcosa si può intuire dalla lettura della bella prosa di Pasquale Soccio quando accenna ai suoi ricordi di ragazzo che frequentava S. Matteo nell’immediato primo dopoguerra [https://www.garganoverde.it/un-per-finire.html]. I locali del piano
terra erano abbandonati ai rovi e agli animali selvatici. Una parte era utilizzata come stalla per i cavalli. I locali del piano inferiore del lato di mezzogiorno erano usati come ricovero delle pecore del convento. Decenni di abbandono e cattivo utilizzo dei locali avevano reso alcuni reparti quasi impraticabili.
Il ritorno dei Frati e i cittadini di Cerignola
I cittadini di Cerignola ebbero un particolare ruolo nella rinascita di S. Matteo con interventi che andavano dalla promozione della devozione per il Santo, all’ammodernamento di arredi all’interno della chiesa, ai lavori di consolidamento del convento. Nella prima metà del sec. XX la loro presenza nelle necessità del convento fu intensa. Agli inizi del secolo Ludovico Cocco di Cerignola guarnì la statua di S. Matteo di un nimbo crociato d’argento, di un serto pure d’argento a forma di rami d’ulivo con una piccola croce che pendeva sulla fronte, di una croce d’oro con laccio pendente sul petto. Donò anche un libro d’argento con su scritto Passio Domini nostri Iesu Cristi secundum Matthaeum, da applicarsi sul vecchio libro di legno e una penna d’oro da fissare alla mano destra del santo a sottolineare il suo ruolo di evangelista.
Nel 1914 Domenico Gasparro di Cerignola costruì il nuovo tempietto della statua di S. Matteo. Da tempo immemorabile S. Matteo sul Gargano e nella Puglia Dauna era conosciuto non tanto come apostolo ed evangelista, quanto per essere stato eletto a furor di popolo protettore degli animali domestici di campagna, pecore, mucche, cani e soprattutto cavalli. L’ignoto lapicida cerignolano, autore del bel tondo marmoreo posto in cima al nuovo tronetto, raffigura il volto austero e maturo del Santo di fronte all’inconfondibile profilo di un volto cavallino, come già detto.
La nuova facciata della chiesa
Nel 1924 l’intervento dei devoti cerignolani fu corale. Le condizioni del convento, nonostante i tanti lavori già fatti, non erano buone. Lo spigolo nord-occidentale del convento destava molte preoccupazioni. Il comune di S. Marco da qualche anno aveva richiamato l’attenzione dei frati che nel contratto di fitto stipulato nel 1905 si erano impegnati a curare anche la manutenzione straordinaria.
P. Fedele Brandonisio, guardiano del convento, insieme ai lavori di consolidamento, decise di realizzare anche un progetto vecchio di diversi anni: completare la chiesa con una facciata che le desse solenne visibilità esterna. La chiesa, infatti, conservava ancora intatta la sua riservatezza monastica, nonostante la bella scalinata costruita verso la fine del sec. XVII terminante in un ballatoio su cui si apriva la modesta porta della chiesa. Da circa un decennio si rifletteva sul progetto. Nell’archivio del convento si conservano i vari disegni. Il primo era stato proposto nel 1921 da p. Antonio de Vita, guardiano del convento. In seguito fu sottoposto alla competenza di un imprecisato “Maestro Muratore” di Bitonto. Il terzo intervento fu dell’ing. Amedeo De Filippis di S. Marco in Lamis.
P. Fedele realizzò quest’ultimo con alcune varianti.
La nuova facciata creò problemi all’interno della chiesa. Il piano di calpestio della nuova struttura si trovava a circa 80 cm. al di sotto del pavimento della chiesa. Per evitare i gradini, si decise di abbassare di circa 70 cm. il pavimento della chiesa. Si smontarono gli altarini laterali e si ricostruirono sulla base della nuova fisionomia della chiesa. I lavori furono condotti da ditte di Cerignola.
La nuova facciata della chiesa fu immortalata da padre Federico Maltagliati con una bella fotografia che fu riprodotta come cartolina e come immaginetta fino agli anni ’50. Per i pellegrini fu coniata una medaglia con il profilo della nuova facciata.
Alcune famiglie della stessa città contribuirono notevolmente ai lavori e a munire la chiesa di importanti arredi: Francesco Landriscina donò la preziosa cornice di argento in cui fu inserito il quadro di S. Matteo dipinto da G. Coruzzola, Tommaso Giannatempo donò i 12 candelieri neogotici di bronzo ancora in servizio sull’altare.
Il tetto
Il tetto, rimasto quello del 1905, era il lavoro più urgente, più lungo e costoso.
Nel 1926 erano stati fatti lavori importanti ma non avevano risolto altri problemi.
Il registro di amministrazione 1938-1945 elenca minuziosamente tutti gli altri interventi dal gennaio a giugno del 1939, a settembre del 1940, a luglio e novembre del 1941; a giugno 1944. Sono registrati anche i contributi volontari di famiglie e singole persone. Il terremoto del 18 agosto 1948 aveva aggiunto altri danni. Nel 1947 si iniziarono le pratiche per usufruire di finanziamenti post bellici e alla metà di dicembre del 1949 si seppe che il progetto del nuovo tetto era stato approvato e che l’appalto sarebbe stato assegnato nel mese di gennaio del 1950. All’inizio di marzo seguente iniziarono i lavori che, affidati alla ditta Bonfitto Antonio, si protrassero per tutta l’estate. Fu modificato anche il tetto della chiesa e del lucernario.
Le nuove campane
Il 18 dicembre 1938 mons. Innocenzo Russo, frate minore vescovo di Bovino, benedisse due campane. Quelle preesistenti, vecchie di qualche secolo, probabilmente in un inverno particolarmente rigido, ricoperte di ghiaccio, si erano lesionate in seguito allo zelo di qualche frate il quale, salito dalla pianura e non aduso alle caratteristiche dei climi montani, le aveva suonate danneggiandole irreparabilmente.
Le carcasse vennero rifuse dalla Ditta Giustonni di Trani. Padrino delle campane fu l’ing. Luigi Piccirella il quale offrì come contributo personale £. 500; madrina fu la signora Serrilli che contribuì con £. 100.
La rifonditura delle due campane fu il primo di una serie di interventi che volevano assicurare la funzionalità della chiesa, ma anche sottolineare la bellezza e solennità del culto.
Lavori in chiesa
Nell’agosto del 1939 furono eseguiti grandi lavori in chiesa costati complessivamente £. 7.997, di cui £. 3.776 pagati con le offerte di famiglie di San Marco, Monte Sant’Angelo, Cerignola e Manfredonia. Fu rinnovato in gran parte il patrimonio dei paramenti e arredi sacri, la chiesa fu ripulita e ornata di pitture del campobassano Trivisonno il quale dipinse anche una bella immagine dell’Arcangelo Michele sulla volta del coro superiore in seguito nascosto dalla mole dell’organo costruito nel 1991.
Il ritorno dei Frati
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