Nel 1970 furono restaurati i locali posti a piano terra del lato meridionale che fino al 1944 erano stati ricovero del gregge del convento e, in alcuni anni, anche greggi di pastori locali. L’ambiente è costituito da una lunga galleria di cinque aule comunicanti attraverso grandi archi.
I lavori hanno riguardato prima di tutto la rimozione delle grandi rocce native che sporgevano fin nel mezzo delle prime tre aule. Le rocce erano la parte visibile dell’enorme spuntone che, partendo dal pavimento, arriva fino al pavimento della chiesa. Le rocce furono tagliate fino alla parete interna dei locali; il taglio fu lasciato in bell’evidenza. Furono anche allargate le finestre. L’uso pastorale dei locali restò ancora visibile dal colore della volta e degli archi di comunicazione che conservano i segni del fumo dei camini che servivano ai pastori per lavorare il latte e riscaldarsi nelle notti invernali.
I lavori furono fatti senza una specifica destinazione. In seguito i locali furono integrati nella biblioteca.
Nell’aprile del 1977 si restaurò il portone d’ingresso del convento: una grossa e pesante struttura in legno di castagno istallata nel 1838 che, nonostante i suoi 140 di vita, è ancora in ottimo stato, eccetto la parte inferiore danneggiata da sovrastrutture in metallo che hanno favorito il degrado del legno. Il portone è un importante capitolo della travagliata storia di S. Matteo nella seconda metà del sec. XIX con i molti micidiali pallettoni annidati nel legno che ci ricordano i drammatici episodi briganteschi.
3 gennaio 1978. Si iniziano i lavori di recupero del locale adiacente il vecchio “pozzo nero” sito nello spigolo sud-ovest del convento. In seguito il suddetto locale sarà l’anticamera dell’auditorium. La stanza si presenta in condizioni pessime, i muri gonfi di umidità, pieni di muffa e di cose in disuso fra cui un bellissimo leggio corale di cui si è conservato solo la parte superiore costituita da un bel capitello che sorregge la piramide quadrangolare su cui si appoggiavano i libri corali; manca il fusto listato su cui s’innestava il capitello e la cassa che sorreggeva il tutto. Il leggio è chiaramente imparentato con il coro di noce costruito nella seconda metà del sec. XVII. Nel locale si trovano anche diversi frammenti architettonici risalenti all’epoca benedettina che in seguito saranno esposti nel Lapidarium medievale. La parete settentrionale del locale è attraversata dall’antico canale di pietra che tuttora porta all’esterno l’acqua del chiostro.
I primi lavori evidenziano nella parete meridionale una feritoia chiusa dal muro esterno. La scoperta è di grande importanza. Mostra come tutto l’angolo sudovest abbia subito importanti modifiche: si presentano due muri di cui quello esterno si allunga di diversi metri verso ovest e quindi, proseguendo ad angolo retto verso settentrione, dà forma al locale adibito in origine a pozzo nero. L’identificazione del muro esterno è di grande importanza per la storia dell’edificio perché conferisce sicurezza a ciò che si sospettava dagli interrogativi suscitati da un elemento che sembrava inspiegabile: un concio della linea marcapiani modellato come finale della stessa linea, dopo il quale la linea continuava fino all’attuale spigolo.
Si comprese che il convento, in un certo momento della sua storia ancora sconosciuta, aveva subito un accrescimento di diversi metri nello spigolo sud-occidentale.
Il leggio nominato alla fine dei lavori, restaurato e ricomposto col fusto listato e il cassettone che sorregge, fu sistemato in sacrestia.
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