La modernizzazione del pellegrinaggio e la crisi del percorso
Oggi la prospettiva del penoso e stancoso viaggio dei sette giorni sembra consegnata definitivamente al passato. Per la mentalità odierna la strada non è più una componente essenziale del pellegrinaggio, diventato solo un rapido trasferimento per giungere alla meta.
Anche pellegrinaggi secolari si sono evoluti con metodologie che ne hanno mutato profondamente le caratteristiche originarie. Le innovazioni apportate ai rituali di pellegrinaggio di cui sopra sono testimoni dei processi degenerativi che minano l’essenza stessa del pellegrinaggio.
Il rituale di Ripabottoni “Rip. 2”, una guida breve
Il rituale di Ripabottoni è giunto a noi in due versioni differenti. Della prima, Rip. 1, si è parlato nel paragrafo precedente. La seconda versione, Rip. 2, è costituita da un quaderno di 68 pagine numerate. È una sorta di guida breve estratta da Rip. 1 in cui sono proposti i momenti salienti del pellegrinaggio, insieme a una lunga serie di preghiere, recitate e cantate, disposte in sequenza casuale. Più che una guida breve, sembra un documento completamente ripensato.
La motorizzazione, esigenza di rapidità
Probabilmente il documento è stato compilato intorno al 1950. Verso questa data, infatti, i pellegrinaggi molisani e molti abruzzesi cominciarono ad utilizzare mezzi di trasporto automobilistici, come è ricordato anche in Rip. 1 dalla testimonianzadi Vincenzo Di Iulio.
L’uso degli autotrasporti provocò l’accorciamento del tempo del pellegrinaggio e questo fatto a sua volta accelerò il processo di mutazione profonda di taluni elementi sostanziali del pellegrinaggio stesso.
Intervenne una certa esigenza di rapidità, efficiente e sbrigativa che non dava molto spazio all’approfondimento. La visita ai singoli santuari non fu più preparata con apposite informazioni, orazioni e pratiche, né fu più seguita da quello stato di silenzio contemplativo e di orazione mormorata che faceva più leggeri i passi con una gioia consapevole e avvertita, col ringraziamento e il ricordo interiorizzante.
Perdita dell’humus mariano
Si perse anche l’humus specificamente mariano che pervadeva il pellegrinaggio al Gargano. Rip. 1 presentava i tre rosari completi giornalieri come una grande visione aperta sul mistero della Madonna Madre di Dio, regina del Cielo, avvocata dei peccatori, profondamente partecipe della nostra condizione di gementi e piangenti. Era una visione che il pellegrino assorbiva a piccole dosi, adattandosi pian piano ad essa fino a non distinguere più tra la propria vita di viandante assetato e arso dal sole e quella della Vergine Madre che lo prendeva per mano per guidarlo nei meandri della vita. Tutto al pellegrino parlava di Maria. Nel corso del penultimo giorno, ad esempio, arrivati dopo Lucera, in vista dei maestosi ruderi della torre di Montecorvino, i pellegrini ricordavano con apposito rosario Maria “Torre di Davide e Torre d’avorio”. La contemplazione continua di Maria aveva i suoi momenti forti nelle stupende orazioni alla Madonna di Stignano,
di Pulsano e all’Incoronata di Foggia. In Rip. 2 il rosario è solo una delle tante pratiche religiose che occupano il pellegrino durante il viaggio di trasferimento.
Difficile rappresentazione della “metanoia”
Allo stesso modo è stata resa difficile la percezione dell’intenzione penitenziale che è una delle ragioni del pellegrinaggio. Nella nuova forma la rapidità e comodità del viaggio privano il pellegrinaggio della capacità di rappresentare la fatica del salire al monte di Dio, la tenacia quotidiana d[i] chi non si rassegna alla vita, che vuol superarla e tende con tutte le forze alla meta dove Dio ha posto la sua dimora e dove il pellegrino troverà la sua pace.
Il pellegrinaggio si compie tra le varie tappe senza che queste diventino percorso sgranandosi in una serie di episodi e di preghiere slegati e privi di una intenzionedi fondo.
La rappresentazione della “metanoia”, del cambiamento, ha ceduto il posto al devozionismo. Particolarmente significativo è il cambiamento apportato da Rip. 2 al rito iniziale, ridotto a poche battute.
Il grandioso progetto battesimale del pellegrino il quale, avendo perduto l’innocenza primitiva, la ritrova nella sofferenza guidata dalla grazia, si perde in una selva di ‘opere’ offerte a Dio con animo mercantile.
La comunione dei santi nel nuovo pellegrinaggio
Anche la figura dei santi che si visitano, pur nel tentativo di esaltarle smodatamente, vengono effettivamente ridimensionate. Il santo che elargisce la sua protezione, alla cui dimora ci si accosta come ‘clienti’ mendicanti, impoverisce la funzione del santo “nostro avvocato” e “pedagogo”, che cammina per le vie del Signore avanti ai pellegrini, anche lui seguendo la Croce che apre la strada.
S’affievolisce, infine, la percezione della comunione dei santi, di questo scambio continuo e misterioso fra cielo e terra fondato sull’Incarnazione del Verbo in se reconcilians ima summis, della solidarietà nella fede, nella speranza e nella carità vissuta in terra come in cielo nella quale si compie tutto il cammino.
Il pellegrinaggio perde la sua valenza comunitaria e diventa un evento individuale, reso collettivo dalla materiale e quasi casuale vicinanza di altri pellegrini.
La modernizzazione del pellegrinaggio
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