Ruolo ecclesiale della Fraternità di S. Matteo

Il convento di s. Matteo a S. Marco in Lamis
Il convento di s. Matteo a S. Marco in Lamis
I Frati furono sempre molto attenti alle necessità spirituali e materiali dei sammarchesi non solo col consiglio, ma anche e soprattutto con l’importante azione di raccordo con le pubbliche autorità.
Nel 1908, per iniziativa dei frati e del parroco di S. Antonio Abate, a San Marco in Lamis fu eretta canonicamente la fraternità del Terz’Ordine Francescano.
Il suo punto di riferimento fu la stessa chiesa di S. Antonio Abate.
Nel 1940, per iniziativa di p. Doroteo Forte, a San Marco in Lamis fu istituita una seconda fraternità del Terz’Ordine di S. Francesco che ebbe il suo punto di riferimento nel convento stesso. Alla Congregazione T. O. F. di S. Matteo fu assegnata per le sue riunioni la saletta oggi ubicata di fronte al presepio permanente.
Fu costituito anche il gruppo degli araldini. Il 19 maggio dello stesso anno il T. O. F., aderendo all’invito di Pio XII di pregare per la pace dei popoli, organizzò un grande pellegrinaggio ai santuari di S. Michele a Monte Sant’Angelo, a S. Leonardo e Santa Maria delle Grazie a Manfredonia, e all’Incoronata di Foggia.
Aderirono 80 persone che viaggiarono con due torpedoni della ditta S.A.I.M.
Il Villaggio “S. Matteo”
Il convento di s. Matteo a S. Marco in Lamis
Il convento di s. Matteo a S. Marco in Lamis
Il 6 aprile del 1908 fu fondato il “Villaggio S. Matteo” alle pendici meridionali del Monte Celano. I giovani studenti di teologia con p. Anselmo Laganaro, loro padre maestro e prefetto degli studi, in processione guidati dalla croce, si recarono al luogo della cerimonia al canto del salmo 113 In exitu Israel de Aegypto, domus Jacob de populo barbaro. Il padre guardiano p. Antonio De Vita benedisse la prima pietra. Durante il periodo fascista il nome del Villaggio fu mutato in Borgo Celano. La relazione tra l’uscita gioiosa degli Ebrei dall’Egitto crudele e la fondazione del Villaggio San Matteo non era casuale. Si narra che il Villaggio S. Matteo sia nato da una felicissima idea di quattro geniali artigiani.
Da qualche decennio l’amministrazione comunale aveva in progetto la fondazione di alcuni villaggi rurali per venire incontro alle necessità lavorative dei contadini sparsi in contrade difficili da raggiungere. Si era quindi pensato di promuovere un agglomerato nella contrada di Zazzano e un’altra al Calderoso.
Il progetto di Zazzano fu in parte realizzato, ma in seguito il nuovo quartiere fu abbandonato e ora se ne ammirano i ruderi. Al Calderoso i lavori non iniziarono mai. Il terzo progetto fu realizzato all’estrema periferia meridionale di San Marco in contrada Casarinelli. C’era anche l’esigenza di decongestionare la città di San Marco che, avendo già al tempo dell’unificazione d’Italia ben 15.000 abitanti, nel 1908 era cresciuta di almeno altri 3.000. Il Villaggio di San Matteo sembrava la soluzione giusta, e cominciò a vivere nel 1908. La sua fondazione fu posta
in relazione anche con lo sviluppo dei pellegrinaggi derivante dalla maggiore disponibilità della fraternità religiosa. L’accenno ai pellegrini che, secondo la visione di p. Diomede, avrebbero beneficiato dei servizi del nuovo villaggio, forse voleva riferirsi non ai pellegrini diretti alla Grotta di S. Michele i quali non avevano bisogno di fermarsi essendo solo di passaggio, ma alle popolazioni del Gargano e della Daunia che avevano il santo come loro speciale protettore. A questi ultimi soprattutto fu rivolto il libretto Il Santuario di S. Matteo presso San Marco in Lamis scritto da p. Diomede Scaramuzzi, pubblicato nel 1909 e ristampato con aggiornamenti nel 1933.
Convento di San Matteo-Foto del 2009
Convento di San Matteo-Foto del 2009
L’autore in sintesi traccia il quadro delle motivazioni che erano alla base della decisione di fondare il Villaggio: la ristrettezza del sistema urbanistico di San Marco rispetto alle esigenze di vita e di lavoro della popolazione e la necessità di offrire un decoroso alloggio ai pellegrini. Sottolinea anche la felice scelta del luogo particolarmente ameno, la facilità delle comunicazioni, e la rapida crescita del nuovo agglomerato arrivato in meno di un anno a 70 abitazioni.
Durante il regime fascista alla nuova frazione di San Marco fu mutato il nome: non più “Villaggio San Matteo” ma “Borgo Celano”.
Nel 1963 la presenza francescana in città si consolidò con l’affidamento della parrocchia di Borgo Celano. Il Borgo, verso il 1950 era cresciuto con le seconde abitazioni di forestieri provenienti da San Severo, Foggia, Manfredonia e San Marco in Lamis. Gli abitanti stabili, eredi delle famiglie fondatrici, non arrivavano a 500 persone. Durante i mesi estivi la popolazione arrivava a oltre 2.000 unità. Tutti per i servizi religiosi facevano riferimento alla parrocchia la quale assicurava la cura della gioventù per cui si organizzavano escursioni e conferenze. Il
primo frate responsabile facente funzione di parroco della Parrocchia fu p. Francesco Taronna, a cui successe, nel 1973, p. Mario Villani.
Nel 1968 fu affidata alla Fraternità di S. Matteo la Cappellania dell’Opera Pia Gravina.
Non sibi soli vivere sed et aliis proficere
Convento di San Matteo-Foto del 2009
Convento di San Matteo-Foto del 2009
Nel marzo del 1948, “Per alcune domeniche consecutive il p. Ruggero Spadavecchia e p. Amedeo Gravina hanno tenuto conferenze sociali al Villaggio ed a Casariniello in preparazione delle elezioni politiche del 18 aprile: I Venerandi Chierici accompagnavano col canto la benefica propaganda”.
Negli anni seguenti la volontà di rinascere dalle terribili devastazioni della guerra e di favorire lo sviluppo sociale ed economico si intesseva con l’esigenza di ricostituire il tessuto umano gravemente decaduto. I frati minori sentirono subito l’urgenza di un nuovo modo di pensare e di organizzare la propria vita ma anche di aiutare gli altri a guardare il futuro con rinnovata fiducia.
A S. Matteo avvertirono che lo sviluppo del convento non poteva realizzarsi che nell’ambito della crescita di tutto il complesso civile fatto di aspetti familiari, lavorativi, culturali e religiosi. Era necessario che la presenza dei frati fosse in sintonia con la diffusa volontà di rinascere in una regione marginale, abitualmente esclusa dal progresso, priva di un forte retroterra culturale e religiosamente degradata in una pratica devota fatta più di tradizioni che di convinzioni.
I frati pensavano certamente alla propria casa, alla formazione dei giovani, al consolidamento dei rapporti interni, ma erano parimenti ben coscienti che lo sviluppo di S. Matteo andava ricercato secondo il principio non sibi soli vivere sed et aliis proficere che trovò concreta applicazione in alcuni distinti aspetti della vita della fraternità: la cura dei pellegrini, la cultura con le conferenze, i concerti, la biblioteca, e l’azione sociale a favore della popolazione di San Marco in Lamis e del Gargano.