Qualche settimana dopo la nostra ansia di conoscere fece un salto di diversi secoli: dalla parete dove era composto l’altare di S. Giovanni Battista cadde un pezzo di intonaco mettendo in vista un volto d’uomo che sembrava appartenere ad epoche remote. La scoperta destò gioia, ma mise in crisi tutto l’apparato. Era necessaria una ricerca più accurata di eventuali altri resti di affreschi nascosti sotto gli intonaci e i lavori si sarebbero protratti ben oltre il tempo previsto e il denaro disponibile. Ancora una volta si preferì osare e le ricerche furono estese a tutta la chiesa. Nelle due campate del presbiterio furono recuperati molti lacerti di affreschi, altri furono messi in luce sul pilastro posto a sinistra dell’altare di S. Giovanni Battista.
Si scoprì anche che l’altare di S. Giovanni Battista, l’ultimo dei quattro, era stato eretto nel 1717 chiudendo un portale gotico, di cui nulla mai si era saputo, che in origine era l’ingresso alla chiesa dall’interno del chiostro del convento.
Furono eseguiti immediatamente i lavori che misero allo scoperto il bellissimo portale intatto.
Gli affreschi furono restaurati da Nicola Petruccelli. Il volto apparso era di S. Giovanni Battista colto nel suo atteggiamento più identificativo, mentre indica con l’indice della mano destra l’Agnello di Dio, Gesù.
In seguito, fu scoperto, disegnato intorno all’altare di S. Antonio, un grande arco di pietra che in origine era l’ingresso al sacellum in cui il sacro dente di S. Matteo veniva esposto alla devozione dei fedeli. In seguito i restauri eseguiti in sacrestia restituirono l’aspetto posteriore dello stesso arco.
Il Mattielli racconta che l’arco di cui sopra era occupato dall’organo. Non sappiamo se l’organo fosse fisso o del tipo positivo, vale a dire removibile. Sappiamo solo che dopo la visita del Mattielli avvenuta nel 1683 l’organo fu rimosso per far posto all’altare di S. Antonio di Padova, la cui data di costruzione si legge alla base di una delle due colonne tortili dello stesso altare, 1692.
L’attenta indagine sulle strutture interne ed esterne evidenziò l’esistenza di lunghi periodi della storia di cui non si sapeva assolutamente nulla. I ritrovamenti favoriti dal terremoto indussero la fraternità a rivedere con maggiore consapevolezza il programma di intervento sulla chiesa.
I lavori in chiesa terminarono il 26 marzo 1977.
23 settembre 1977. Il sovrintendente prof. Michele D’Elia viene a S. Matteo per visionare gli affreschi e le strutture architettoniche medievali scoperte in chiesa.
Il suo parere è che gli affreschi del presbiterio risalgono al 1000-1100, e forse prima. Gli altri affreschi non dovrebbero essere più tardi del 1200.
8 dicembre 1977. Viene completata l’elettrificazione delle campane. Con la spesa di £. 3.500.000, insieme al divertimento di giocare con le funi, si perde anche quello dei rintocchi fuori ritmo e degli errori di orario. Oggi tutto è automatico, basta un dito e un pulsante per far girare il mondo, e un orologio direttore che ti ordini quando devi svegliarti, quando sei autorizzato a parlare, pensare e ad aver fame. I vecchi armamentari, i rocchi a cui si appendevano le campane, e i batacchi, sono stati messi in pensione con la speranza che qualcuno ne abbia pietà e li conservi come beni culturali, ricordo di quando qualcosa si faceva ancora a mano.
È chiaro, infatti, che, dopo tante scoperte fatte durante l’anno, la chiesa ha bisogno di ulteriori indagini riguardanti soprattutto il pavimento e ciò che nasconde, la cappella che si vuole utilizzare come penitenzieria, la sacrestia ecc.
Nel 1987 fu completato il restauro della chiesa e istallato il nuovo pavimento.
Sotto il pavimento vecchio emersero interessanti strutture che, nella impossibilità di approfondirle, si è preferito ricoprire in attesa di tempi migliori.