I pellegrini antichi a piedi

00141 Vol.I p.Mario 2005
00141 Vol.I p.Mario 2005
Il testimone fedele dell’incessante andare di pellegrini e devoti è la Via Francisca il cui tratto terminale, da San Severo a Monte Sant’Angelo, è ancora attivo nella sua destinazione originaria di guidare i pellegrini. Sull’esistenza di questa strada abbiamo notevoli testimonianze documentarie a cominciare dai primi anni dello scorso millennio. Basta in questa sede ricordare alcuni documenti riguardanti la storia medievale dell’abbazia di San Giovanni in Lamis, oggi convento di San Matteo in San Marco in Lamis: il Sigillum del catapano bizantino Boioannes del 1053; la Conferma di Enrico, conte di Monte Sant’Angelo, del 1095; la Conferma di Ruggero II del 1134. Tutti questi documenti parlano di alcuni tratti della Via Francisca come elementi identificativi dei confini del territorio dell’abbazia di San Giovanni in Lamis. Al tratto finale di questa strada pare si riferisca l’accenno riportato nella seconda metà del sec. VIII da Paolo Diacono nell’epigrafe
sulla tomba della regina Ansa, moglie del re longobardo Desiderio. Si ricorda che la regina ha reso sicure le strade che portano a Roma e alla Grotta di San Michele sul Gargano:

Mettiti tranquillo in via, o pellegrino, che dall’estremo occidente vuoi venirtene all’eccelso tempio di Pietro e al venerato antro del Gargano.

Convento di San Matteo-Foto del 2005
Convento di San Matteo-Foto del 2005
Il tema della strada è essenziale per il concetto stesso di pellegrinaggio essendo essa il luogo dove si attua la maturazione spirituale che rende il pellegrino degno di entrare nella casa di Dio.
Fino agli anni ’50 il pellegrino era ancora l’Externus peregre adveniens: il forestiero, l’estraneo che arriva a piedi camminando per agros per la campagna. La maggior parte dei pellegrini, infatti, arrivava a piedi camminando per strade e sentieri impervi, si riposava quando e dove poteva. L’espressione ha la sua origine nell’antichità latina classica e delineava lo stato anagrafico e la psicologia dell’Externus, l’estraneo, il cui punto geografico da cui comincia il viaggio è la città, il luogo
sicuro e conosciuto dove con i suoi concittadini ha sempre organizzato la vita scandendola rigidamente in ore e minuti. Il luogo dove il tragitto si compie è la campagna con i suoi colori e la sua fantasia; luogo sconfinato e senza mura, dove i passi seguono i ritmi delle stagioni e il giro eterno del sole.
Convento di San Matteo-Foto del 2010
Convento di San Matteo-Foto del 2010
Caratteristica di questo andare per la campagna è la precarietà del presente e l’insicurezza del futuro. Ogni rifugio è provvisorio, ogni curva di strada può rivelare il pericolo, ogni cespuglio può celare la serpe e ogni uomo che s’incontra può essere un nemico; le necessità sono soddisfatte dai frutti della terra, dai ruscelli e dalla carità della gente. Quando queste risorse mancano, rimane il cielo aperto, ora nubilo, ora sereno dietro il quale il Signore Dio guarda i passi dei pellegrini e li conta come perle di un prezioso rosario.
La categoria sociale del pellegrino è l’estraneità. Una volta raggiunta la meta, lontano dai suoi, dipende per tutte le sue necessità dagli abitanti del luogo di cui non è ancora domestico. La sua esistenza dipende dal loro buon cuore. Lontano dalla sua casa, il pellegrino ha solo Dio per padre.
Perciò nel medioevo sulla strada nacque un notevole numero di strutture a servizio dei pellegrini. Punti di soste, ospedali, cappelle costellano in modo uniforme il percorso. Alcuni di questi punti col tempo sono diventati strutture ecclesiastiche importanti come San Giovanni in Lamis, Stignano. Altri hanno dato impulso ad agglomerati, come San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo. In qualche caso il servizio ai pellegrini è stato sviluppato in strutture appositamente progettate e gestite da famiglie religiose dotate di una specifica spiritualità. È il caso di San Leonardo di Siponto fondato nel sec. XII dai Canonici Regolari di Sant’Agostino, specialisti nell’accoglienza e assistenza dei pellegrini avendo creato adeguate strutture in tutta Europa. Anche oggi gestiscono ospizi importanti come quello del Gran San Bernardo e del Sempione. Nel sec. XII gestivano la maggior parte dei santuari cristiani di Terra Santa.