1866-1905: morte e “Risorgimento”
Chiusa la parentesi napoleonica, con dispacci del 12 agosto e 6 settembre 1815, Ferdinando IV, Re delle Due Sicilie, dispose il ritorno nei rispettivi conventi dei Frati Minori Osservanti, Cappuccini, Riformati e Alcantarini.
Il convento di S. Matteo riprese la sua vita, ma il mondo che gli stava intorno era alquanto mutato. Non esisteva più l’Ente Abbazia di San Giovanni in Lamis.
Anche l’Ente Tavoliere delle Puglie o Mena delle pecore era stato abolito da Giuseppe Bonaparte il 21 maggio 1806. Il favore della popolazione dauna e garganica era sempre quello; San Marco in Lamis stava diventando una città popolosa, ricca di beni e di attività. Il ruolo religioso del Santuario non si era affievolito e continuava ad essere un centro spirituale tra i più importanti della Capitanata. I pellegrini provenienti dalle regioni abruzzesi, molisane e dalla Terra di Bari continuavano a passare per S. Matteo diretti alla Grotta di S. Michele.
Il lanificio
I frati si adattarono alla nuova situazione. Venne ricostituito lo studentato, l’attività con i pellegrini si qualificò ulteriormente. I fratelli laici giravano per il Tavoliere per la questua, ma le elemosine raccolte, anche se rilevanti, coprivano solo una parte dei bisogni dell’intera provincia religiosa. In particolare, S. Matteo non era più in grado di comprare il panno per i vestiti dei frati. Nel 1847 il commissario visitatore generale, p. Luciano da Castelnuovo, della provincia religiosa de L’Aquila aveva decretato che s’impiantasse l’infermeria nel convento di S.
Bernardino a S. Severo e il lanificio a S. Matteo. La decisione era stata presa nella certezza che i fratelli laici di S. Matteo dai loro contatti col mondo dei pastori portassero lana sufficiente per la bisogna. Ma non c’erano risorse per iniziare questa nuova attività. Solo dieci anni dopo, nel 1857 il nuovo provinciale, p. Luigi Lembo da San Marco La Catola, su decisione del ministro generale p. Bernardino da Montefranco, fondò il lanificio di S. Matteo che fu collocato nel locale attualmente adibito ad auditorium. Era un opificio dalla strumentazione alquanto rudimentale, vi lavoravano sette fratelli laici. Nell’archivio provinciale si conserva una sorta di “regolamento” sulla sua gestione. La fraternità di S. Matteo era cresciuta con una media di 58 presenze stabili negli anni 1839-18486, composta da sacerdoti addetti al culto di S. Matteo, all’accoglienza dei pellegrini e alle altre incombenze pastorali, predicazione ecc., un bel gruppo di giovani frati studenti di teologia, e un considerevole numero, mai al sotto di 30, di frati non sacerdoti addetti alle questue, al lanificio e alle altre esigenze della casa come cucina, pulizia, assistenza liturgica ecc. Fu necessario ristrutturare alcune parti del convento. Per questo motivo il p. Generale nei decreti promulgati nel Capitolo Provinciale da
lui presieduto il 7 novembre 1859 nel convento della SS. Pietà a Lucera, ordinava che gli ambienti dell’ultimo piano del convento, rimasti da lungo tempo allo
stato di cameroni, fossero riorganizzati con la costruzione di camere individuali.
Il lanificio
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