La caratteristica fondamentale delle tavolette votive dipinte è che sono destinate ad essere pubblicamente lette e proclamate sulla scorta di quanto dice il libro di Tobia:
Allora Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e disse loro: “ e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere de[i] Dio, com’è giusto, e non trascurate di ringraziarlo. E bene tenere nascosto il segreto del re, ma è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio.
In questo, la piccola tavoletta che racconta ingenuamente fatti e segreti, è stretta parente delle grandi chiese erette per ricordare nei secoli i benefici ricevuti in momenti
particolarmente drammatici della vita di una città o di una comunità. Tra le più famose le monumentali basiliche della Salute a Venezia costruita da BaldassarreLonghena in scioglimento del voto del doge Nicoletto Contarini in occasione della grande pestilenza del 1630, e quella di Superga a Torino voluta dal principe Amedeo II di Savoia ed edificata da Filippo Juvarra in ringraziamento per la vittoria sui francesi del 7 settembre 1706. Ricordo anche il bel San Michele che domina la città di Roma dall’alto della mole adriana che ricorda al mondo come la città, decimata dalla peste, sia stata liberata dall’Arcangelo.
La tavoletta votiva si pone, quindi, in perfetta consonanza di intenzioni, anche se con un linguaggio tutto suo, nell’essenza stessa dell’evangelizzazione, nell’annuncio della buona novella, di quel messaggio della salvezza che, ascoltato in segreto, deve essere proclamato dai tetti. Il devoto sente il bisogno di raccontare, di mettere a disposizione della chiesa intera la sua esperienza. Alla stessa maniera il cieco nato e la samaritana del Vangelo di Giovanni sentirono l’irrefrenabile bisogno di confessare e di confessarsi e proclamare pubblicamente il gratuito intervento del Salvatore che ha provocato il cambiamento radicale della loro vita.