Un tema importante per comprendere la portata degli scambi culturali è quello della devozione soprattutto per la sua capacità di abbracciare tutti gli aspetti della vita.
Giunti in pianura, i pastori entravano in contatto con i santuari maggiori della Capitanata: la Madonna di Stignano e San Matteo a San Marco in Lamis, la Grotta di S. Michele e la Madonna di Pulsano a Monte Sant’Angelo, S. Leonardo in Lama Volara a Manfredonia, la Madonna Incoronata a Foggia; tutti dislocati sull’antico percorso della Via Francisca che fra tutti i tratti italiani insigniti di questo nome è quello che non ha mai smesso di condurre pellegrini.
L’Abruzzo e il Molise, da parte loro, avevano una storia religiosa antica di millenni che emerge di tanto in tanto con figure importanti come Pietro Celestino del Morrone, Giovanni da Tufara e tanti altri, tutte persone che con le regioni daune, e in particolare il Gargano, hanno avuto stretti rapporti. Con i loro eremi e le loro fondazioni hanno trasformato l’Abruzzo, per dirla con Francesco Petrarca, in una Domus Christi. D’altra parte per molti secoli, fino all’esplosione del fenomeno di p. Pio da Pietrelcina, alla metà del sec. XX, transumanti e pellegrini erano due termini quasi intercambiabili. Infatti la maggior parte dei pellegrini che ogni anno, soprattutto a settembre e a maggio, si recavano al Santuario di S. Michele sul Gargano provenivano dalle zone della transumanza, e cioè dall’Abruzzo, dal Molise, dalla Campania sannitica, dalla Basilicata, dal Lazio orientale, oltre che dalla Puglia.
Anche i transumanti, come i pellegrini, abituati a un regime di pura sopravvivenza, in cui la povertà non era solo una evenienza economica, ma una forma di vita, avevano un approccio totale con l’insieme delle realtà materiali e spirituali.
Intendevano, perciò, il pellegrinaggio non come momento religioso solitario ed estemporaneo o legato agli accadimenti della vita, ma come attività necessaria all’ordinarietà della vita familiare e lavorativa, inserita nel tessuto sociale con un radicamento che va oltre i secoli, gli interessi e le vedute del momento: un tempo per lavorare, un tempo per pregare. Emile Bertaux, attentissimo visitatore, alla fine del sec XIX ci dà un sintetico a splendido quadro del pellegrinaggio al Gargano
Il contadino d’Abruzzo o di Puglia divide l’anno in due parti disuguali: una per i lavori che procurano il pane quotidiano, l’altra per i pellegrinaggi che devono procurare il Cielo. Ogni contadino, ogni pastore abruzzese e pugliese, sembra dire il Bertaux, è anche un pellegrino. Ha notato, anzi, che il pellegrinaggio continua nella intensità di sempre anche quando, nel sec. XIX, l’abolizione del Tavoliere delle Puglie e le profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche in atto, hanno notevolmente ridotto l’afflusso delle greggi transumanti nelle pianure daune. Per il contadino, prosegue, il pellegrinaggio non è uno straordinario dovere di pietà, ma un atto periodico della vita, diventato necessario quanto il lavoro di ogni giorno. Esiste per il pio viaggio
un tempo stabilito, come per particolari lavori di campagna ... L’itinerario del grande pellegrinaggio di maggio è così fissato per i gruppi più numerosi, che scendono dal Molise e dall’Abruzzo: prima i santuari del Gargano, cioè, oltre la celebre basilica di Monte Sant’Angelo, l’antico eremitaggio di Pulsano, sulla cresta del promontorio, di fronte alle lagune di Salpi, e il convento di San Matteo, vicino San Marco in Lamis; nella pianura di Capitanata, l’Incoronata, presso il fiume Cervaro, una cappella tra ciuffi d’alberi, dove si venera un’icona cento volte ridipinta, scoperta da un cacciatore su una quercia.
Un primo aspetto da considerare è il reciproco arricchimento devozionale fra transumanti e popolazioni della Capitanata.
Notevole è l’allargamento della devozione dell’Incoronata di Foggia. Sorta in piena pianura agli inizi del sec. XI, in breve si estese in tutte le aree della transumanza.
I pastori consideravano il santuario dell’Incoronata come il loro centro spirituale e la chiamavano il sole, nome bellissimo che alludeva al groviglio di tratturi, tratturelli e bracci che, partendo dal santuario, s’irraggiavano per tutta la Capitanata e la Terra di Bari. Il santuario, posto sul tratturo Foggia-Ofanto, faceva parte della Locatione del feudo d’Ascoli e Fabrica. Già dalla fine del medioevo il santuario dell’Incoronata fu replicato più volte sempre lungo i tratturi. Il più celebre è il santuario dell’Incoronata a Pescasseroli, al termine del tratturo Pescasseroli-Candela. Altri santuari sorgono lungo il Tratturo Regio, ad Apricena; ad Ascoli Satriano, sul tratturello che mena dall’Ofanto a Candela; a Bovino, lungo la via che porta a Napoli, a Minervino Murge, al termine del tratturo del sud.
Anche l’Iconavetere di Foggia, chiamata Madonna dei Sette Veli, il cui rinvenimento ha dato origine alla città, aveva molti devoti nelle regioni della transumanza.
L’Incoronata di Foggia è presente anche in molte chiese con altre intitolazioni, site sui percorsi tratturali, come la chiesa della Pietà a Lucera.
Alla metà del sec. XVIII, a Campobasso viveva e operava lo scultore Francesco Saverio Di Zinno autore di diverse bellissime statue dell’Incoronata di cui una è conservata nella Biblioteca del Santuario di S. Matteo sul Gargano.
I principali punti di riferimento religioso sono i santuari di San Michele a Monte Sant’Angelo e dell’Incoronata a Foggia. La devozione per S. Michele è qualcosa di scontato per tutte le regioni nominate.
La devozione per la Vergine Maria Madre di Dio dagli Angeli Incoronata di Foggia si definisce per la materialità del rapporto fisico dei transumanti col suo santuario, eretto nel bel mezzo di un vasto e complesso intreccio di tratturi, tratturelli e bracci che si diramano in tutte le direzioni stabilendo un punto di riferimento obbligato per molte comitive.
Si definisce anche per un rapporto più intimo personale e comunitario che riguarda la vita stessa del transumante fatta di fatica all’aperto, sotto il sole e le intemperie, che tinge il loro volto con quella negritudine che distingue la Madonna Incoronata.
E poi, i devoti pastori, anch’essi sperimentano come Maria la fatica dell’andare, del superare le asprezze della vita, tutti tesi, tuttavia, a un futuro migliore nella quiete piena di amore della famiglia. A loro spetta la corona del vincitore della vita, uguale a quella del pellegrino e uguale a quella che Gesù, Figlio di Maria, ha posto sul capo della Mamma al termine della sua avventura terrena.
I transumanti, poi, portavano con sé anche il loro mondo religioso e spesso facevano riferimento ai santi venerati nei loro borghi: San Rocco, San Cristanziano e San Gaudenzio il quale ci libera dai rignuoli, cioè dai brufoli. Da questo pensiero deriva la bella pubblicazione di Maria Teresa Calzona Lalli, La Madonna nella religiosità del tratturo. Altri santi hanno viaggiato con i transumanti e sono stati adottati nei paesi della Daunia: da Venafro è arrivato S. Nazario martire,
venerato in un piccolo e frequentatissimo santuario posto al confine di Lesina, Poggio Imperiale ed Apricena. Da Trivento è arrivato il culto dei Santi Celso e Nicandro, che è diventato patrono di Sannicandro Garganico.