La crisi incomprensibile / Tutta la verità sul mercato dei parlamentari
AAA compratore di voti cercasi
Sono più quelli che si offrono di quelli che cercano. Al bar, al cinema, nelle hall. Per un seggio sicuro. Manuale del perfetto arruolatore
Guido Quaranta – Espresso

I guerra mondiale
I guerra mondiale
“Quel che conta è lo scranno, soprattutto lo scranno. Altro che i duecento milioni di cui si è parlato in questi giorni. Sì, alle volte ci sono pure i milioni. Ma un seggio nel Parlamento a venire, cioè per la durata di altri cinque annetti, vale e rende assai più di quei pochi spiccioli. E, per garantirselo, oltre se stessi, alcuni onorevoli sarebbero disposti a vendersi pure la mamma”.
A dire le cose come stanno è un ex deputato dc che ha vissuto a lungo a Montecitorio, lo frequenta ancora spesso, conosce bene i colleghi di ieri e di oggi. Ed è così che, dietro l'anonimato, accetta di pronunciarsi sulla cosiddetta politica mercato di cui tanto sovente si parla sui giornali: una politica cominciata con gli acquisti di post-fascisti fatti ai tempi di Andreotti premier e culminata nei più recenti ribaltoni personali in cui si sono distinti personaggi d'ogni estrazione, come l'ex lumbard Luigi Negri, detto il Tomba dei voltagabbana o come l'ex popolare Luigi Grillo, convertitosi a Forza Italia.
E proprio nei giorni scorsi qualche nuovo caso di mercimonio ha, per l'ennesima volta, investito il Parlamento e i suoi inquilini fornendo del Palazzo l'immagine di un suk medio-orientale: uno di essi è quello segnalato dall'ex leghista Paolo Bampo, contattato dagli uomini di Clemente Mastella.
Nomi, l'Anonimo non ne fa. Ma, interessante novità, oltre a spiegare il fenomeno, ne rivela pure le motivazioni recondite, alcuni ambigui ingranaggi e diversi oscuri retroscena.
Il primo è questo: di solito si va alla ricerca di un compratore. E a farlo sono, per lo più, persone che erano senz'arte né parte nella vita borghese, scovate dai partiti alla rinfusa, elette alla meno peggio e rivelatesi assai mediocri anche come parlamentari. E alla Camera (un po' meno al Senato) persone così ce ne sono, e ce ne sono sempre state, diverse: dai primi mesi di questa legislatura i transfughi passati da un partito all'altro - d'improvviso, disinvoltamente e senza plausibili ragioni ideali - sono quasi duecento.
A muoverli è anzitutto la netta sensazione o, meglio, l'inquietante certezza, di non essere riconfermati perché il proprio partito di appartenenza, di solito piccolo e senza un gran peso politico, ha perso, o sta perdendo, consensi e rischia, addirittura, l'estinzione.
Poi c'è la paura, se non l'angoscia, di dover rinunciare per sempre alla cospicua retribuzione di cui si fruisce come legislatori: 18 milioni e mezzo al mese per 15 mensilità come stipendio-base; più una diaria di 350 mila lire a seduta, esentasse, pari ad altri 5 milioni; più ulteriori 8 milioni e 600 mila lire mensili per l'assistenza, i portaborse e altre spese varie. Infine c'è il totale rifiuto di dover affrontare di nuovo, fuori del Palazzo, la grama esistenza di una volta e di cui si era persa la memoria.
Tutto questo trasforma fatalmente un onorevole rappresentante del popolo in un disperato privo di dignità e di rispetto per sé, per i suoi amici e per i suoi elettori: simile, per certi aspetti, a coloro che, per salvare il salvabile, finiscono nelle mani degli usurai. Solo che, a differenza di quei reietti, questi ne escono quasi sempre bene.
I guerra mondiale
I guerra mondiale
Ma a chi si rivolgono questi postulanti? In Parlamento, si sa, ci sono sempre stati alcuni partiti-pattumiera che, per i loro complessi giochi di potere, per contare politicamente di più e in vista di un'ulteriore espansione, hanno sempre un gran bisogno di nuovo personale e, senza mai andare troppo per il sottile, accettano di buon grado tutti i rifiuti umani disponibili sulla piazza.
Ogni partito-pattumiera ha, poi, i suoi bravi parlamentari-raccoglitori di scorie che agiscono in nome e per conto del leader: gente, peraltro di prim'ordine, sempre attenta agli umori altrui, molto abile nelle lusinghe, difficile da imbrogliare e dotata di carta bianca. Ed è proprio a costoro che i deputati o i senatori in difficoltà si rivolgono.
Le conoscenze avvengono nel luogo di lavoro, cioè in Parlamento: nelle due buvette, nelle varie aule delle commissioni o nei rispettivi ristoranti, dove ci si incontra tutti i giorni e, prima o poi, si arriva alla dimestichezza reciproca. Ma i primi approcci e, successivamente, gli eventuali affari si svolgono sempre altrove, a debita distanza da occhi e orecchie indiscreti e senza mai, o quasi mai, usare il telefono o i telefonini. Troppo compromettenti.
Quali i posti più adatti all'incontro, i luoghi prediletti, le zone meno a rischio? Ce ne sono dovunque. Spesso si ricorre alle trattorie fuori porta o ai séparé dei bar lontani dal centro storico di Roma. A volte possono tornare molto utili i corridoi dei vagoni-letto (con cui si va e si torna dalla capitale) dove si possono scambiare tranquillamente quattro chiacchiere prima di augurarsi la buona notte. Ma funzionano anche le poltroncine di ultima fila dei cinema, le discrete salette d'attesa negli aeroporti, le grandi hall degli alberghi romani. Male che vada può servire pure l'appartamento di un comune e riservatissimo amico.
Di norma la posta in gioco sono la garanzia di un posto in lista alla prossima consultazione in programma e l'impegno di un concreto aiuto economico a sostegno delle spese personali per la propaganda: insomma, la possibilità di poter contare su un nuovo collegio elettorale e, con il collegio, su un altro seggio del Parlamento, ovviamente in un settore diverso dell'aula.
Intendiamoci: a volte sono i raccoglitori di scorie a fare la prima mossa, contattando senza dar troppo nell'occhio qualche collega ritenuto scontento del suo status o tentennante sul suo avvenire prossimo futuro, come pare sia successo di recente. Ma siccome l'offerta, in genere, prevale sulla domanda pare che questi casi siano più infrequenti. Inoltre coloro che si offrono non devono essere dei millantatori e hanno quasi l'obbligo di provare col tempo all'acquirente una ossequiosa fedeltà politica dentro e fuori dell'aula; ma, statisticamente parlando, sono pochi coloro che danno una delusione: pena la definitiva messa in mora.
Assai rare, invece, sono le trattative per un posto di maggior spicco, come la promessa di una nomina a sottosegretario o, addirittura, come l'eventualità di un incarico ministeriale. La politica-mercato più in voga non contempla affari così delicati. Questi negoziati, si dice, vengono affrontati molto dopo gli acquisti e con più tatto. Sono sbrigati negli invalicabili salotti che contano. E, per legittimarli, si invoca l'opportunità politica.
(21.12.1999)