CdS 05.11.2018 D’Annunzio in guerra. Benito MussoliniEnfatico e dannoso risponde: Caro Aldo, quando parla della Prima guerra mondiale, citando D’Annunzio, lei lo considera poco meno di un pazzo fanatico guerrafondaio. Mi pare abbia una considerazione veramente scarsa per un personaggio che ritengo abbia avuto una notevole importanza durante la Grande Guerra che abbiamo anche vinto con lui che ha partecipato attivamente a molte azioni rischiando anche la vita. Le chiedo dunque una spiegazione di questa chiara ostilità verso il Poeta soldato. Sarà mica frutto di una sua educazione scolastica di stampo ideologico? Andrea Casoni Caro Andrea, Lei deve avere un sesto senso. Ci ha preso. Ho avuto un’educazione scolastica decisamente di stampo ideologico. L’insegnante che ha influito di più sulla mia formazione, Anna Maria Alessandria, docente di italiano e latino e poi preside del liceo Govone di Alba, era una fervente monarchica. Il giorno in cui morì Umberto II (noi sapevamo a malapena chi fosse), entrò in classe piangendo: «Un mese di regno e trentasette anni di esilio!». Ci dava del lei anche se avevamo quindici anni. E ci fece ovviamente leggere D’Annunzio. Di sicuro sapeva scrivere, anche se a noi cresciuti nel mito di Beppe Fenoglio, che aveva studiato nella nostra stessa scuola, il suo stile appariva decisamente enfatico. Ma D’Annunzio non fu solo un poeta. Fu una figura centrale nella storia italiana della prima metà del Novecento. Ed ebbe un’influenza nefasta. Non solo contribuì a trascinare l’Italia in una guerra da 650 mila morti. Volle anche combatterla, alla sua maniera: enfatica, autopromozionale, spesso dannosa. Un giorno si fece dare un comando di uomini per prendere il castello di Duino: siccome non si riusciva ad arrivare a Trieste, l’idea era mostrare ai triestini il tricolore. Però da Duino a Trieste ci sono 17 chilometri: se anche l’impresa fosse riuscita, i triestini non se ne sarebbero accorti. Ma l’impresa non poteva riuscire. I fanti italiani caddero sotto il fuoco delle mitragliatrici. Quando il Vate, al sicuro sulla nostra parte del fronte, vede che i pochi superstiti si arrendevano, ordinò agli artiglieri di aprire il fuoco sui «vili»: gli artiglieri lo mandarono a quel paese, e il giorno dopo centinaia di soldati si arresero agli austriaci, nel vedere che le loro vite venivano gettate via in quel modo. Lasciamo stare il pasticcio di Fiume. Va detta una cosa in difesa di D’Annunzio: rimase antitedesco, e finché poté tentò, d’intesa con Margherita Sarfatti, di separare Mussolini da Hitler.
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