L’Astrolabio n. 10 del 1968
Ricordo di Traquandi
La scuola del ‘non mollare’
di Giorgio Spini
Ad un anno di distanza dal più caro dei suoi amici, Ernesto Rossi, anche Nello Traquandi ci ha lasciato. A nessuno si poteva attagliare la definizione data un giorno di Matteotti da Piero Gobetti - “un eroe tutto prosa” - meglio che a questo popolano fiorentino, che in vita sua non aveva fatto che combattere in prima linea per la giustizia e la libertà e mai aveva smentito quella sua linea di semplicità, aborrente persino dall'ombra della retorica, e di virile concretezza.
Aveva incominciato la sua lotta, prima nelle file dell'interventismo democratico e repubblicano, poi sul fronte della I Guerra Mondiale, dove era andato volontario, alterando la sua data di nascita per nascondere l'età nncora adolescente, e da cui era tornato ferito in combattimento. E da allora non aveva più smobilitato: con Gaetano Salvemini, con Ernesto Rossi, con Carlo Rosselli, aveva partecipato sino dagli inizi al movimento antifascista, nell'Italia Libera, nel gruppo del Non Mollare!, infine in Giustizia e Libertà, sinchè nel 1930 era stato arrestato e condannato dal Tribunale Speciale.
Dopo tredici anni di carcere e di confino, appena tornato in libertà dopo il 25 luglio 1943, aveva ripreso il suo posto nel partito d'Azione clandestino, partecipando alla esistenza - come sempre - nei compiti di maggiore rischio. Aveva un fratello, Fernando, cui era attaccatissimo: e Fernando non aveva mancato un giorno solo di confortarlo con una sua lettera durante i tredici lunghi anni della reclusione.
I fascisti, infuriati per non essere riusciti ad acciuffare Nello, gli assassinarono questo fratello. Chiunque altro sarebbe stato stroncato da un tale colpo. Traquandi non abbandonò neanche allora la lotta e la continuò fino al giorno della Liberazione. Dopo di che, invece di presentare il conto delle benemerenze, si mise di nuovo a disposizione della sua città, come membro dell'amministrazione comunale di CLN accettando il compito più ingrato e prosaico, che vi potesse essere in quei giorni di fame e di desolazione: l'assessorato all'annona. Una lezione di coerenza. Ma di questa vita eroica di Nello, ormai, tutti i giornali hanno parlato. Sarebbe inutile tornarvi sopra; e credo che neanche Nello lo vorrebbe, se fosse ancora qui con noi. Scuoterebbe la sua grossa testa bonariamente ed uscirebbe in una di quelle sue scanzonate frasi ironiche alla fiorentina, con cui si sottraeva sempre al pericolo di un'ammirazione. Vorrei ricordare perciò, in modo particolare, qualcosa di cui si è parlato un po' troppo poco, in questi giorni: la lezione di inflessibile coerenza politica, che egli ci ha lasciato; la lucidità con cui seppe orientarsi, non soltanto negli anni ruggenti della lotta, ma altresì negli anni grigi, nebbiosi, che tennero dietro alla fine della Resistenza.
Nello non si atteggiò mai ad “uomo politico”; non scelse mai per sé il posto in prima fila nel teatro della vita pubblica; scelse quello dell'organizzatore, cioè un ruolo altrettanto indispensabile, quanto poco vistoso. Eppure, come vide giusto nella politica italiana di questi ultimi venti anni: e come seppe mantenere una linea precisa, assai meglio di tanti che vanno per la maggiore come uomini politici! Si era votato da giovane a Giustizia e Libertà, cioè al socialismo liberale alla maniera di Gaetano Salvemini e di Carlo Rosselli.
All'indomani della Liberazione, nel partito d'Azione stesso, ci fu il grande sbandamento, fra chi voleva andare a destra per non dirsi socialista e chi voleva andare a sinistra per non distanziarsi dal comunismo, che allora voleva dire soprattutto Stalin.
Il modesto Nello Traquandi. per quanto potesse dolergli staccarsi da cari e provati compagni di lotta, non si lasciò smuovere né a destra, né a sinistra. Fu con quella parte del partito d'Azione che subito si dichiarò socialista; al tempo stesso egli non si lasciò incantare da nessun sofisma, che comunque volesse passar sopra al principio della libertà, sia pure in nome della causa proletaria. Tanto meno perdette la bussola negli anni duri che seguirono la fine del partito d'Azione; gli anni della “guerra fredda”, in cui tanti finirono per perderla, chi accecato da un rabido anti-comunismo e chi attratto dal richiamo di una politica di “Fronte popolare”. Restò tetragono sulle posizioni salveminiane e rosselliane, magari con un pugno di compagni soltanto, magari in precarie formazioni politiche minoritarie, da Azione Socialista Giustizia e Libertà sino ad Unità Popolare. Furono anni sfibranti di un lavoro oscuro, apparentemente condannato a restare incompreso e infecondo di resultati. Ma a Nello non interessavano tanto i resultati. in senso pragmatico: interessava salvare la anima e non ammainare la bandiera. E se una posizione politica, che continuasse ad affermare l'indissolubilità del socialismo dalla libertà continuò comunque ad esistere in Italia, molto lo si dovette proprio a lui, Nello.
Giacché era Nello, con la sua quasi incredibile pazienza e tenacia, con il suo buon senso popolano e la sua inesauribile capacità organizzativa, ad offrire ogni volta ai compagni di lotta politica la possibilità materiale di riannodare le file scompigliate dopo ogni rovescio: era su lui che si poteva contare in ogni momento per trovare una sede, riflettere insieme un minimo di apparato, rannodare i contatti. Era Nello, sempre brontolone e sempre con la battuta scherzosa pronta, a rimetterci su di morale, quando ci sembrava di non poterne davvero più di quella porca vitaccia.
Senza farci mai la predica, ci faceva vergognare con la sua sola presenza di ogni tentazione di desistere, che ci potesse assalire; ci faceva capire silenziosamente tutto il valore morale delle piccole aride cose, di cui pure ha bisogno la democrazia per funzionare. In tutta onestà, non credo che ce l'avremmo fatta senza di lui.
E del resto, quanti con un nome più illustre del suo e con un vanto di acume politico, quale egli non pretese mai di accampare, finirono con lo sbandarsi, di qua o di là, o più semplicemente per tornarsene a casa? Tagliato nel macigno. Ma altri potevano smobilitare: non il nostro Nello. Neanche quando finì il tempo dei gruppi minoritari di protesta, con quel tanto di romanticamente eccitante che c'è comunque nel sentirsi in pochi e buoni, e venne il tempo del grosso partito di massa, con la confluenza di Unità Popolare nel Partito Socialista Italiano. La tentazione stavolta poteva essere diversa, cioè quella di cullarsi in quel tanto di routine che c'è inevitabilmente in un partito di massa; di adagiarsi comunque in una vita più comoda, almeno dal punto di vista morale.
E chi, onestamente, avrebbe potuto rimproverare a quest'uomo ormai avanti negli anni, se avesse accettato in qualche modo una decorosa posizione di pensionato politico, dopo tante travagliate vicende? Ma Nello non era fatto per andare in pensione; gli fu naturale, come se si trattasse della cosa più ovvia del mondo, prendere anche dentro il partito di massa la posizione più scomoda, cioè quella di una minoranza critica, intransigente sul binomio Giustizia e Libertà. E come rifiutò di lasciarsi trascinare, in nome della libertà, in una polemica con gli aspetti autoritari del comunismo tanto da mettere la sordina all’istanza della giustizia, così rifiutò di lasciarsi trascinare a qualunque cosa che potesse, anche per lontana ombra, apparire come una connivenza con sistemi autoritari, sia pure nel nome della giustizia.
Di essere un uomo dai nervi di acciaio lo aveva dimostrato per tanti anni, davanti al pericolo fisico, nella galera, nella cospirazione. Continuava a dimostrarlo, in tutta umiltà e semplicità, anche alle soglie della vecchiaia. Sembrava tagliato nel macigno, come le bigie pietre di cui son fatte le vecchie mura di Firenze medioevale.
Da quelle sue idee, nette, squadrate, senza compromessi, nessuno fu buono a smuoverlo. E' crollato, da un momento all'altro, come una vecchia quercia colpita da un fulmine. Ma il suo viso era sereno, lì nella bara avvolta nella bandiera rossa con la spada fiammeggiante di Giustizia e Libertà, come sereno era sempre stato, anche nei momenti più duri della prova. E tutti sapevamo che quella sua serenità derivava dal sentirsi in pace con la propria coscienza, per non avere mai deflettuto dai suoi ideali, mai averli traditi, sia pure minimamente, per un momento di stanchezza od un eccesso di impazienza.
Come Salvemini, appunto, vicino a cui dormirà da ora in poi, lassù a Trespiano, accanto ai Rosselli e ad Ernesto Rossi. Sentirsi in pace con la propria coscienza: una cosa così semplice, in apparenza, e così difficile in pratica. Ma in questo consiste la lezione profonda della vita di Nello Traquandi: e per noi che gli siamo vissuti accanto durante tanti anni sarà una lezione che non ci sarà possibile più dimenticare. Sarà una forza che ci ritroveremo dentro, ogni volta che ci assalirà la tentazione di una smobilitazione o di uno sbandamento.
1968-Ricordo di Traquandi
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