Il male oscuro della democrazia
di Jean Daniel - Rep.20.3.93
Indubbiamente, si tratta di casi assai diversi. Nel primo caso si sospetta un responsabile della giustizia di aver tenuto mano molti anni fa ad un illecito versamento di fondi in un conto estero del suo partito; nel secondo, un primo ministro viene accusato di aver ottenuto un prestito relativamente modesto (un milione di franchi), ma senza interessi, da un uomo d'affari del quale non conosceva ancora la dubbia reputazione, allo scopo di acquistare un appartamento di dimensioni non meno modeste (110 metri quadrati). Gli osservatori italiani ritengono che la loro classe politica sia arrivata all'ultimo stadio della decomposizione. Quanto agli osservatori francesi, sono piuttosto inclini ad accanirsi sugli esponenti socialisti per dimostrare che anche i più virtuosi non sono immuni da pratiche indubbiamente non illegali ma in contrasto con le loro funzioni e col loro rango.
Pierre Bérégovoy aveva compiuto sino a quel momento un percorso impeccabile. Da apprendista meccanico, non si è formato a nessuna scuola e non è passato per nessuno dei canali che portano alle maggiori responsabilità. Il suo caso veniva citato ad esempio per ricordare come nella democrazia Francese anche un umile autodidatta possa arrivare, a forza di ostinazione e di intelligenza, alla competenza di un esperto in economia e in finanza.
E' curioso che il malestro del primo ministro francese abbia suscitato maggior interesse delle nette malversazioni di altri uomini politici, a destra o a sinistra. E oggi in Francia sorgono molti interrogativi che interessano tutte le democrazie capitaliste. Si osserva innanzi tutto - ed è questa la sola nota di ottimismo - che se emerge tanta sporcizia vuol dire che pulizia è stata fatta più a fondo di prima. Abbiamo giudici più severi e più liberi, giornalisti più accaniti e più audaci. Si nota inoltre che nei periodi di crisi, di disoccupazione e di pauperizzazione di parte della popolazione, l’arricchimento fraudolento dei più favoriti sembra ancor più insopportabile che in tempi di generale prosperità. E' la disuguaglianza che suscita l'esigenza morale.
Questa filosofia, mai esplicitata ma sempre presente, consiste nel ritenere che il potere sia necessariamente corruttore e che quindi chi lo detiene possa e debba essere sollecitato in qualsiasi momento a fornire la prova della propria innocenza. Secondo questa concezione, nessuno è obbligato a occupare un posto di potere, ma se decide di farlo deve accettare di dover rendere conto non soltanto alla giustizia ma anche ai giornalisti che incarnano il contro potere. Negli Usa questa regola del gioco è accettata mentre non lo è ancora veramente nei paesi latini.
Si tratta di un problema grave nella misura in cui contrappone due mentalità. La prima dà per scontato che i rappresentanti dell'autorità, soprattutto quando ricevono la fiducia dei loro elettori, sono uomini che hanno diritto agli stessi riguardi degli altri, e vengono quindi considerati innocenti fintanto che non siano state fornite le prove della loro colpevolezza. La seconda mentalità considera il detentore del potere come un potenziale colpevole dal quale ci si deve attendere costantemente un eventuale passo falso o una probabile compromissione.
Tutti sanno che alcuni giornalisti specializzati ricevono informazioni da delatori i quali prendono 1'iniziativa di fare denunce contro terzi senza che nessun giornalista abbia avuto in precedenza l'idea che questi terzi potessero essere colpevoli. Il giornalista investigatore diviene allora un potenziale manipolato, così come il detentore del potere è un potenziale colpevole. L'uno e l'altro devono essere ossessionati dai sospetti che pesano su di loro.
Ma l'esigenza morale dell'opinione pubblica è suscitata anche, nelle nostre democrazie, da fattori diversi dalla crisi economica. Dopo la fine della guerra fredda in seguito all'implosione del comunismo sovietico non abbiamo più la risorsa di affermare che la società di mercato, malgrado le sue insufficienze e imperfezioni, le sue derive e i suoi scandali, è a conti fatti di gran lunga superiore alla società collettivista. Da quando il Male assoluto è scomparso, il Bene relativo è percepito con occhio più impietoso. Non esiste più il confronto giustificatore. Ci si accorge allora che nessuno dei problemi che il comunismo si proponeva di risolvere è scomparso insieme al comunismo.
La liberazione dei popoli e la libertà individuale sono le conquiste più preziose senza le quali nulla è possibile; ma si tratta di cornici a un tempo indispensabili e vuote che vanno riempite con istituzioni solide, con un'economia che non comporti esclusioni, con un civismo senza cedimenti. E' ben nota 1a frase di Churchill il quale affermava che “La democrazia è il peggiore dei regimi ad eccezione di tutti gli altri”. Ma quando gli altri non esistono più, si rischia di essere sensibili soltanto all'aggettivo “peggiore”. In altri termini, la democrazia, regime che incita al vizio, è condannata alla virtù se non vuole scomparire.
1993 - Il male oscuro della democrazia
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