Martedì, 19 Luglio 2022 - 305.00 Kb - pdf - 1dc1f61572d7d640d5471209d2f0d6a5 - Nello Rosselli, Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano, Torino Einaudi 1977Genova formicolava allora di emigrati politici di tutte le regioni italiane. Qualche anno piú tardi una statistica ufficiale ne censiva, tra stabiliti in città e dispersi in provincia, ben 1500! (83) A Torino non minore affollamento, con questa differenza: che mentre a Genova, sempre repubblicaneggiante e non per nulla la patria del Mazzini, convergevano per lo piú gli uomini di sinistra; nella capitale, attirati dalle maggiori probabilità di cacciarsi in qualche pubblico impiego, affluivano piuttosto gli elementi temperati e costituzionaleggianti. Gran daffare e grattacapi d'ogni genere, pel governo, questi emigrati: su cento che ne giungono ottanta non recan con sé di che campare otto giorni. Conviene per altro aiutarli, mostrar loro che solo il Piemonte, il quale in certo modo rappresenta l'Italia di domani, prende interesse a loro; a trattarli bene, c'è da convertirli tutti pian piano al regime costituzionale e farne amici provati, checché stia per succedere, del regno sabaudo. Bisogna per altro andar cauti per non urtare la gelosa suscettibilità degli altri governi italiani. Eterna questione dell'asilo ai fuorusciti: il Piemonte la risolve con molta abilità, con molto tatto. Stanzia un sussidio annuo in pro degli emigrati affidandolo, per la distribuzione, a un Comitato apposito, col patto che li sorvegli e tenga in freno; spalanca le porte dell'Università a taluni meridionali illustri nelle scienze; [...]