Luciano Vasconi

 
  • 1966 - Luciano Vasconi - La

    1966 - Luciano Vasconi - La "nuova linea" di McNamara  In evidenza

    Lunedì, 01 Febbraio 2021 - 110.99 Kb - pdf - 067f7b431e91b7603dec5da2415d477a - Luciano Vasconi, L'Astrolabio, n. 23, pagg. 18-19, 5 Giugno 1966“Non esiste avversario con il quale non condividiamo un interesse comune nell'evitare la comune distruzione … Realismo non significa un atteggiamento duro, inflessibile e privo di fantasia. La mente realistica è una mente in continua fase creativa, scevra di sciocche illusioni ma ricca di pratiche alternative. Esistono alternative pratiche ai nostri attuali rapporti sia con l'Unione Sovietica, sia con la Cina comunista ... Gettare un ponte verso l'isolamento di una grande nazione come la Cina rossa, anche se questo isolamento è in gran parte dovuto al suo stesso modo di agire, riduce il pericolo di malintesi potenzialmente catastrofici e aumenta da ambo le parti l'incentivo a risolvere le vertenze con la ragione e non con la forza”.Così parlava McNamara. [...]

  • 1966 - Luciano Vasconi - Hanoi all'ora X

    1966 - Luciano Vasconi - Hanoi all'ora X

    Giovedì, 04 Febbraio 2021 - 180.02 Kb - pdf - a2e6193e3870cab8cf1171fa70fa7597 - Luciano Vasconi, L'Astrolabio, n. 30, pagg. 22-25, 24 luglio 1966Ho Ci-minh ha ordinato la mobilitazione in Nord Vietnam. Lo ha fatto nel momento in cui Wilson era a Mosca per indurre Kossighin a indire la conferenza di Ginevra. Vi è un rapporto tra questi due fatti? Una volontà nord-vietnamita, cioè, di sabotare la trattativa? A questa domanda i commentatori occidentali rispondono, in genere, senza porsi neanche un margine di dubbio: Ho Chi-minh, per costoro, o è un fanatico megalomane che arde dal desiderio di immolare il suo popolo, oppure è legato mani e piedi a Pechino (contraria ai negoziati) e il risultato è il medesimo.Non passa per la testa di simili commentatori il fatto che una nazione aggredita, bombardata senza neppure che l'avversario si sia curato di dichiararle guerra, possa reagire con orgoglio al calcolo americano di metterla in ginocchio. E si irrigidisca proprio nel momento in cui viene colpita più duramente; come del resto avevano previsto i Bob Kennedy, i Fulbright e tutti i democratici progressisti americani. [...]

  • 1967 - Luciano Vasconi - Il momento di Ciu En-Lai

    1967 - Luciano Vasconi - Il momento di Ciu En-Lai

    Martedì, 09 Febbraio 2021 - 249.99 Kb - pdf - d293d6738ee36555e992459f1ec10645 - Luciano Vasconi, L'Astrolabio n. 10, Pagg. 26-28, 12 marzo 1967Era da novembre che Ciu En-Lai stava lavorando all'unità del partito nazionale, dopo aver aderito alla “rivoluzione culturale” portandovi, sin dall'inizio, un contributo moderatore. La sua piattaforma politica, all'interno del gruppo maoista, è ora in netta prevalenza. Oggi la parola d'ordine è quella della “grande alleanza”, la più vasta possibile, e, sul piano immediato, “l'alleanza a tre”: fra i ribelli rivoluzionari (maoisti), l'esercito e il partito. [...]

  • 1967 - Luciano Vasconi - Una lacrima per Svetlana

    1967 - Luciano Vasconi - Una lacrima per Svetlana  In evidenza

    Mercoledì, 10 Febbraio 2021 - 170.52 Kb - pdf - 6a85d593f0c5bc5ee471643e6d7d46d1 - Luciano Vasconi, L'Astrolabio n. 12, Pagg. 23-24, 19 marzo 1967La fuga in occidente dì Svetlana, la figlia di Stalin, ha occupato nei giorni scorsi le prime pagine dei quotidiani italiani, che non si sono lasciati sfuggire l'occasione per inscenare la consueta campagna antisovietica. I comunisti se ne sono indignati, e non sapremmo dargli torto. Ma dobbiamo dargli ragione anche quando sostengono che la fuga di Svetlana è solo una questione personale?

  • 1968 - Luciano Vasconi - La guerra in Vietnam

    1968 - Luciano Vasconi - La guerra in Vietnam

    Lunedì, 31 Maggio 2021 - 183.22 Kb - pdf - 800d673345c5982dc8e686db56684d6a - Luciano Vasconi e Tiziano Terzani, Astrolabio, n. 1 del 7 gennaio 1968La rivista americana Time ha nominato Johnson l'uomo dell'anno a conclusione del 1967. Ha aggiunto di averlo scelto perché, "per il bene o per il male", ha avuto una influenza determinante negli avvenimenti mondiali. La rivista Newsweck ha confermato che l'incontro fra Paolo VI e Johnson non è stato affatto "cordiale", ma, piuttosto, "una glaciale riunione fra diplomatici", con il Pontefice scosso e turbato per il rifiuto del presidente a estendere la tregua di Natale e, soprattutto, a cessare i bombardamenti sul Vietnam.Il presidente americano ha allungato di 12 ore la tregua di Capodanno, portandola da 24 a 36 ore: è stato il massimo di "cortesia" texana alle richieste del Pontefice.Paolo VI, nel messaggio di Capodanno, scelto come giornata mondiale per la pace, ha nuovamente invocato una tregua "sincera e durevole", "leali trattative", e ha messo in guardia contro la "tremenda sciagura d'una guerra che cresce, d'una guerra senza fine". [...]

  • 1968 - Luciano Vasconi - I vietnamiti all'attacco

    1968 - Luciano Vasconi - I vietnamiti all'attacco

    Giovedì, 10 Giugno 2021 - 213.30 Kb - pdf - 0a11ebdccc2b9aa312b11e4be9355046 - E. J. W., Luciano Vasconi, Astrolabio, nn.  6 e 7, 8 del 1968- E' la mattina del 29 gennaio. La riunione al quartier generale di Westmoreland è rapida, di ordinaria amministrazione.- 31 gennaio. Ore 3. L'ambasciata americana a Saigon viene occupata dai partigiani. Per sei ore un edificio costruito a "prova di guerriglia" serve da trincea anti-GI per le mitragliatrici viet.- Domenica, 4 febbraio. I guerriglieri danno l'assalto al comando della polizia politica. La debacle USA si rivela in tutte le sue dimensioni.

  • 1968 - Luciano Vasconi - La linea O Chi Minh

    1968 - Luciano Vasconi - La linea O Chi Minh

    Martedì, 26 Ottobre 2021 - 156.74 Kb - pdf - dec4a9402064069a8cec41696e3e4d87 - Luciano Vasconi, Astrolabio, n. 15 del 14 aprile 1968Era giusto confidare nel senso di responsabilità dei vietnamiti. Anche se il paragone ripugna, perché sono in gioco vite umane, per usare termini elementari e comprensibili a tutti possiamo dire che Ho Ci-minh ha chiesto di «vedere» le carte di Johnson e la sincerità della offerta di pace americana.Non si tratta solo di abilità diplomatica, ma di una giusta risposta politica, la più corretta, all’iniziativa americana, per non dare respiro e spazio all'oltranzismo che si sarebbe scatenato dopo un «no» vietnamita. Un rifiuto, come ha riconosciuto gran parte della stampa libera occidentale (i «codini» italiani hanno perduto l'ennesima occasione di mostrare intelligenza e autonomia di giudizio), era più che giustificato di fronte a una offerta ambigua, accompagnata dalla prosecuzione dei bombardamenti fino al ventesimo parallelo. Ma sarebbe stato un errore, quanto meno un rischio.

  • 1968 - Luciano Vasconi - Un PC per Brandt

    1968 - Luciano Vasconi - Un PC per Brandt

    Sabato, 30 Ottobre 2021 - 371.07 Kb - pdf - dd37451cb689886bb27ab215b40a2951 - Luciano Vasconi, L’Astrolabio, n. 17 del 28 aprile 1968I moti studenteschi che hanno sconvolto la Germania federale dopo l'attentato a Rudi Dutschke sono stati un campanello d'allarme per la grande coalizione•, e soprattutto per il partito socialdemocratico. I settori più estremisti della CSU bavarese di Strauss e della CDU di Kiesinger hanno teorizzato l'esistenza di un pericolo insurrezionale, e ne hanno tratto motivo per sollecitare una rapida approvazione delle leggi di emergenza. Il progetto è stato fortemente avversato non solo dalle organizzazioni giovanili come lo SDS di Dutschke, ma dai sindacati e da un buon terzo della socialdemocrazia, la parte, cioè, che ha sempre sospettato di dover rendere questo estremo servizio ai cristiano-sociali e ai cristiano-democratici prima di ricevere il benservito e il licenziamento. Brandt, il leader della SPD, non ha mai avuto il coraggio, e la possibilità, di negare che questo fosse il vero scopo di Kiesinger e di Strauss.Dopo gli incidenti, i primi morti - il fotoreporter Klaus Frings e lo studente Ruediger Schreck -, le centinaia di feriti e contusi, gli innumerevoli arresti, il clima è diventato rovente.Il ministro degli Interni Benda ha sostenuto che l'SDS dovrebbe esser dichiarato fuori legge; altri, come l'ex ministro dei profughi Lemmer, hanno denunciato legami fra l'organizzazione studentesca e le e centrali sovversive di Berlino est, con diramazioni fino all’ambasciata cinese. Tutto fa gioco per ricreare in Germania un clima di guerra fredda, e se non si può ancora sostenere che Rudi il Rosso era venuto di là dal muro d'accordo con Ulbricht per fare il doppio gioco (ma diranno anche questo), c'è sempre la risorsa dell'etichetta cinese. E' già stato annunciato che Dutschke, se riuscirà a sopravvivere, finirà sotto processo. [...]

  • 1968 - Luciano Vasconi - Il miraggio della pace

    1968 - Luciano Vasconi - Il miraggio della pace

    Domenica, 31 Ottobre 2021 - 129.96 Kb - pdf - f1b9d84988d35c99da921d6a4947fe2c - Luciano Vasconi, L’Astrolabio n. 17 del 28 aprile 1968Siamo stati fra i più attenti nel registrare le impennate del Wall Street Journal e della Borsa di New York. Cioè nel prendere in seria considerazione le ragioni economiche che imponevano agli Stati Uniti di chiudere l'avventura vietnamita, una guerra troppo cara che finiva con lo scardinare il vecchio presupposto che i “consumi” bellici siano indispensabili alla sopravvivenza del capitalismo. Questi “consumi” possono essere utili fino a un certo limite, e non è il caso di tornare sulla Montagna di ferro, il provocatorio ma lucido studio attribuito a Galbraith per denunciare la “indesiderabilità” della pace.Abbiamo anche evitato di cadere nell'ottimismo, cioè di prendere per oro colato tutte le iniziative americane di pace, che continuano a rivelarsi contraddittorie e ambigue, e non ancora una chiara scelta. Esistono ragioni di fondo per accreditare l'interesse americano di farla finita: le tendenze inflazionistiche, la crisi del dollaro, il deficit della bilancia dei pagamenti, i contrasti sociali in America fra bianchi e neri, il crollo dei programmi tipo la “grande società”, l'isolamento internazionale di Washington e il costo che ne deriva. [...]

  • 1968 - Luciano Vasconi - Gli scogli di Parigi

    1968 - Luciano Vasconi - Gli scogli di Parigi

    Mercoledì, 03 Novembre 2021 - 209.54 Kb - pdf - dc4dfd64da2c2da251df673d7f1003ca - Luciano Vasconi, L’Astrolabio, n. 19 del 19 maggio 1968L’accordo sulla sede è stato finalmente raggiunto e il dialogo preliminare tra americani e nord-vietnamiti ha luogo a Parigi. La scelta è significativa; essa premia un paese, e soprattutto un governo, che ha avuto il coraggio e la coerenza di prendere posizione contro l'aggressione americana in Vietnam. Oggi i propagandisti dc scoprono che Parigi è una capitale europea, e fanno buon viso a cattivo gioco per trarne qualche indiretto beneficio.Se si pensa al modo come Fanfani è stato boicottato in questi anni, fin dai primi tentativi di agganciare i belligeranti (e boicottato non solo dalle destre in genere ma dalla destra dc), vien da sorridere. Secondo l'on. Longo poteva anche essere scelta Roma se vi fosse stata più coerenza da parte italiana. Non è comunque questo l'essenziale, anche se induce a riflettere su quella che dovrebbe essere, almeno in futuro, una politica estera più attiva ed efficace ai fini della pace. Dopo tante ironie sulla “impotenza” gollista si ha la prova che una piattaforma di autonomia è ancora la più utile. Perfino Johnson ha dovuto far buon viso a cattivo gioco, rompendo gli indugi dopo che, diventato insostenibile il rifiuto di Varsavia, Hanoi aveva suggerito Parigi.Avevamo già sottolineato il motivo della preferenza nord-vietnamita per Varsavia. La capitale polacca, sede degli incontri periodici a livello d'ambasciata fra cinesi e americani, era una garanzia offerta a Pechino per fugare il sospetto di una operazione condotta senza tener conto degli equilibri asiatici. [...]

  • 1968 - Luciano Vasconi - La trattativa armata

    1968 - Luciano Vasconi - La trattativa armata

    Giovedì, 04 Novembre 2021 - 335.43 Kb - pdf - 35e21bbdcd373446504a65fe5c2be4db - Luciano Vasconi, L’Astrolabio, n. 20 del 19 maggio 1968A Parigi si discute, a Saigon si combatte.Sono due forme del prenegoziato, inevitabili finché gli americani non riconoscano il Fronte di liberazione sud-vietnamita. Harriman è un buon diplomatico, ma non c'è mestiere che tenga quando dalla correttezza formale si entra nella sostanza del problema.Il delegato americano ha mostrato meraviglia perché “in questo preciso momento ( 13 maggio) le forze nordvietnamite sono impegnate in attacchi terroristici attorno a Saigon contro la popolazione civile”.In quel “preciso momento” la situazione era diversa: gli americani annunciavano di aver distrutto a Saigon, a partire dall'alba del 5 maggio (inizio dell'ultima offensiva Vietcong sulla capitale sud-vietnamita) 10.700 case; tale la cifra in nove giorni di combattimenti dentro Saigon, non attorno alla città.Case distrutte dai “nord-vietnamiti”? No: dai carri armati, dai cannoni, dagli elicotteri, dai bombardieri che si gettano in picchiata e dalle stratofortezze B-52 che radono a tappeto i quartieri popolari della periferia come Cholon. [...]

  • 1968 - Vietnam - Luciano Vasconi - Le idee buone di Harriman

    1968 - Vietnam - Luciano Vasconi - Le idee buone di Harriman

    Sabato, 06 Novembre 2021 - 138.24 Kb - pdf - 5fc1ff286d88c9fafc589a327583cb78 - Vietnam-L.Vasconi, L’Astrolabio, n. 22 del 2 giugno 1968Lunedì 27 maggio c'è stato il quinto incontro, a Parigi, fra il delegato nord-vietnamita Xuan Thuy e l'americano Harriman. Quest'ultimo aveva promesso di lanciare delle “idee nuove” per superare l'impasse del prenegoziato, fermo alla questione dei bombardamenti americani (2.600 incursioni nella prima quindicina di maggio, sia pure sotto il 19 parallelo, contro le 2.300 incursioni dell'intero mese di aprile). Nei giorni precedenti il quinto round il pessimismo aveva raggiunto livelli tali che gli americani non escludevano una rottura. Nell'incontro numero 4 Xuan Thuy aveva parlato chiaro: se non discutete la materia all'ordine del giorno, la cessazione totale e incondizionata dei bombardamenti, può finir male e la colpa sarà degli americani. Sulle prime Harriman s'è mostrato tranquillo con i suoi collaboratori, ancora la mattina del 23 maggio; poche ore dopo, apprendendo che Johnson stava per dichiararsi scettico sulla buona disposizione nord-vietnamita, ammetteva la possibilità di una rottura ma distribuiva la velina sulle “idee nuove”: la parola d'ordine era “pessimismo ma con moderazione”.In che consistevano le “idee nuove”?Nel negoziato segreto: Harriman aveva anticipato la proposta durante il quarto appuntamento. Xuan Thuy aveva già replicato, con flemma orientale: “Nel nostro paese c'è un proverbio: chi ha qualcosa da nascondere si cela dietro i cespugli, chi non ha nulla da nascondere continua diritto per la sua strada” (22 maggio).Fra il quarto e il quinto appuntamento Harriman ha fatto capire quali erano le sue vere inte1nzioni (attraverso le solite indiscrezioni giornalistiche): dateci una via d'uscita, sulla “reciprocità” della descalation, e ordineremo una riduzione scalare dei bombardamenti, dal 19 al 18 parallelo, e alla fine arriveremo al 17, al confine tra i due Vietnam. [...]

  • 1968 - Usa - Vietnam - Luciano Vasconi - I due Vietnam

    1968 - Usa - Vietnam - Luciano Vasconi - I due Vietnam

    Venerdì, 12 Novembre 2021 - 238.24 Kb - pdf - 7e9d23576bcafaa5da5ffe45982c0288 - Usa, Luciano Vasconi, L’Astrolabio, n. 27 del 7 luglio 1968Il Nord-Vietnam ha mandato i propri delegati a Parigi con intenzioni serie, non per propaganda: lo ha riconosciuto Harriman, capo dei negoziatori americani, prima di recarsi a rapporto da Johnson. La fonte è insospettabile, e Harriman non ha avuto scrupolo di smentire se stesso. In sede di conferenza Harriman ha sempre detto il contrario. E' bastato un attimo di sincerità all'aeroporto di Orly, sulla scaletta dell'apparecchio che doveva portarlo a Washington, perché saltasse tutto l'impianto propagandistico della delegazione americana. Che cosa ha spinto il vecchio diplomatico a parlare con tanta chiarezza? Harriman è troppo abile per lasciarsi sfuggire una dichiarazione non calcolata.Le ipotesi accreditate sono due: che Harriman fosse autorizzato a capovolgere la versione ufficiale del suo governo; che abbia invece deciso, a rischio e pericolo, d'inserirsi nella prova di forza che divide tuttora, negli Stati Uniti, i falchi e le colombe. Da molti indizi (dichiarazioni contraddittorie a Washington) sembra più verosimile la seconda ipotesi.In quei giorni, verso la fine di giugno, è stato il segretario alla difesa Clifford a rivelare per primo, in una conferenza stampa cautamente ottimistica, che si erano intravisti dei segni incoraggianti da parte nord-vietnamita. [...]

  • 1968 - Vietnam - Luciano Vasconi - La dottrina Abrams

    1968 - Vietnam - Luciano Vasconi - La dottrina Abrams

    Domenica, 14 Novembre 2021 - 235.36 Kb - pdf - 0c5bbb3a08b3e634035ca318458869e1 - Vietnam, Luciano Vasconi, L’Astrolabio, n. 29 del 21 luglio 1968U Thant, il segretario dell'ONU, dice che sarà lunga molto lunga la strada per la pace in Vietnam. Fonti americane lasciano credere che siamo alla vigilia di fatti nuovi, importanti e decisivi. Si riparla di sospensione totale dei bombardamenti sul Nord, e quindi di possibilità di rapido accordo con Hanoi. Purché Hanoi accetti la famosa descalation, sospendendo le infiltrazioni di uomini e di aiuti al Sud.Però si dice anche che la descalation a Nord (interruzione dei bombardamenti aerei) sarà accompagnata da una escalation a Sud, non vietnamita bensì americana. E questa sarebbe la nuova dottrina Abram (dal nome del successore di Westmoreland, il generale Creighton Abrams).In che cosa consiste? E' presto detto: sospendendo i raids sul Nord-Vietnam, tutto lo sforzo bellico americano verrebbe concentrato nel Sud, contro i guerriglieri, con il preponderante uso dell'aviazione. Gli americani terrebbero le principali città costiere – in parte la teoria delle énclaves propugnata dal generale della riserva Gavin, ex ambasciatore a Parigi -, ma con la differenza che le énclaves non resterebbero passive, come elemento di pressione e di presenza americana (la tesi originaria di Gavin fu sempre giudicata “suicida” dal Pentagono); al contrario sarebbero i punti d'appoggio per sferrare colpi di maglio sulle retrovie Vietcong. In parole povere: gli americani terrebbero Saigon, Danang, Hué, e altre città importanti; il resto del Sud-Vietnam verrebbe “setacciato a dovere” fino alla liquidazione degli ultimi contingenti armati “irregolari”.Il Nord-Vietnam dovrebbe “soltanto” accettare, in cambio dell'immunità del suo territorio, che a Sud l'aviazione americana possa sfogare tutto il potenziale offensivo. [...]

  • 1968 - Luciano Vasconi - Dalle risaie a Parigi

    1968 - Luciano Vasconi - Dalle risaie a Parigi

    Giovedì, 23 Dicembre 2021 - 173.92 Kb - pdf - 96995ad17dbff7a1ff1937c850a49865 - Luciano Vasconi, l’Astrolabio, n. 44 del 10 novembre 1968I Vietcong sono arrivati finalmente a Parigi, dopo una guerra ma diciamo ancora durante una guerra, perché per loro non è finita, che si perde indietro nel conto degli anni. Per arrivare fin lì dalle risaie del Delta del Mekong, dove conquistarono le loro prime basi contadine, hanno combattuto non solo contro gli americani, ma prima contro giapponesi, poi contro i francesi. E' quasi una guerra dei trent'anni, se non vogliamo contare il movimento clandestino di Ho Ci-minh di Pearl Harbor, cioè prima del secondo conflitto mondiale. Adesso è una donna di 41 anni. Nguyen Thi Binh, a trattare con gli americani per conto del fronte nazionale di liberazione del Sud. Nata nel 1927, nel 1944 (a 17 anni) Nguyen Thi Binh era già nella resistenza anti-nipponica. Poi tornarono i francesi e ricominciò daccapo: nel 1950, con Nguyen Huu Tho, ora presidente del Fronte, organizzava a Saigon la prima manifestazione anti-americana, quando, con la guerra di Corea, la presenza USA in Asia cominciava ad allargarsi al Vietnam. Poi, nel '51, la galera sotto i francesi, e la scarcerazione nel '54, dopo gli accordi di Ginevra. Poi di nuovo la attività clandestina contro i regimi fantoccio imposti e sostenuti dagli americani, e, dal 1960, Nguien Thi Bin h a 33 anni, è, alla nascita del Fronte la donna che organizza i reparti femminili, e tutta quella rete clandestina che si rivelerà essenziale, nelle città, per i colpi di mano dei Vietcong in armi. [...]

  • 1968 - Cina - Luciano Vasconi - La pace brucia Liu Sciao Ci

    1968 - Cina - Luciano Vasconi - La pace brucia Liu Sciao Ci

    Venerdì, 24 Dicembre 2021 - 167.24 Kb - pdf - cc9a94fb966f898d982954c2a928659b - Luciano Vasconi, l’Astrolabio, n. 44 del 10 novembre 1968Mao e Ciu En lai non volevano l'espulsione di Liu Sciao-ci dal partito. Avevano ripetutamente difeso, nel corso della “rivoluzione culturale” il Krusciov cinese dagli attacchi spietati delle guardie rosse. In uno dei momenti più critici Mao in persona autorizzò gli attivisti a rendere pubbliche con i manifesti murai, la propria ammissione di corresponsabilità negli errori attribuiti al capo dell’opposizione.Il documento venne affisso sui muri di Pechino quando la nuova rivoluzione maoista stava entrando nelle fabbriche, nel gennaio del 1967. Il leader cinese avvertiva che concentrare il fuoco sull'opposizione equivaleva a falsare la realtà perché "tutto il partito, l’intero gruppo dirigente, il presidente del partito” (cioè Mao) erano responsabili della linea politica adottata a maggioranza e nessuno poteva mettersi la coscienza a posto vantando meriti di primogenitura nella battaglia contro la linea sbagliata. Andare in caccia di alibi personali era semplice astrazione: se il partito nel suo complesso aveva errato, voleva dire che i dissenzienti non erano stati capaci di far altro se non dell'accademia, e in politica tutto ciò non conta un soldo. [...]

  • 1969 - Luciano Vasconi - Il gioco passa a Ciu En-lai

    1969 - Luciano Vasconi - Il gioco passa a Ciu En-lai

    Giovedì, 13 Gennaio 2022 - 127.10 Kb - pdf - 58393faea5b3ae45cf8ccbdd792fbd5e - Luciano Vasconi, l’Astrolabio, n. 14 del 6 aprile 1969Gli avvenimenti incalzano e il gioco si fa complesso perché i nodi vengono al pettine su scala mondiale. Mosca e Pechino sono di fronte a scelte decisive, da cui può dipendere il corso della loro storia. Per gli altri, per noi osservatori esterni, non si tratta di essere pro o contro. Interessa che l'Unione Sovietica imbocchi una politica giusta, che la Cina sia coerente con lo scossone salutare provocato, dalla sua contestazione, ai vertici del Cremlino. Le due più grandi potenze comuniste possono ancora bloccare l'imperialismo americano in Asia e in Europa. Le loro scelte sono vitali per il Vietnam, ma da esse siamo condizionati anche in Occidente. Non servono le riedizioni del Komintern, tanto meno gli interventi tipo Cecoslovacchia contro nemici immaginari.Bisogna evitare che la lotta intestina del comunismo consenta massacri all'indonesiana e epidemie di tipo greco.Se a Mosca e a Pechino comprendessero tutto questo la democrazia e la coesistenza uscirebbero rafforzate su scala mondiale, perché l'America troverebbe un argine al proprio espansionismo militare e finanziario.Rapporti decenti fra Mosca e Pechino, su basi di eguaglianza, rilancerebbero l'internazionalismo serva svuotare le “vie nazionali”. Non è vero che il dissidio permanente dia spazio alle posizioni autonome: Praga dimostra il contrario.La Cecoslovacchia è stata una manna per il “partito americano” e la dannata isola di Cen Pao o Damansky lo stesso.Il “partito americano” vuole i Brezhnev al potere a Mosca, e ne vorrebbe l'equivalente a Pechino. E se Brezhnev cade, ben vengano gli Scelest o Scelepin.Il comunismo deve continuare a spaccarsi inseguendo il dogma monolitico.Perché augurarsi la vittoria di un Kossighin a Mosca? Per salvare le apparenze certo bisogna dire qualche volta che Kossighin è un moderato, ma se vincono gli altri è meglio: il comunismo con la faccia feroce è un fattore di stabilità del sistema capitalistico. Così ragionano. [...]

  • 1969 - Luciano Vasconi - Chi comanda in Cina?

    1969 - Luciano Vasconi - Chi comanda in Cina?

    Mercoledì, 26 Gennaio 2022 - 148.10 Kb - pdf - dbae021c899d9483a51858f39a4a4b36 - Luciano Vasconi, l’Astrolabio, n. 26 del 29 giugno 1969Sono passati due mesi dalla fine del congresso del partito comunista cinese (1-24 aprile) e non ancora non si sa chi sia il presidente della repubblica, al posto di Liu Sciao-ci , e nemmeno quale sia la composizione del governo.Non si dimentichi che Liu era stato retrocesso all'ottavo posto della gerarchia sin dal comitato centrale dell'agosto 1966 (tre anni fa), e che era stato formalmente destituito, ed espulso dal partito, nel CC del 13-31 ottobre 1968. Questa suprema indifferenza verso le cariche statali e governative fa inorridire chiunque concepisca il potere in termini di "legalità costituzionale".Che razza di paese è la Cina? Sono in molti a domandarselo, e sono in parecchi a chiedersi, anche in buona fede, se non abbiano ragione i sovietici quando parlano di situazione instabile, all'orlo del collasso. La propaganda russa non ha mancato di far leva sui paradossi cinesi. Ve l'immaginate uno Stato qualsiasi che si permetta il lusso di non spiattellare, più che in fretta, il proprio "organigramma"? [...]

  • 1969 - Luciano Vasconi - In orbita sull'Asia

    1969 - Luciano Vasconi - In orbita sull'Asia

    Lunedì, 31 Gennaio 2022 - 152.53 Kb - pdf - 6a50d65a30bfffc069a3ed1d83304a71 - Luciano Vasconi, l’Astrolabio, n. 32 del 10 agosto 1969Anche Nixon si è portato le sue pietre da un pianeta sconosciuto, ed è andato a raccoglierle tutto attorno alla Cina. Per l'esattezza, al pari della missione lunare di Armstrong e Aldrin, erano due gli esploratori. Nixon ha visitato le Filippine, l'Indonesia, la Thailandia, poi, dopo il difficile allunaggio a Saigon, l'India e il Pakistan.Rogers, segretario di Stato americano, s'è occupato di Giappone, Sud Corea, Formosa, non ha mancato di raccogliere campioni a Hong Kong, infine ha concluso con Australia e Nuova Zelanda.Con un balzo in URSS e in Mongolia esterna l'orbita sarebbe stata completa, ed è toccato a Harrison Salisbury del New York Times fare la parte di Collins, di guardare dall'alto, cioè da nord, il pianeta Cina. Ora gli americani stanno analizzando i campioni, devono togliere un po' di polvere, e sperano di comporre il mosaico. A Bucarest hanno forse già cominciato a selezionare i dati raccolti, e ai romeni hanno certamente chiesto se sia possibile una guerra fra Cina e URSS.La missione era stata decisa dopo il lancio del piano Brezhnev per un "sistema di sicurezza" in Asia. L'idea che fosse l'Unione Sovietica a prendersi il carico del "contenimento" della Cina non dev'essere dispiaciuta in teoria agli strateghi americani. Era un'ottima occasione per scrollarsi di dosso il ruolo di gendarme mondiale in quella direzione, e per approfittare dell'indebolimento reciproco delle due massime potenze comuniste. Stalin, ai tempi della Corea, aveva messo di fronte Cina e Stati Uniti. Si poteva addirittura sperare di rendere la pariglia con interessi iperbolici e tenendo le mani in tasca. [...]
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