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Dopo aver descritto le vicende storico-economiche della viticoltura a Cerignola, conviene ora soffermarsi brevemente sulle fasi della lavorazione della vite, che assumono una complessità molte volte sottovalutata.
2.1. I lavori preliminari

Rodi Garganico
Rodi Garganico
La vite può essere piantata oggi sia in collina (suo ambiente naturale), sino a 700 metri sul livello del mare, sia in pianura (cosa che accade soprattutto in una regione come la Puglia).Quando la vite viene piantata in collina il terreno esige una preparazione estremamente laboriosa, che consiste essenzialmente in lavori di iscasso e di terrazzatura. Tale tipo di lavorazione prende il nome di "pastino" ed in Puglia è effettuata soprattutto nella zona della Valle d'Itria.
Diversa è la situazione dei terreni pianeggianti dove molto spesso occorre solo eseguire uno scasso con l'aratro, per piantare, in un periodo dell'anno che va da novembre a gennaio, le talee o barbatelle. Durante il primo anno di piantagione l'unico altro lavoro richiesto è quello di frequenti zappature in inverno, che servono per mantenere umido il terreno e a diserbarlo (un buon repertorio di zappe è presente nel museo). Una speciale sarchiatura viene eseguita poi in estate per l'appiattimento del terreno. Tale operazione si effettua soprattutto in collina. Grande importanza, invece, rivestono i lavori del secondo anno della vite, per l'innesto del vitigno americano.
Rodi Garganico Foto del 2000
Rodi Garganico Foto del 2000
Tale operazione si è iniziata ad eseguire regolarmente soltanto alla fine del XIX secolo, quando si diffuse una forte epidemia di fillossera, e serve per rafforzare il vitigno contro questo tipo di parassita. Il tradizionale innesto della vite ad alberello - la vite più diffusa in Puglia fino agli anni '50 e dalla quale si ricavava principalmente vino - è quello detto "a spacco". Il contadino in questo caso procede aprendo il terreno intorno alle talee e mettendo in luce il tratto del fusto e l'innestatore; tramite una forbice speciale a molla ed un coltello da innesto effettua una spaccatura di 5-6 cm nella quale inserire i tralci dopo una complessa operazione per regolare la profondità della fenditura con il tralcio da innestare. L'innesto e la talea vengono quindi legati con del giunco secco, la "stroppa", che si deteriora naturalmente dopo alcuni mesi.
Nel secondo anno si sostituiscono gli innesti mal riusciti sì che il terzo anno possa avvenire un reinnesto. La presenza del coltivatore poi diviene più assidua sul campo nei mesi di marzo-aprile per tagliare i polloni presenti sotto l'innesto e per unire e proteggere meglio gli innesti con i cosiddetti tutori (rami di scarto provenienti dagli alberi da frutto). Nel mese di luglio torna l'innestatore per sostituire gli innesti mal riusciti ed eseguire quelli di riserva. Finita questa. fase della coltivazione si predispone il vigneto a prendere la sua forma. Se fino al primo dopoguerra in Puglia si impiantavano solo vigneti ad alberello, oggi diverse sono le varietà impiantate .
Tre sono le forme principali di coltivazione della vigna: la vite isolata, che si configura soprattutto come alberello, e viene coltivata in un terreno dedicato solo a questa coltura e può sorgere sia in collina che in pianura; la vigna a pergolato, che si ottiene da una o più viti fatte crescere su sostegni verticali e orizzontali, e da cui si ottiene un tetto allungato e ombroso (tale tecnica non serve solo per la coltivazione della vigna, ma spesso ha anche scopo decorativo); terza ed ultima è quella del filare, che può essere poggiata sia su alberi da frutto (è il caso di alcune regioni dell'Italia settentrionale, in particolare il Piemonte) sia su supporti lignei come l'attuale tendone, oggi il tipo di vigneto a più alta produttività.
I lavori del terzo e quarto anno sono limitati alla zappatura e cura delle piante, dato che la vigna inizia a dare frutti solo al quinto anno di vita.
2.2. La vigna a frutto ed i suoi lavori
Rodi Garganico
Rodi Garganico
I lavori su un vigneto ad alberello che dà frutto iniziano subito dopo la vendemmia, tirando su i sostegni della vite e ammonticchiandoli. Ciò serve soprattutto per evitare che le punte marciscano con la pioggia. Nel mese di settembre, poi, viene eseguita una sarchiatura speciale per estirpare le erbacce.
Uno dei principali lavori e una delle operazioni più complesse da eseguire su una vigna a frutto è la potatura. Si inizia nel mese di ottobre e può continuare sino a febbraio-marzo, ed è eseguita - come l'innesto - da operai specializzati. Spesso si esegue già al terzo anno di vita, per far sì che la vite possa biforcarsi in più direzioni. L'attrezzo per potare i sarmenti era la roncola, o falcetto (due buoni esemplari sono esposti nel museo), oggi sostituita dalle cesoie. Scopo della potatura è quello di tagliare i sarmenti superflui, per lasciare, per ogni capo - si parla ancora della vite ad alberello - due gemme che possano dare frutti. Accanto a questo tipo di potatura se ne effettuano, in casi particolari, altri più specifici, come la potatura "alla cieca" che viene eseguita quando non si riesce a scegliere le gemme migliori in mezzo a tutti i sarmenti. Successiva alla potatura è la "sarmentatura", che consiste nella raccolta e bruciatura di tutti i sarmenti ricavati dalla potatura.
Altra operazione preliminare alla vendemmia è la zappatura, effettuata solitamente con la zappa, più raramente con la vanga, che serve per allentare il terreno e per smuoverlo dalle vicinanze della vite. Viene eseguita soprattutto in periodo tardo primaverile ed è effettuata in squadre per lavorare in parallelo ed ottenere un terreno di tipo uniforme.
Altra operazione ancora che si effettua sul vigneto, e che serve soprattutto per evitare le epidemie di peronospora, è quella dell'irrorazione di solfato di rame, eseguita più volte durante l'arco di tutto l'anno con l'impiego di appositi irroratori.
2.3. La vendemmia e la produzione del vino
Rodi Garganico Foto del 2000
Rodi Garganico Foto del 2000
Tutte le operazioni della viticoltura - le principali le abbiamo fin qui descritte - culminano nel lavoro di raccolta, che si effettua soprattutto nel mese di settembre. La raccolta dell'uva era e resta un'operazione collettiva a cui partecipa tutto il nucleo famigliare. Strumenti principali della raccolta sono state le roncole, oggi molto spesso sostituite dalle cesoie. Accanto ad ogni raccoglitore c'è sempre un recipiente ove si poggiano i grappoli. Solitamente in Puglia tali tipi di contenitori erano cesti di vimini o, più di recente, di zinco. Appena raccolta, l'uva viene trasportata nel luogo di pigiatura. Al contrario di molte altre zone d'Italia dove l'uva veniva pigiata in tini, in Puglia esisteva un luogo deputato a questo compito, il "palmento", di forme diverse, a seconda delle zone (ad esempio, in Valle d'Itria molto spesso ha la forma di un trullo), ma in genere si tratta di una vasca di pietra dove venivano depositati i tralci ed effettuata la pigiatura a piedi nudi oppure con scarpe chiodate.
Questo primo mosto che viene raccolto è depositato successivamente nei torchi. È questa la seconda fase della vinificazione ed è forse la più complessa.
Nella Puglia due sono i torchi principalmente diffusi: il torchio a vite mobile di legno, che non differisce molto da quello usato per le olive se non per la dimensione, e in periodi più recenti il torchio meccanico, in cui le viti in legno sono state sostituite da viti metalliche. Ovviamente oggi quasi nessuno dei grandi torchi presenti nelle cantine sociali è di tipo manuale, ma funziona con energia elettrica o a vapore.
Il torchio in legno è composto da una madrevite che unisce due pali di legno verticali e che, a sua volta, viene fatta girare da una lunga barra verticale infilata in un apposito ferro. Un piano di legno sistemato sotto la testa della vite preme su un ceppo che si immerge nei tralci già ammostati e fa fuoriuscire, al di sotto del tino, il mosto che viene poi raccolto in recipienti adatti alla sua conservazione. I recipienti di conservazione del mosto e del vino erano principalmente due: i vasi di terraccotta e le botti. In Puglia, per un lungo periodo, sono stati i primi ad essere i più usati proprio a causa della scarsezza del materiale ligneo. Ma, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, con l'avvento delle produzioni commerciali, le botti sono divenute gli esclusivi contenitori affiancate oggi da silos metallici.
Con l'avvento delle botti vengono anche progettate cantine più razionali delle precedenti.
Il vino viene fermentato e conservato a seconda del tipo di vitigno da cui è stato ricavato. Il trasporto del vino oggi è prevalentemente motorizzato e la distribuzione segue vie per lo più razionali dal punto di vista economico, ma sino a qualche decennio fa esistevano carri costruiti appositamente per il trasporto e che erano capaci di contenere una botte.
Il luogo tipico della commercializzazione del vino era l'osteria, oggi praticamente scomparsa, ma molto diffusa in periodi a noi non molto lontani, quando, tra l'altro, assumeva anche una importante funzione socializzante.

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