di Matteo Stuppiello
La razza ovina più diffusa era l'Altamurana, successivamente affiancata dalla Siciliana, dalla Sarda e dalla Leccese.
In linea di massima, la giornata di un pastore nei mesi di ottobre-novembre iniziava alle 5 con la mungitura, la mungeteure, che durava da una a due ore. Al termine, il pastore consumava una povera colazione a base di pancotto, u ppenekutte, e vino. Poi rinfrescava la paglia negli ovili, se mbagghijeive, e preparava la cagliata, la quagghijete, sulla quale ci soffermeremo fra poco.
Messi nella bisaccia pane e formaggio, una bottiglia di acqua e una di vino, il pastore usciva per il pascolo dirigendosi ai campi a maggese, se la giornata era asciutta, a quelli incolti, la mezzene, se era piovosa, vigilando sempre affinché il gregge non entrasse in un vigneto o in un oliveto, rovinandone le colture.
Dopo due-tre ore di pascolo il gregge faceva una sosta di alcune ore in qualche campo ricco di erba. Le pecore allora si ammucchiavano, s'arrukkiavene, per poter ruminare e digerire. Finita la sosta, riprendeva il pascolo, che durava ancora tre-quattro ore, e, infine, si ritornava all'ovile per la mungitura.
Il pastore faceva passare le pecore - a una a una - lungo un corridoio fatto di pali e tavole, u mungeteure, e per tenerle ferme, quando erano irrequiete, usava un collare di legno, u nghiappateure, quindi, seduto su una panchetta, la kiankètte o la skannètte, le mungeva tenendo il secchio, la sèkkie, alla sua destra. Il latte munto veniva passato e versato in una grande caldaia in rame, u quaqquere, che veniva lasciata per tutta la notte all'aria aperta, a sserene.
La quantità di latte munto dipendeva dal pascolo e dalla varietà dell'erba ruminata: la produzione media della pecora Altamurana si aggirava sui 600 grammi giornalieri.
Il latte munto la mattina veniva aggiunto a quello della sera precedente e si faceva cagliare per ricavarne formaggio e ricotta. Veniva usato caglio di agnello, oppure - superiore in qualità - quello di capretto. Il caglio, u quagghijaridde, una volta estratto dall'animale, veniva lasciato asciugare al sole - con l'aggiunta di un pizzico di sale - per 15-20 giorni; successivamente veniva diluito con acqua calda a 40° e si conservava, con un po' di sale, in vasetti chiusi di argilla smaltata, i fesenidde. Alcuni pastori usavano anche aggiungere bucce di limone o di arancia per aromatizzarlo.
Per ottenere la ricotta, invece, si usava il siero che rimaneva dopo aver riempito tutte le fiscelle. Lo si versava in un'altra caldaia in rame - più piccola – e si riponeva un'altra volta sul fuoco fino a raggiungere gli 80° circa. Affiorata la ricotta, si copriva con un panno, la mante, per mantenere una temperatura alta, e si lasciava riposare il tutto per 15 minuti circa. Successivamente, la pasta - con un mestolo forato, la skulaturèdde - veniva versata in piccole fiscelle in giunco.
Se si voleva ottenere una maggiore quantità di ricotta, bisognava aggiungere latte vergine quando il siero era sui 60-70°.
Molto più semplice era la giornata del pastore in estate. Si alzava all'alba e con il fresco portava le pecore fuori dall'ovile - kacceive i ppèkure - a pascolare e rientrava a mattino inoltrato, evitando le ore di caldo più intenso. Il pomeriggio, quando l'aria si rinfrescava - se galzeive l'aleteine - usciva di nuovo al pascolo e rientrava definitivamente al tramonto del sole.
A maggio si procedeva all'operazione di tosatura delle pecore e il primo giorno si faceva grande festa, si uccideva un agnello e si mangiava tutti insieme.
La pecora da tosare veniva portata su un telone, la rakene, e, messa a pancia in su, veniva tosata dall'apprendista, u panzaiule; poi entrava in azione il tosatore, u tusatoure o karusatoure, che provvedeva a tagliare il manto partendo dal dorso e facendo attenzione a non lacerarlo. Quindi il lanaiolo raccoglieva il manto tagliato e lo riponeva in un grosso sacco - u lanaiule metteive u mante a la bballe.
Nei giorni successivi, ma a volte anche lo stesso giorno della tosatura, si facevano accoppiare le pecore, che partorivano in ottobre-novembre. Dopo quaranta giorni dal parto - e dopo averne allontanato gli agnellini - il pastore poteva riprendere a mungerle.
La giornata del pastore
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