di Vittorio Imbriani
Un discorso legato anch'esso alla religione dei fioretti e delle novene, delle piccole rinunce, va fatto pure per i "santini", le immagini sacre a stampa, di cui nel museo esiste una campionatura risalente al secolo scorso. Ovviamente, le stampe popolari, e, quindi, anche quelle sacre, hanno avuto origine nel periodo stesso in cui entra in uso in Occidente la stampa secondo le tecniche della silografia (su matrice di legno) e dell'acquaforte (su matrice in rame); questo procedimento sembra essere una sorta di trasposizione sulla carta degli stessi temi trattati da affreschi e rilievi nei luoghi sacri, e la riproduzione di simili pittografie svolgeva una funzione narrativa e didattica di elementi della religione istituzionale: le immagini intese come libri degli ignoranti.
La rivoluzione nella tecnica tipografica prodotta dalla litografia - nell'Ottocento - ha consentito un'esplosione della produzione di queste stampe, grazie a un'esecuzione complessivamente più veloce e meno costosa. Tali nuove opportunità hanno anche portato a delle elaborazioni più complicate e a un livello più alto di artificiosità; si potrebbe parlare, anche, di una perdita di artigianalità dal momento che, oltretutto, il colore non è più dato a mano.
I santini, per la loro funzione e la loro forma, dal confronto con le statue di cui abbiamo parlato poc’anzi, risultano una riduzione bidimensionale di esse, maneggevole e portatile; sono dei piccoli amuleti specializzati, una piccola riserva di preghiere efficaci, stampate, di solito, sul retro, spesso anche con l'indicazione delle modalità della recitazione per l'ottenimento di grazie e indulgenze.
Nel grande rigurgito di attenzione verso il folklore che si manifestò in Italia nella seconda metà del secolo scorso, numerosi furono gli studiosi che si interessarono delle stampe popolari, dall'Imbriani al D'Ancona, soprattutto al Novati, il quale determinò un criterio di catalogazione, che fu opportunamente seguito nell'ordinamento della Civica raccolta delle stampe di Bertarelli e Arrigoni a Milano, e che suddivide le stampe in quattro grandi argomenti (con relativi sottogruppi): la divinità, il mondo e le creature, l'uomo, l'aldilà.
Da allora l'attenzione alle immagini, intese come straordinario strumento di informazione su di un'epoca e sul suo contenuto artistico, ma anche sulla dimensione dell'immaginario e del costume e, in genere, della vita sociale, è diventata sempre più viva da parte delle discipline storiche. Le immagini sacre venivano distribuite soprattutto in occasioni devozionali particolari, costituivano la testimonianza della partecipazione a un pellegrinaggio o della visita a un santuario, conservavano in sé una continuazione del culto e una funzione memoriale dell'atto devozionale.
Si tratta di abitudini ancora oggi molto diffuse, le immagini vengono distribuite, per esempio, in occasione delle questue durante le feste e nelle processioni, in cambio dell'offerta; sono presenti sui vari souvenirs, dalle scarpe alle gondole ai portachiavi alle bolle di vetro; vengono dispensate in maniera capillare dai religiosi per un'ampia propaganda delle figure di santi e di beati, spesso oscuri, degni di venerazione.
I santini, le stampe sacre, vengono ormai accolti con fervore mediamente ridotto, ma nel secolo scorso, e fino a non molti decenni fa, i fedeli, molto più lautamente di oggi, ne enfatizzavano il valore apotropaico e taumaturgico. Ai santi venivano riconosciute delle specializzazioni terapeutiche peculiari oltre che l'abilità di una generica protezione: cito gli esempi molto noti di S. Giuseppe, protettore dei falegnami; di S. Antonio Abate, protettore delle bestie; di S. Cristoforo, dei viaggiatori.
Va inoltre sottolineata pure l'esistenza di una miriade di devozioni particolari e locali e delle stampe corrispondenti; esse valgono anche a difesa dalle pericolose perturbazioni naturali, come la grandine, la siccità, i terremoti, e per di più ad esse veniva richiesta la salvaguardia dal fascìno, dal potere distruttivo dell'invidia, per cui, oltre a ritrovarle nelle case, appese alle pareti o poggiate sui comò o nascoste sotto i materassi e i cuscini, le ritroviamo, accanto ad altri simboli apotropaici di tutt'altra derivazione, anche fissate alle porte delle stalle, agli ingressi degli apiari, sulle pareti dei luoghi di riparo degli animali e dei magazzini di deposito, e quasi sempre senza una previa selezione, secondo un criterio grossolanamente quantitativo.
Questa fiducia nella virtù dei santini cresceva con il loro assemblaggio, e quindi la cura della loro conservazione aveva il senso fondamentale della collezione delle rispettive abilità utili per le varie necessità dei devoti, e anche di un accumulo complessivo della potenza.(Nota)
I santini
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