Affine all'attività del bottaio era quella del barilaio. Il Catasto del 1742 menziona tale Michele Fiorente, "mastro barilaro", di 36 anni, tassato, con la moglie e due figli, per 14 once.
Il barilaio costruiva, con il legno: barili per l'acqua, i mmandègne o varreile; barilotti, i vvarelotte, e fiasche, i fiaskètte, per l'acqua e per il vino; recipienti per il mangiare dei maiali, i ttenédde; l'asse per fare il bucato, la prete; le secchie per attingere l'acqua dai pozzi, i ggalitte; cesti per misurare i cereali, i mezzètte.
I barili, i mmandègne, costruiti con legno di castagno, erano di 18 litri di capacità, e li utilizzavano gli acquaioli per il trasporto e la vendita dell'acqua attinta alle fontane pubbliche e ai pozzi: e questo fino al 1969, per quelle abitazioni ancora carenti di impianto idrico, nonostante la realizzazione dell'Acquedotto Pugliese sin dal 1923.
Fra i barilai ricordiamo: Luigi Borrelli, Vincenzo D'Angiò e i figli Giuseppe e Michele.
Il barilaio
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