Il convento di Stignano dal 1866 al 2019: la famiglia Centola, il Comune di San Marco e P. Gerardo Di Lorenzo. LEGGI
Fatta l'Italia, il convento di Santa Maria di Stignano entrò in un periodo turbolento i cui protagonisti furono Prefetti e Sottoprefetti, acritici e zelanti artefici di un cambiamento di cui non avvertivano la portata, i Frati costretti loro malgrado ad uscire dalla loro semplice e immediata visione del mondo e praticare la difficile arte del dribblare ostacoli e prevedere artifizi, gli Amministratori della città di San Marco in Lamis, liberali ma, coscienti della reale ingiustizia perpetrata verso i frati e verso la popolazione da essi servita. Sullo sfondo i briganti con le malefatte, i ricatti e la strana ma efficace concezione del rapporto col sacro che, non passando attraverso la porta stretta della conversione, puntava a giustificare rapine e omicidi anche nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Le persone più a disagio non furono i Frati, le vittime, né Prefetti e Sottoprefetti veri motori immobili di tanta rovina, ma gli Amministratori della città costretti ad equilibrarsi tra obbedienza alla legge e consapevolezza del bene comune.
D'altra parte non si poteva dimenticare il ruolo che il Santuario di Stignano aveva avuto fino alla soppressione del 1866 nella devozione mariana in tutta la Capitanata. Come molti sanno il Santuario dell'Incoronata era chiuso per la maggior parte dell'anno. Si apriva nelle domeniche, nelle feste e nel mese che iniziava alla fine di aprile a tutto maggio. Il Santuario mariano sempre aperto era quello di Stignano. Le Relationes ad Limina dei Vescovi di Lucera (disponibili in Biblioteca, dono del prof. Tommaso Nardella), diocesi a cui apparteneva il convento, durante i mesi di luglio fino alla festa dell'Assunta, il 15 agosto, inviava ben 20 sacerdoti per aiutare i Frati nel servizio delle confessioni. L'afflusso dei pellegrini nei mesi di maggio e di settembre era molto intenso e anche l'economia del convento era molto soddisfacente, come emerge dal registro dell'economia degli anni 1 marzo 1883-31 dicembre 1888. Anche la frequenza giornaliera era alquanto importante essendo il santuario su una via molto frequentata a due passi da Sansevero, Apricena, Sannicandro. Anche oggi è ritenuto dai sammarchesi come il loro santuario cittadino.
Dal 17 febbraio 1861 al 7 luglio 1866 i responsabili dell'Amministrazione Comunale di San Marco fecero il possibile e l'impossibile perché i Frati di S. Matteo e di Stignano rimanessero nei loro conventi. La storia drammatica eppur divertente degli avvenimenti è descritta nel volume Stignano (Leggi), autori Pasquale Soccio e Tommaso Nardella. I Frati di Stignano, cacciati dal convento il .... (Il 17 marzo 1861 fu fatto l'inventario dei beni presenti nel convento di Stignano. Il 5 giugno 1862 il prefetto di Foggia ordinò la chiusura del convento, dando ai frati 3 giorni di tempo per sloggiare.) si riunirono nell'Ospizio nei pressi della chiesa del Purgatorio. Ma a Prefetti e Sottoprefetti questo non bastava, i Frati dovevano sparire da Stignano e da S. Matteo e finalmente il 7 luglio 1866 l'ebbero vinta con la Legge Vacca. I beni mobili e immobili furono messi in vendita.
Stignano ebbe più fortuna di S. Matteo. Già durante il drammatico sessennio sopra ricordato la famiglia Centola, a cominciare dal famoso Marco Centola che accolse il generale Garibaldi a Melito dov'era Giudice, difese i frati come elemento importante per la vita non solo religiosa della città. Appena il Demanio lo mise in vendita, la famiglia Centola acquistò il convento e con atto del 22 maggio 1877 richiamò i Frati Minori perché continuando la loro vita di religiosi attendessero al culto della Vergine Santissima di Stignano.
I Frati rimasero a Stignano fino al 1915 quando la diminuzione dei Frati chiamati alle armi costrinse il provinciale P. Anselmo Laganaro a chiudere quella Fraternità. Il sacerdote di San Marco don Tommaso Ianzano fino al 1935 si prese cura della Chiesa con la messa domenicale e l'apertura nel mese di maggio per accogliere i pellegrini diretti a S. Michele. Poi la vecchiaia e gli acciacchi lo costrinsero a tornare in città. Il convento iniziò una rapida decadenza. I pastori ne fecero rifugio degli armenti. I pochi libri rimasti furono portati a Foggia da dove nel 1939, su interessamento del dottor Serrilli, allora preside della Provincia, furono trasportati a S. Matteo. I Frati di S. Matteo dal 1935, quando si ritirò don Tommaso Ianzano, curarono la devozione dei sabati e la festa della Vergine di Stignano.