Il prof. Tommaso Nardella e il convento di S. Matteo. Piccola storia della Biblioteca
Per quasi cinquant’anni la Fraternità Francescana di S. Matteo ha vissuto in stretta amicizia col prof. Tommaso Nardella. Presente in tutti gli avvenimenti lieti e tristi della nostra comunità, Masino è stato nostro amico e consigliere. Soprattutto ci ha aiutati a chiarire il ruolo del convento in rapporto alle problematiche culturali del territorio. Si può dire che il prof. Nardella abbia accompagnato l’evolversi della vita conventuale e del santuario verso la modernità.
Insieme al prof. Pasquale Soccio, Masino era convinto che S. Matteo, sia come convento francescano che come santuario, avesse delle potenzialità in campo culturale ancora inespresse e che, insieme ai suoi ruoli religiosi e spirituali, dovesse svolgere anche un ruolo di promozione nell’ambito del territorio garganico e dauno.
A quei tempi, siamo tra il 1960 e il 1970, il convento era anche un istituto di formazione dei giovani frati aspiranti al sacerdozio. Frequentavano il liceo classico interno. I programmi ministeriali erano rinforzati da robuste razioni di filosofia, 7 ore settimanali di filosofia scolastica insieme alle prescritte 2 ore di storia della filosofia.
Già da allora il prof. Nardella frequentava il convento, a volte accompagnato dal prof. Pasquale Soccio. La nostra biblioteca, fondata nel 1905 come corredo dello Studio di Teologia, a quell’epoca non era più una semplice biblioteca di istituto. Molti libri antichi incamerati dallo Stato in seguito alla soppressione degli Ordini religiosi erano stati restituiti dall’Amministrazione Provinciale di Foggia. Si erano aggiunte le necessarie acquisizioni per l’attività didattica e molte donazioni, inoltre si iniziava a raccogliere i residui fondi bibliotecari dei conventi siti nella Provincia di Foggia. Ai suoi inizi, nel 1905, la biblioteca aveva un catalogo di 250 volumi; nel 1970 i libri erano oltre 40.000.
La biblioteca di S. Matteo era diventata per Masino una sorta di caso di coscienza. Ne parlava sempre e dappertutto cercava alleati.
Poi qualcosa si mosse e, come spesso accade, si approfittò di alcune ricorrenze importanti per la storia del convento per impostare programmi di lungo corso. Abitualmente, si sa, gli anniversari, i centenari e ricorrenze simili vengono celebrate con iniziative altisonanti ma di facciata, irrimediabilmente epiteliali e passeggere. Ma i nostri amici non la pensavano così.
Verso il 1965 si cominciò a progettare un ampio programma religioso e culturale per ricordare la fondazione dell’Abbazia benedettina di San Giovanni in Lamis, poi Convento di S. Matteo, avvenuta, a detta di alcuni nel 567 ad opera dei Longobardi. Che i Longobardi a quella data fossero ancora ben lontani dai confini italiani non sembrò sufficiente per non celebrare un avvenimento che la tradizione diceva accaduto proprio in quell’anno. Si fece una grande Missione Popolare a S. Marco in Lamis, insieme a conferenze e concerti.
Masino, il prof. Pasquale Soccio, l’avv. Berardino Tizzani presidente dell’Amministrazione Provinciale di Foggia, insieme ad altri amici. Si misero all’opera. Tra l’altro si decise di allestire una grande mostra bibliografica sul Gargano. Inutile dire che la punta di diamante fu Masino. Si buttò a corpo morto nella ricerca e allestimento della mostra attingendo ampiamente alla sua già cospicua raccolta documentaria e bibliografica. L’avv. Tizzani, da parte sua, fece allestire a cura e spese dell’Amministrazione della Provincia una serie di bacheche in legno e vetro che sono ancora in attività nella nostra Biblioteca.
Per l’occasione furono utilizzati i locali da poco restaurati che nei secoli precedenti erano stati adibiti a ricovero delle pecore e dei cavalli del convento. La mostra ebbe un grande successo e fu pubblicata nel 1969 nei Quaderni della Capitanata a cura dal compianto Mario Simone. Alla sua inaugurazione intervennero autorità e personalità della cultura; fu invitato anche lo scrittore rodiano Giuseppe Cassieri.
Questa celebrazione centenaria innescò un processo benefico nella vita del convento. Fu restaurata la statua di S. Matteo, venne allestito il presepio artistico. Contribuì anche a puntualizzare l’annoso problema di dare una sede adeguata alla già cospicua biblioteca del convento costretta, fino a quel momento ad un alloggio malsano, stretto e pericolante posto nel piano superiore dell’ala settentrionale del convento. Si cominciò a parlare della necessità di aprire la biblioteca anche a utenti che non fossero solo frati o ecclesiastici.
L’idea fu fatta propria dalla nuova dirigenza di S. Matteo capeggiata da P. Nicola De Michele e, prima che si espletasse la rituale successione di richiesta, indagine, discussione collegiale e approvazione da parte dei nostri dirigenti, già dal 1969 s’iniziò a disporre i libri utilizzando una ulteriore provvidenziale fornitura di scaffali metallici donati dall’Amministrazione Provinciale.
Intanto Masino e il prof. Soccio davano la loro disponibilità tecnica e morale e tessevano una rete di rapporti che comprendeva anche il dott. Angelo Celuzza, Direttore della Biblioteca Provinciale di Foggia, e la sovrintendenza ai beni librari della Regione. Furono pubblicati anche dei piccoli saggi sulla storia del convento.
Nel 1970 il nostro Capitolo Provinciale decise la costituzione di tre biblioteche maggiori della Provincia monastica dei Frati Minori di Puglia e Molise. Oltre a quella di S. Matteo, furono istituite la biblioteca di Castellana Grotte nel convento della Madonna della Vetrana e quella di Campobasso, nel convento di S. Giovanni dei Gelsi.
La biblioteca di S. Matteo fu intitolata a P. Antonio Fania da Rignano, un frate della nostra Provincia monastica che, a detta di P. Agostino Gemelli, scrisse poco, ma fece scrivere molto. A lui si deve, infatti, la ristrutturazione degli studi nell’Ordine e, in qualche maniera, la fondazione dell’Ateneo Antoniano di Roma, oggi Università Pontificia Antonianum.
Quest’ultima decisione fu accolta da Masino con grande soddisfazione e gioia. Il detto padre, infatti, vissuto tra la prima e la seconda metà dell’800, aveva rapporti di grande amicizia con gli ambienti culturali romani e italiani in genere; fra i suoi amici più cari lo scrittore Pietro Giordani, con cui aveva intessuto una intensa relazione epistolare, e l’altro grande liberale garganico Gian Tommaso Giordano di cui aveva scritto una biografia rimasta inedita nell’Archivio Provinciale dei Frati Minori a Foggia.
Masino parlava del P. Fania come di un grande liberale, vittima dell’oscurantismo clericale ottocentesco. Infatti, benché designato dal Capitolo Generale come nuovo Ministro Generale di tutto l’ordine dei Frati Minori, e benché fosse amico personale di Pio IX, il Padre ne era stato impedito dal secco divieto della curia papale per i suoi noti rapporti con i liberali. Masino amava metterlo accanto all’altro Frate a lui caro a cui il Re di Napoli Ferdinando IV alla fine del Settecento aveva impedito, negandogli il regio placet, che fosse rieletto Ministro Provinciale dei Frati di Puglia e Molise. Questo frate si chiamava Padre Michelangelo Manicone che per Masino era il Frate giacobino. Per conto mio, quando Masino veniva nella biblioteca di S. Matteo lo ricambiavo con un foglietto manoscritto, reperito in non ricordo quale libro, in cui si lanciavano invettive contro falsi patrioti e liberali.
Navigando, intellettualmente parlando, nell’insidioso ottocentesco mare di giacobini, briganti, liberali, preti e generali, Masino trovava il porto sicuro della sua biblioteca e nella nostra.
Per quanto riguarda la sua biblioteca Masino era guidato dai tre classici concetti, che funzionavano, tuttavia, in modo fortemente personale: l’accrescimento, la conservazione e l’utilizzo.
Il desiderio di far crescere le sue raccolte impegnava tutta la sua vigile intelligenza nel carpire segnali di disponibilità da parte di parenti, amici, rigattieri, scopritori di cose nuove. Innumerevoli le soffitte ripulite e i cataloghi degli antiquari minuziosamente esaminati. Se la disponibilità tardava, Masino ricorreva a una impressionante quantità di espedienti retorici, allusioni, verità sapientemente accompagnate da riferimenti a persone e avvenimenti. Il poveretto all’inizio si sentiva assediato, poi si convinceva di essere in minoranza, come se da un fluire di cose importanti fosse escluso solo lui. La cosa era al limite del plagio. Poi uno ci ripensava: in fondo questi libri stanno meglio in una biblioteca, anche se privata, che rischiare di essere dispersi o peggio.
Documenti d’archivio, libri, opuscoli, fotografie, incisioni, cimeli facevano parte di un universo sistematico in cui si tesseva la storia di S. Marco, del Gargano e della Capitanata.
Eguale cura metteva nel conservare. In questo era un romantico; legato a doppio filo alla fisicità del libro, del documento, dell’oggetto. Volentieri, se ne aveva genio e in caso di necessità, faceva vedere qualcosa, con cui tuttavia amava conservare il contatto fisico. Per lui il bibliotecario ideale era l’avv. Giambattista Gifuni, dal 1930 Direttore della Biblioteca Bonghi di Lucera. Narrava Masino che quando gli chiedeva un libro, anche per la semplice consultazione, l’avvocato prelevava il titolo desiderato, lo sfogliava pagina per pagina, tornava a guardarselo, lo porgeva, lo riprendeva esibendo tutta una complessa ritualità con cui voleva dire che ben a malincuore fisicamente si separava, anche se per una mezz’ora, da un bene così prezioso.
Da parte sua, quando Masino nella sua biblioteca parlava di qualche argomento importante, esibiva sempre i suoi argomenti proponendoti con precisione i suoi libri e i suoi documenti. Saliti alcuni gradini della scala sempre pronta, prendeva. a memoria il libro con una delicatezza che a tutta prima sembrava alquanto estranea al suo naturale carattere; poi te lo sventolava sotto il naso alla pagina giusta, lo richiudeva e lo metteva sul tavolino ma con una mano sopra perché non avessi l’idea di afferrarlo e verificare di persona.
Per quanto riguardava l’utilizzo della sua biblioteca, tutti sanno che non l’aveva progettata come una biblioteca pubblica. Era la sua biblioteca. Nello stesso tempo il rapporto con essa era rispettoso e persino guardingo. La percepiva come se fosse dotata di una sua personalità autonoma; capace da se stessa di dettare condizioni. Non era, tuttavia, la biblioteca de Il Nome della Rosa, disposta a distruggere e autodistruggersi, pur di conservare gelosa i suoi segreti. La biblioteca di Masino aveva una disperata propensione a parlare, a farsi conoscere, a rivelare le sue profondità e le sue ricchezze. Si capisce come negli ultimi decenni della sua vita, Masino abbia dedicato molto tempo alla pubblicazione di alcuni dei suoi molti preziosi documenti. Più che un hortus conclusus, aperto solo a pochi privilegiati, Masino intendeva la sua biblioteca come un sancta sanctorum, dove solo lui, novello Sommo Sacerdote, poteva accedere.
Cosa pensa oggi Masino dell’intenzione dei suoi figli di mettere tanto tesoro a disposizione di tutti? Non sappiamo come nell’altra vita si svolgano i processi mentali. Son sicuro che interrogato, risponderebbe con le parole del Maestro della Scuola Francescana, Giovanni Duns Scoto in processu generationis humanae semper crevit notitia veritatis, la conoscenza della verità progredisce col fluire della storia. Credo che per primo riderebbe di se stesso ripetendo uno degli aforismi che gli erano cari, solo gli sciocchi non cambiano mai opinione.
Intanto la nostra biblioteca di S. Matteo cresceva. La vecchia biblioteca posta al piano superiore, lato settentrionale, era stata svuotata. I libri avevano invaso tutti i locali a piano terra, crescevano gli utenti.
Il convento di S. Matteo era maturo per una ripresa culturale di maggior respiro. L’occasione fu ancora una volta una ricorrenza centenaria: il IV centenario della venuta dei Frati Minori nella vecchia abbazia benedettina, nel 1578. Nel 1977 Masino, il prof. Pasquale Soccio e altri amici, insieme alla Fraternità di S. Matteo stilarono un poderoso programma culturale della durata di tre anni. Il primo convegno di studi si fece nello stesso anno 1978, dedicato a vari argomenti, tutti attinenti la vita e la storia del Santuario: la pietà popolare, la storia, l’archeologia, l’arte. Il secondo, del 1979 fu dedicato all’archeologia del Gargano. Il terzo, del 1980, ebbe come protagonista, la storia francescana della Capitanata. Tutta questa attività ebbe come padre nobile il prof. Soccio, ma fu Masino il direttore generale, che telefonava, cercava contatti con studiosi e istituti, che coinvolgeva gli istituti di ricerca a cui lui stesso aderiva, la Società di Storia Patria per la Puglia, la Società di Studi risorgimentali ecc. Era il punto di riferimento per la redazione dei programmi generali della biblioteca e per quelli specifici dei convegni. Con grande liberalità ci ha messo a disposizione le sue molte e qualificate amicizie. Per merito suo il Santuario di S. Matteo espresse una grande quantità di interessi culturali che in seguito furono coltivati, e sono tuttora coltivati, da specialisti di diverse Università.
Al termine di questo vasto programma Masino fu dichiarato figlio Spirituale dell’Ordine dal Ministro Generale dell’Ordine, Fr. Joannes Vaughn, e in qualche modo aggregato ad esso. L’onorificenza, data anche al prof. Soccio, fu sempre l’unica che Masino apprezzasse.
Altro momento importante fu agli inizi degli anni ’90 quando la Biblioteca fu incaricata dalla Comunità Montana del Gargano di curare un repertorio bibliografico sul Gargano utilizzando i fondi librari di S. Matteo e della Biblioteca Nardella. Il Gruppo di Studio era costituito da Masino, dal prof. Giuseppe Soccio e da me. Si trattava, essenzialmente di far sintesi di un lavoro di ricerca ultra ventennale fatto su opere antiche e moderne, alcune delle quali di difficilissimo reperimento. Inutile dire che il volume prodotto ancora oggi rappresenta, con tutti i limiti dell’età, un validissimo strumento di lavoro per i ricercatori.
In quella circostanza fece il suo ingresso in biblioteca come protagonista il computer. Naturalmente Masino, che in questo non ha mai cambiato opinione, è rimasto alla sua carta e alla sua penna con limitate concessioni alla macchina dattilografica. I suoi studi erano stesi su fogli, che lui poi appiccicava l’uno di seguito all’altro costruendo una lunghissima striscia piegata a fisarmonica di difficilissima gestione, piena zeppa di correzioni, accrescimenti, ripensamenti. Quando veniva a S. Matteo guardava i computer con sospetto, e, forse, non aveva tutti i torti.
Tra una cosa e l’altra la Biblioteca di S. Matteo cresceva in quantità e in ruoli. Masino è stato sempre a nostro fianco con l’incoraggiamento, il consiglio, spesso con interventi correttivi. Ci ha aperto tante strade e tante porte. In questi ultimi anni la biblioteca è cresciuta ulteriormente anche nel settore dei beni culturali. Diverse sezioni di questi beni hanno usufruito del suo contributo. La sezione di archivistica, per es., è stata arricchita dell’intero complesso delle relationes ad limina delle diocesi di Capitanata che Masino ha acquistato in microfilm, spendendo un bel gruzzolo, e donate alla biblioteca di S. Matteo.
Al prof. Tommaso Nardella la Fraternità Francescana di S. Matteo deve un ringraziamento particolare perché il suo non è stato un normale rapporto di collaborazione. Masino ha vissuto sempre in forte simbiosi con noi soprattutto nei momenti difficili che non mancano neppure nelle comunità religiose. Anche in quei casi la sua presenza è stata sempre positiva con l’incoraggiamento e il consiglio. A volte la sua irruenza ha rimosso ostacoli che sembravano insormontabili.
L’ultima presenza pubblica a S. Matteo fu all’inaugurazione di una ultima ricorrenza centenaria, nel 2005: cento anni dal ritorno dei Frati Minori a S. Matteo dopo la parentesi della soppressione. Si ricordava anche i cento anni della biblioteca di S. Matteo.
In quel tempo Masino non era in condizioni fisiche ottimali; dopo qualche settimana, infatti, fu operato alla gola. Volle essere presente all’inaugurazione con un breve, incisivo e applaudito intervento su San Marco, città fra due conventi. Visse quel momento con gioia fanciullesca. Era felice di ritrovarsi in luoghi conosciuti in cui aveva pensato e lavorato, dove aveva vissuto il dono inestimabile dell’amicizia. In quell’occasione, riferendosi alla crescita che il convento aveva avuto negli ultimi cento anni, da vecchio liberale che sapeva i fatti della storia, diceva soddisfatto: con la soppressione pensavamo di avervi tolto tutto, ma poi ve lo siete ripreso con gli interessi.
Ora il nostro amico non è più. Ma ci ha lasciato un prezioso testimone. Il nostro Gruppo di studio della Biblioteca è opera sua. Abbiamo cominciato con un gruppo quasi familiare. Ora questo gruppo conta oltre venti studiosi che curano le pubblicazioni, preparano i convegni di studio, partecipano ad attività varie, si prestano alle attività didattiche, è disponibile non solo alle iniziative culturali, ma anche a tutte le necessità del convento e del santuario. Per merito di Masino la nostra Fraternità Francescana è diventata una grande famiglia dalle molte sfaccettature e dai molti ruoli.
Oggi i tempi sono tristi, e non solo a causa dell’economia.
Voglio solo sperare che questa eredità, dopo di noi, trovi ancora estimatori.
P. Mario Villani
San Marco in Lamis, 11 maggio 2013
Tommaso Nardella e la Biblioteca
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