Compi Sud - Convegno - L’evangelizzazione francescana nel Sud Italia tra Memoria e Profezia
Campora S. Giovanni, Amantea (CS) - 10-12 marzo 2011
Lo stile dell’evangelizzazione francescana in Puglia

Lo stile dell’evangelizzazione dal 1897 al 1960
Nelle chiese conventuali
Nel 1897, con la bolla Felicitate quadam di Leone XIII, le province francescane pugliesi di S. Michele Arcangelo di Puglia e Molise, e quella salentina di Santa Maria, ricominciarono il loro cammino partendo dalla comune eredità sanfrancescana, osservante, riformata e alcantarina. Nella Provincia di S. Michele Arcangelo il quadro iniziale era reso più problematico e, insieme, più ricco dall’estensione territoriale della nuova Provincia che comprendeva una zona geografica che ricopriva ben tre regioni: dalla riva destra del fiume Sangro nell’Abruzzo meridionale, passava per il Molise e la Capitanata, arrivando all’estremità meridionale della provincia di Bari. Nonostante tutto il cammino di fusione, pur con le note difficoltà, è andato avanti.
Il cammino dell’evangelizzazione non poteva non tener conto di questa realtà geografica e umana così diversificata per tradizioni culturali, condizioni ambientali, assetti sociali ed economici. La regione molisana e quella dauna erano caratterizzate da prevalenza di montagne e da un’economia agro-pastorale. La Terra di Bari e il Salento erano dotati di una orografia e da un clima più dolci e da un’economia basata, oltre che sull’agricoltura, anche su attività artigianali, marittime e industriali.
Nelle città l'azione apostolica delle fraternità religiose si svolgeva con una robusta catechesi sui temi più importanti sulla scorta metodologica e sistematica dettata dalla tradizione francescana. Per questo si utilizzavano tutti i momenti forti offerti dall'anno liturgico e dal susseguirsi delle pratiche devozionali (tridui, novene, tredicina a S. Antonio di Padova, feste francescane, ecc.). Nelle chiese francescane non mancava mai l'omelia nelle messe domenicali. Si curava con grande diligenza il TOF e le altre aggregazioni francescane. I grandi eventi del XX secolo (Centenario morte S: Francesco - Centenario morte S. Antonio - Giubilei - Dogma Assunta -Peregrinatio – ecc.) sono stati ricordati con nutriti programmi non solo celebrativi, ma soprattutto formativi e culturali. Basti pensare a quanto realizzato a Foggia per opera del TOF di Gesù e Maria sia nel centenario francescano del 1881, sia in quello del 1927. Uno delle caratteristiche più importanti dell'azione pastorale delle fraternità site nelle città consisteva nel fatto che non era diretta a un quartiere, o distretto particolarmente unito intorno alla casa religiosa, ma a tutta la città. Le chiese dei Frati erano particolarmente frequentate anche per la facilità con cui si poteva avere a disposizione un confessore o qualche sacerdote con cui confidarsi. Molte di queste chiese, pur non essendo parrocchie, avevano organizzato un servizio di catechesi che si sviluppava lungo tutto il corso dell’anno coprendo tutte le fasce di età della popolazione giovanile dai bimbi delle elementari ai giovani universitari. In genere i parroci lasciavano fare, anche perché, almeno fino agli anni ’70 il loro impegno catechetico di base non andava oltre la preparazione alla Prima Comunione.
Nei conventi siti in piccoli centri rurali o in campagna il campo dell'evangelizzazione erano soprattutto i contadini e i pastori. All’interno degli abitati l’impegno non era diverso da quello svolto nelle chiese francescane delle città. A ciò si aggiungeva la disponibilità dei frati a coprire buona parte dei bisogni spirituali dei contadini e dei pastori: come portare gli ultimi sacramenti ai morenti, spesso lontani diversi chilometri da percorrere a piedi per sentieri e mulattiere, confessione e comunione nel primo venerdì del mese, visita pasquale con benedizione delle case e delle famiglie. Si approfittava per fare un po’ di catechismo, per stabilire un rapporto minimo tra le famiglie e il parroco. Tutto il territorio era percorso in lungo e in largo. L'evangelizzazione avveniva sulla base di una semplicità e confidenza senza pari. Gli uomini e le donne, confinati per mesi nelle campagne, parlavano, e ascoltavano. La stessa cosa avveniva quando i Fratelli Laici si recavano in campagna per la questua del grano, del formaggio, dell'olio, del vino, della lana ecc. I contadini facevano con gioia la loro povera offerta. Il Fratello laico era, spesso, l'unico contatto che avevano da lungo tempo con la realtà religiosa; pregavano, ascoltavano una parola detta in dialetto.
Alcune chiese conventuali site in città erano, come lo sono tuttora, dei santuari cittadini che i fedeli e lo stesso clero che curava le parrocchie consideravano il vero centro spirituale della città. Questi santuari avevano stabilito un rapporto abituale e molto creativo con la realtà locale con un’azione catechetica e formativa continua e spesso molto organizzata e iniziative varie.
Altri Santuari avevano un rapporto con un bacino molto più vasto che si estendeva ai paesi vicini, o alla Provincia civile, o a un territorio che abbracciava diverse regioni. In questi santuari fino al 1970 la frequenza dei fedeli si ingrossava soprattutto nella stagione primaverile e in qualche mese del primo autunno. La catechesi era di necessità più generale e meno mirata e caratterizzata di quanto lo fosse nelle città e nelle campagne. Molto alta era la richiesta di confessione e di colloquio.
Nella Chiesa locale e in territorio nazionale
A questo tipo di evangelizzazione per così dire stanziale, centrata sulla propria chiesa e sul proprio convento, rivolta di preferenza al territorio circostante, si affiancavano le iniziative evangelizzanti di più vasto respiro. Per questo anche le Province Francescane pugliesi favorirono la formazione di un gruppo di frati dedito prevalentemente alla predicazione. Questi gruppi erano motivati essenzialmente dalla consapevolezza dell’importanza del ruolo a loro affidato e dalla responsabilità verso i fedeli. Perciò i binari da cui prendevano le mosse erano una puntuale e profonda preparazione teologica e spirituale, filosofica, storica, letteraria e, non di rado, anche scientifica; e da un’accurata preparazione tecnica professionale che prevedeva la conoscenza del territorio, la capacità di articolare un discorso denso e conseguente, linguisticamente ineccepibile, la confidenza con gli accorgimenti retorici e fonetici necessari. Dai primi decenni del secolo scorso i predicatori si aprirono anche alla vasta gamma dei problemi sociali. Per questo motivo alcuni di essi furono anche cultori stimati di storia, autori di opere teologiche, filosofiche e letterarie, nonché animatori di gruppi impegnati in problemi sociali. Queste figure ebbero l’importante compito di ridare slancio non solo alla predicazione, ma anche a quella speciale forma che è l’evangelizzazione attraverso la cultura. Negli ultimi decenni del sec. XIX e in buona parte del sec. XX, quando sembrava che alla Chiesa fossero riservati ben pochi spazi di espressione, furono loro, i nostri predicatori, con la loro presenza attiva e decisa nell’agone delle lettere, delle scienze e dell’arte, a reclamare con forza il diritto di stabilire in modo paritario e senza timidezze, né condizionamenti il confronto con la cultura dominante, ridando a tutto il movimento francescano pugliese la consapevolezza della proprie forza derivante certo da una fede sconfinata, ma anche dalla storia e dai maestri.
Nella Provincia salentina è vivo il ricordo di P. Bonaventura Gigli da Ugento (1827-1917) di provenienza alcantarina, il quale dedicò la sua lunga vita all’insegnamento e all’educazione dei giovani frati, a cui trasmise alti principi di bontà e di scienza. Nel 1867 pubblicò a Napoli un Trattato teologico sulla Chiesa che gli valse un lusinghiero giudizio della Civiltà Cattolica. Scrisse altre opere che rimasero manoscritte. P. Bonaventura Gigli è la personalità più rappresentativa della scuola filosofico-teologica, è il caposcuola dei Frati Minori salentini tra ‘800 e ‘900 e come francescano e sacerdote ebbe la ventura di vivere da protagonista in avvenimenti che, sotto aspetti diversi, tracciarono solchi profondi nella storia della Chiesa, dell’Ordine e dell’Italia (L. De Santis, P. Bonaventura Gigli da Ugento (1827-1917), filosofo e teologo francescano, Conferenza tenuta presso il Convento S. Maria degli Angeli Casarano il 28 settembre 2009, pp. 1-16.).
Altri due frati salentini particolarmente benemeriti dell’evangelizzazione della cultura e per mezzo della cultura furono P. A. Primaldo Coco e P. Benigno Perrone, due persone universalmente conosciute. Le loro opere storiche hanno inaugurato, e non solo nella Provincia salentina ma anche in quella di S. Michele Arcangelo, una felice stagione di studi dedicati alla storia francescana della Puglia nelle sue varie componenti. Questa stagione continua tuttora con diversi frati di ambedue le Province pugliesi impegnati, come possono naturalmente, nel campo della ricerca storica; un luogo difficile dove continuamente bisogna fare i conti con un universo vario e variabile, spesso ripieno di ideologie e luoghi comuni, dove spesso s’ignorano le fonti e lo stesso dizionario essenziale. A noi, tuttavia, non è permesso entrare in questo campo se non con l’autentico spirito francescano di mitezza, di collaborazione, di capacità di ascolto per cogliere anche i barlumi di aperture e i frammenti di vero che lo Spirito Santo dissemina anche nei luoghi più remoti.
Anche la nostra Provincia di S. Michele ha avuto in P. Doroteo Forte una luminosa figura di predicatore e insieme di storico. Predicò per quasi quarant’anni, dalla fine degli anni ’30 fin quasi al 1980, fin quando, cioè, l’interesse per la storia della Provincia non lo assorbì. La sua parola accurata, piena di dottrina e di sentimento, ma anche facile e diretta non gli consentiva di rimanere troppo tempo al riparo delle mura conventuali. Il suo essere predicatore traspare talvolta nelle opere storiche. Ma sono degli sprazzi umani che attutiscono qua e là la consequenzialità della esposizione e la freddezza del documento.
Nel 1897 era ancora vivo il ricordo di un grande predicatore della nostra Provincia, P. Antonio Fania di Rignano Garganico. Tra le sue molteplici incombenze, Ministro Provinciale, Segretario generale e Procuratore dell'Ordine, ecc. trovava il tempo di predicare, soprattutto trattando il suo tema preferito: l'Immacolata Concezione di Maria. Era stato, tra l'altro, inserito nel numero di teologi incaricati di redigere la Costituzione apostolica Ineffabilis Deus con cui Pio IX definì il dogma dell'Immacolato concepimento di Maria. Di lui si conservano una novena all'Immacolata, alcuni discorsi sullo stesso tema, una dotta disquisizione sull'arte della predicazione, opere sulla lingua italiana e una serie di appunti per una biografia non terminata del suo amico Gian Tommaso Giordani. L’amicizia con Gian Tommaso Giordani, antico liberale, e la frequentazione romana di ambienti simpatizzanti per l’unità d’Italia, gli costarono la elezione a Ministro Generale dell’Ordine. Alla fine del sec. XIX era molto attivo P. Agostino Cimino, in seguito Ministro Provinciale. Tra le altre pregevoli pubblicazioni, ci ha lasciato anche un volume di Panegirici e un quaresimale rimasto inedito.
Altro personaggio che alla predicazione accoppiava un robusto impegno scientifico fu P. Diomede Scaramuzzi. Nella prima parte della sua vita, fino al 1930, si dedicò intensamente alla predicazione in tutta Italia, soprattutto a Roma. Spesso si recava oltre confine, in Dalmazia, in Svizzera, fino a Costantinopoli dove un giornale locale gli dedicò grandi servizi in occasione del suo ciclo di predicazione nella Chiesa di S. Antonio del Padri Conventuali, sita nel bel mezzo del quartiere Pera. Come Direttore dell'Ufficio Stampa dell'Ordine, partecipava a Congressi, giornate di studio, conferenze. Una sua conferenza sull'attualità di S. Francesco, tenuta a Napoli, attirò l'attenzione di Benedetto Croce di cui P. Diomede divenne amico. Si distinse per l’opera, faticosa, che portò alla proclamazione a Dottore della Chiesa Universale di S. Antonio di Padova. Le sue prediche, tutte puntigliosamente scritte a mano e imparate a memoria, sono patrimonio della Biblioteca di S. Matteo. Qualche anno fa alcuni discorsi eucaristici inediti sono stati pubblicati insieme alle sue lezioni di sacramentaria, a cura dei proff. Domenico Scaramuzzi e Tonino Impagliatelli, nella collana Testi della Biblioteca.
Contemporaneamente si maturava un'altra grande figura di predicatore, P. Gabriele Moscarella. Percorse molte regioni italiane; tutte le città della Capitanata, del Molise e della Terra di Bari lo hanno conosciuto. Era dotato di profonda conoscenza della teologia che proponeva portandola con semplicità ai livelli dei suoi ascoltatori; spesso sulla sua bocca la parola di Dio si tingeva dei foschi colori della drammatica attualità nella quale la predicazione del P. Moscarella si svolgeva. Spesso veniva impegnato in conferenze rivolte soprattutto al mondo degli intellettuali. P. Gabriele ci ha lasciato un nutrito gruppo di pubblicazioni teologiche, spirituali e storiche. Ci ha lasciato poche prediche integralmante scritte, ma moltissimi appunti e canovacci accuratamente delineati, raccolti in cinque grossi faldoni, scritti su carta riciclata, buste da lettera rovesciate, carte variamente raccolte. Da tutto l'insieme emerge la figura di un frate povero e umile, ricco solo di umanità francescana e della parola di Dio.
Un’altra bellissima figura di operaio del Vangelo che alla passione di predicare la Parola di Dio nel difficile ambiente italiano a cavallo dei due secoli, accoppiava un’affascinante e forbita oratoria abbellita dallo stile di francescano e dal tratto signorile era P. Andrea Capocelli, salentino. Di lui i confratelli amano ricordare la indefessa dedizione nella varie Missioni popolari e l’opera di animazione del Terz’Ordine Francescano nel quale vedeva il luogo di riaffermazione dei principi cristiani contro le forme volgari dell’anticlericalismo ottocentesco e il presupposto socio-politico ispiratore del Partito Popolare Italiano. Egli, infatti, e la Chiesa salentina interpretano la carica sociale della Regola del TOF come idea guida del Partito Popolare Italiano, e la spiritualità del TOF come modello di pietà cristocentrica per l’Azione Cattolica e come superamento del 'bizzochismo' nell’Italia meridionale. Voglio ricordare, a questo proposito, alcuni preziosi opuscoli editi durante l’ultimo decennio del sec. XIX dove il Terz’Ordine Francescano era presentato con i nomi di Democrazia Cristiana e di Azione Cattolica.
Al P. Moscarella si affiancarono altre belle figure di predicatori professionisti quali P. Leopoldo Nardone, di cui fu pubblicato un bel discorso per l'inaugurazione dell'organo nella chiesa francescana dell'Annunziata di Genova, P. Pacifico Stragapede, P. Giacomo Melillo, P. Pancrazio Modugno, P. Paolino Castrillo. Intorno a lui crebbe una nuova classe di predicatori, giovani e ben preparati nella scuola di Oratoria del Collegio di Grottaferrata: P. Alfonso Sciscenti, P. Edoardo Novielli, e P. Mariano De Cata, che è ancora fra noi.
Tutti questi frati erano a disposizione del P. Provinciale, il quale riceveva le proposte di predicazione, accertava la disponibilità del predicatore e gli inviava l'obbedienza. La Provincia era presente in tutti i grandi cicli di predicazione delle nostre terre e spesso anche in regioni lontane. Tutti questi frati esercitavano il compito della predicazione sobbarcandosi a faticosi e gravi sacrifici personali, contenti solo di portare la parola di Dio. Spesso i loro alloggi erano malandate e freddissime soffitte e il vitto... quel che passava il parroco. A un certo punto della storia, la Provincia Francescana pensò di istituzionalizzarli creando un Collegio di Predicatori sotto la direzione di P. Gabriele Moscarella. Il Collegio fu inserito nella Fraternità di S. Maria delle Grazie a Manfredonia. Durò qualche triennio, poi si dissolse.
Nella Provincia salentina si sviluppò anche una particolare forma di evangelizzazione attraverso la musica e l’arte. L’idea, certamente non nuova, trovò tra i frati salentini particolare accoglienza. I due maggiori cultori, nella seconda metà del sec. XIX furono P. Serafino Marinosci, musicista e P. Pietro Antonio Flora, pittore e scultore. P. Serafino s’inserì con equilibrio ed efficacia nel rinnovamento musicale voluto da Pio X nel 1903 con l’Inter pastoralis muneris sollecitudines e attraverso le sue numerose composizioni riuscì a fondere l’antico con il moderno e seppe rendere la musica liturgica piacevole, solenne e degna dei sacri riti. P. Marinosci raggiunge i vertici della sua ispirazione evocando l’atmosfera dolorosa e altamente drammatica del Golgota e facendo rivivere il fascino e il tormento della Vergine ne Le Ore di Maria desolata e soprattutto nelle due Via Crucis e ne Le sette parole di N. S. Gesù Cristo. Anche nella nostra Provincia di S. Michele la Via Crucis di Marinosci è stata in repertorio per molti anni. La struggente Stazione X, col suo andare incalzante e descrittivo, era il cavallo di battaglia dei più dotati. L’eredità del P. Marinosci continua con il Gruppo Madrigalistico Salentino, fondato dal P. Igino Ettore, e diretto oggi dal M. P. Ermanno Schifone.
P. Pietro Antonio Flora, da parte sua, completati gli studi filosofici e teologici, ebbe dai superiori il permesso di dedicarsi all’arte. Nel clima della Napoli post-unitaria, P. Flora s’inserì nell’ambiente artistico partenopeo, partecipò con successo a varie Mostre internazionali e suscitò nel popolo il desiderio di possedere qualcuna delle sue opere di carattere religioso. Si era specializzato in raffigurazioni del Bambin Gesù che gli fruttavano anche qualche soldo che impiegava per la sopravvivenza dei suoi confratelli mortificati dalla soppressione del 1866. I frutti di cera dagli effetti luminosi e cromatici, i suoi Bambinelli rosei e paffuti e i profili soavi e assorti dei Crocifissi e dei Santi dimostrano come le opere di P. Pietro Antonio non sono solo il frutto di una raffinata tecnica scultorea, ma nascono dal cuore e dall’amore di un Frate devoto verso la natura, forma visibile del Sommo Bene, e verso l’uomo, immagine dell’Eterno.
Il venerabile Fr. Giuseppe M. Ghezzi (Lecce 1872-1955), infine, nella sua semplicità e nella sua itineranza missionaria all’interno dei nostri paesi ha dimostrato concretamente che il più valido strumento di evangelizzazione è vivere nella santità, attraverso l’esercizio eroico delle virtù cristiane e francescane . A questa bellissima e santa immagine, patrimonio dell’intero Ordine Serafico, vorrei abbinare, con le stesse motivazioni, il nostro P. Agostino Castrillo, Vescovo, Servo di Dio il quale da parroco di Gesù e Maria in Foggia, da Ministro provinciale, da direttore di spirito e da Vescovo ha fatto dell’evangelizzazione la sua ragione di vita, fino all’ultima testimonianza resa sul letto del dolore.
Evangelizzazione dopo il 1960
Intorno agli anni ’60 la predicazione tradizionale entrò in crisi.
La moltiplicazione delle parrocchie portò nella nostra Provincia profondi cambiamenti nell’impostazione tradizionale basata su pietà popolare, quaresima e altri grandi cicli di predicazione e missioni popolari. La prospettiva evangelizzatrice perse in gran parte il particolare aspetto creativo derivante dalla varietà delle feste e delle ricorrenze affrancandosi, anche se non ne ha mai perso i contatti, dalla stretta relazione con la pietà popolare..
Ne scaturì anche il ridimensionamento del ruolo del predicatore, inteso non più come un professionista della comunicazione religiosa; e pregiudicò anche il sistema formativo consolidato che accompagnava il predicatore alla conoscenza e all’uso degli strumenti culturali e retorici necessari.
La predicazione divenne più biblica, densa di contenuti teologici e maggiormente aperta alle istanze religiose e sociali del territorio, più piana, meno enfatica e più discorsiva, certamente aiutata in questo dalla più puntuale e profonda preparazione delle nuove leve sacerdotali.
Insieme alle parrocchie crebbero altri ambienti di evangelizzazione. Diversi conventi ospitarono istituti educativi per l’infanzia e l’adolescenza.
Alcuni frati si dedicarono alla scuola, la maggior parte come insegnanti di religione, altri come docenti di filosofia, lettere, scienze. Oggi il rapporto con la scuola si è praticamente spento con la perdita di una opportunità di grande valore formativo.
Altro campo di azione oggi in espansione è quello degli ospedali, delle carceri, del recupero degli emarginati e dei tossico dipendenti.
Nel campo della formazione e degli studi bisogna segnalare la rinascita degli studi scotistici ad opera di P. Giovanni Lauriola e il suo Centro Studi scotistici del convento Madonna della Vetrana di Castellana Grotte. Al beato Giovanni Duns Scoto P. Giovanni ha dedicato tutto il suo impegno di ricercatore sobbarcandosi anche il gravoso compito di divulgatore della dottrina di Scoto soprattutto nel campo della spiritualità francescana e della ecclesiologia. Gli studi di P. Giovanni stanno provocando un profondo ripensamento sull’importanza degli studi relativi alle grandi figure della storia francescana come indispensabili fondamenti di qualsiasi essere nel mondo di un francescano che voglia veramente essere tale.
Nel campo dell’arte, sempre nella Provincia di S. Michele, si sono distinti P. Paolo Manocchio e P. Tommaso Rignanese. Nel fervore creativo innescato dal concilio Vaticano II, si sono intraprese anche diverse iniziative per favorire la musica Liturgica con la Sagra Nazionale del Canto Liturgico animata in diverse edizioni da P. Leonardo di Pinto. Da trent’anni nel Santuario di S. Matteo, nell’ambito delle attività della Biblioteca, è stato fondato il Gruppo Gregoriano che cura il servizio liturgico ogni domenica, triduo pasquale, tempo di Natale, feste francescane col canto gregoriano. A volte fa anche dei concerti.
Anche nella nostra Provincia sono state istituite organizzazioni che s’interessano delle vocazioni e delle missioni ad gentes. Quest’ultima rappresenta una novità per la Provincia di S. Michele Arcangelo. Infatti la nostra Provincia ha avuto con le Missioni estere sempre un rapporto episodico e poco organico. Anche nei tempi passati ci sono stati missionari in Corea, in Cina, in Brasile, negli Stati Uniti d’America, in Terra Santa ecc.; ma solo da qualche tempo la Missione è diventata progetto e, quel che è più importante, è entrata nella mentalità come scelta non più estemporanea, ma del tutto ordinaria. Nella provincia salentina, invece, la missione ad gentes è ormai una realtà consolidata. La Missione di Formosa (Taiwain), è ormai Provincia autonoma, dove ancora presta la sua opera P. Alberto Papa, che si è reso particolarmente benemerito per la scoperta e lo studio della lingua aborigena Atayal. Attualmente P. Alberto è impegnato, su mandato della Conferenza Episcopale Cinese, nella traduzione dei testi liturgici in tale lingua.
E’ stata riscoperta la grande importanza delle missioni popolari.
Un discorso particolare meriterebbero i Santuari alcuni dei quali inseriti in percorsi di grande respiro nazionale e internazionale: quello della Madonna del Pozzo a Capurso e, specialmente quello di S. Matteo sul Gargano. Il Santuario del Beato Giacomo, prossimo Santo, a Bitetto è il centro spirituale della Provincia. Poi ci sono i Santuari cittadini che, però, hanno un forte legame con le comunità di emigrati sparse in tutto il mondo. L’azione pastorale dei Santuari ha, ovviamente, un forte legame con la devozione popolare. Negli ultimi decenni i pellegrini hanno mostrato sempre maggiore interesse a una catechesi nutrita di contenuti biblici, e sono maggiormente disposti a guardare nel Santo il testimone della Parola che trasforma e santifica.
Un appunto extravagante: le Biblioteche
Ma dagli appunti che P. Luigi De Sanctis mi ha dato viene una suggestione irrinunciabile sulle biblioteche pubbliche delle nostre Province religiose.
Ricorda che verso il 1960 il P. Egidio De Tommaso, Ministro Provinciale e poi Definitore Generale, fondò la Biblioteca Provinciale Roberto Caracciolo, la Pinacoteca, il Museo Cinese e di Scienze Naturali e l’Antonianum che è una sala concertistica. La finalità sottesa a tanto fervore fu l’esigenza di affrontare il tema dell’evangelizzazione attraverso nuove modalità tra cui quella della cultura. Questa affermazione, per quanto largamente contenuta in tutto l’iter storico e culturale della Chiesa e del nostro Ordine, pure in taluni periodi non viene recepita con quella convinzione che meriterebbe. Voglio ricordare il prezioso documento della Conferenza Episcopale Italiana Educare alla vita buona del Vangelo, pubblicato il 4 ottobre 2010, che propone gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 dove non si parla di Biblioteche, ma dove il tema della responsabilità attraverso la cultura è trasversale a tutto il documento della CEI e alla stessa Lettere Apostolica annessa. Penso sia superfluo riferirmi agli ormai molti documenti della CEI che parlano delle Biblioteche ecclesiastiche come strumenti privilegiati di evangelizzazione e, in genere, di pastorale. La provincia salentina ha intrapreso con grande serietà la strada tracciata dal P. Egidio De Tommaso. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: una provincia vitale, dedita allo studio, che non ha paura di confrontarsi, che trasmette ai suoi figli il gusto e il rischio del sapere: Sapere aude, com’è intitolata una delle ultime pubblicazione della Provincia salentina..
La nostra Provincia è arrivata con qualche anno di ritardo; nel 1970 il Capitolo Provinciale decise l’istituzione delle Biblioteche Provinciali di Campobasso, Castellana Grotte e S. Matteo sul Gargano. In seguito sono state istituite altre biblioteche dagli interessi più specifici e mirati, come la Biblioteca Mariana di Molfetta, quella del Chiericato di Bitetto, di Capurso ed altre. Oggi il cammino delle nostre Biblioteche pubbliche, anche se sempre in salita, procede speditamente. Sono cresciute e pian piano si integrano nel tessuto culturale del territorio con una fisionomia e ruoli propri.
Le biblioteche sono per definizione uno strumento di relazione attraverso cui il mondo variegato e a volte contraddittorio della cultura secolare entra in contatto con un altro mondo, quello delle cosiddette scienze religiose. E’ un rapporto non facile che tuttavia viene favorito dalla convinzione cristiana e francescana che la biblioteca è uno luoghi dell’ incontro tra persone portatrici, in perfetta buona fede in genere, di culture diverse e variamente motivate che tendono a superare, attraverso la conoscenza e il confronto, steccati e pregiudizi e iniziare un dialogo costruttivo con tutti. La biblioteca di S. Matteo è nata e si è sviluppata con l’apporto determinante di un ambiente laico dalle forti connotazioni culturali e motivato. La sua stessa esistenza come biblioteca pubblica è stata possibile anche dal contributo di molti intellettuali laici di diversa estrazione culturale e ideologica, ma tutti uniti nel pensare e progettare quella di S. Matteo come biblioteca religiosa importante per lo sviluppo culturale e civile del territorio. Da ciò è nato il Gruppo di Studio della Biblioteca che è la vera anima di tutto: dalla gestione tecnica e scientifica, alle pubblicazioni, ai convegni di studio, ai rapporti con gli istituti, alla guida dei ricercatori e dei giovani che fanno le tesi di laurea. Intorno alla Biblioteca e come emanazione di essa è stata costituita l’Associazione Contardo Ferrini in cui si dibattono problemi giuridici, il Gruppo Gregoriano Cantemus Domino per il servizio liturgico domenicale col canto gregoriano, il Centro Studi P.M. Manicone del Parco del Gargano. La biblioteca è stata anche incaricata di curare pubblicazioni e convegni di studio per conto del Parco Nazionale del Gargano e della Comunità Montana del Gargano, dell’Amministrazione provinciale, della Diocesi di Foggia, dei Comuni di S. Giovanni Rotondo e S. Marco in Lamis. Spesso i componenti del Gruppo sono impegnati in pubblicazioni di Enti, convegni di studio, seminari.
Credo che le anche le Biblioteche debbano essere oggetto di ulteriori approfondimenti in rapporto alla programmazione dell’attività apostolica delle Province.
P. Mario Villani
Convento S. Matteo sul Gargano, 9 marzo 2011