Il Gargano come monte di Dio
Questo fecondo Promontorio apulo fu chiamato Monte Gargano sino all'anno del Signore 492. Da quell'anno in poi appellassi Montagna dell'Angelo per la miracolosa apparizione del Glorioso S. Michele Arcangelo in una spelonca sita nell'erto di esso Gargano.
Così dice, agli inizi del sec. XIX, il nostro P. Michelangelo Manicone da Vico Garganico nella sua opera La fisica appula (Lib. II, art. XII, pag. 183). Per un rilevante periodo storico molte carte geografìche riportarono il profilo del Gargano col nome di Monte dell'Angelo o Monte S. Angelo sanzionando anche a livello linguistico un felice connubio tra elementi fisici e religiosi. L'imponenza della montagna, il suo profondo radicamento nelle viscere della terra, il suo vigoroso slancio verso l'alto, il suo resistere agli eventi e alle tempeste, si coniugano, nella visione religiosa, con la dinamicità della vita, espressa nel fluire dei ruscelli che scaturiscono dalle cime e con altre caratteristiche che fanno della montagna un elemento importante della complessa comunicazione teologica di tutte le religioni. La montagna è insieme luogo dove Dio si manifesta, punto alto della terra dove l'uomo tocca il ciclo, è l'asse della terra; è il luogo del silenzio; è la roccia a cui ci si ancora; è il luogo della contemplazione dove trovano sintesi e pace tutti gli elementi del ciclo e della terra; è meta del pellegrinaggio da cui si scende rigenerati.
Con le apparizioni di San Michele, alla fine del sec. V sui dirupi e nelle valli del Gargano meridionale si è sviluppata una devozione specifica che, tenendo sempre presente la centralità del santuario michaelico in cima alla montagna, si esprime, altresì, in modo variegato nella forma e nel linguaggio utilizzando tutti gli elementi teologici e antropologici a cui la complessa morfologia della montagna continuamente rimanda. Non credo si vada molto lontano dalla realtà affermando che il Gargano ha una naturale vocazione ad essere un santuario.
Marcello Cavaglieri, nel suo Pellegrino al Gargano, con seicentesco ardimento, afferma che la montagna stessa, nella sua lunga storia si è adattata a ricovero della religione:
Dico bene, che contemplando un grandissimo sasso in giro a modo di Chiostro naturalmente formato, mi pare di poter dire che la natura contribuisse le più dure viscere in ricovero della Religione, allorché, per non essere mondana, fuggendo a tutta carriera il Mondo, elesse per asilo il Gargano.
P. Marcello Cavaglieri, che scriveva nel 1680, si riferiva alla centralità religiosa del Gargano evidenziata nella storia dei grandi Ordini Religiosi, soprattutto dei Benedettini e dei Francescani. I Benedettini sono stati presenti nella storia garganica con i grandi monasteri di San Giovanni in Lamis, Monte Sacro, Pulsano, con la famiglia Celestina e con una miriade di insediamenti minori, di eremi. I Francescani, i cui primi conventi sul Gargano risalgono alla prima metà del sec. XIII, hanno tuttora nel Gargano uno dei loro centri spirituali.
E' proprio la particolare frequentazione religiosa del Gargano che induce il domenicano P. Marcello Cavaglieri a dare qualche indicazione sulla problematica teologica riguardante il Sacro Monte del Gargano e a ipotizzare che le apparizioni di San Michele sul Gargano siano da interpretarsi come funzionali alla realizzazione del progetto di salvezza di Dio a favore dell'uomo. Il Gargano, secondo il pensiero del Cavaglieri, non inizia ad esistere dal punto di vista religioso con San Michele: già prima delle apparizioni di San Michele, infatti, il Gargano fu consacrato, per il bene degli uomini, da una speciale presenza di Dio. Il Gargano, nella visione di Marcello Cavaglieri, è una icona del cammino dell'uomo verso Dio. Lasciandosi guidare dalla Sacra Scrittura, dice che Dio l'ha creato alto e solitario perché gli uomini da qualsiasi luogo della terra, potessero guardare con facilità la casa di Dio come dice il Salmo 90: Altissimum posuisti refugium tuum, hai posto la tua casa di Dio nelle altezze. L'uomo, degradato dalla colpa e dagli eventi, può esser redento solo in un itinerario di conversione che è simboleggiato dal cammino faticoso verso verso la casa di Dio: Levavi oculos meos in Montes, vale a dire il monte del Gargano, unde veniet auxilium mihi, ho alzato gli occhi al monte da dove mi verrà l'aiuto (Ps. 120).
Questo è il clima spirituale nel quale si vive il pellegrinaggio verso il monte santo di Dio. Sulla sua cima il pellegrino, dopo la fatica del viaggio della vita, sperimenta la categoria trascendentale dell'Altezza, dell'Infinito, s'immerge nella contemplazione e nel silenzio in cui avviene il contatto e l'unione senza ritorno fra i due Esseri estremi, l'uomo e Dio, il cielo e la terra, l'eterno e il transeunte. Il pellegrino, pur rimanendo profondamente umano e legato al tempo e alla materia, è entrato finalmente in suo aeterno, in una dimensione che è divina e umana insieme; in essa vive la beata pace del giorno del Signore. Spesso si dimentica che il pellegrinaggio non consiste solo nell'arrivo, nella meta, nel santuario che si visita, ma anche nel cammino, nella marcia di avvicinamento verso il luogo santo. Facendo evidentemente riferimento alla difficoltà che il pellegrino nei secoli passati incontrava per recarsi alla Grotta dell'Arcangelo, il P. Cavaglieri, sottolinea la difficoltà del cammino spirituale: spesso il pellegrino perde di vista il sentiero; a volte i precipizi e le grotte nascondono pericoli; ladri e grassatori di strada, insieme a serpenti e basilischi, sono in agguato: super aspidem et basiliscum ambulabis (Ps. 90). Qui si inserisce la figura di San Michele, di San Pio e degli altri Santi. Per non perdere la dirittura del cammino, e con essa la vita, il pellegrino ha bisogno di una guida. Ecce ego mittam Angelum meum, qui praecedat te, et introducat in locum, quem preparavi (Exod. 23) Ecco io mando l'Angelo che cammini dinanzi a te e ti introduca nel luogo che ho preparato. Mentre presenta la montagna del Gargano come casa di Dio da raggiungere con fatica, e, insieme, come sentiero scosceso denso di dubbi e di pericoli, il Cavaglieri sottolinea con forza il ruolo di servizio dell'Arcangelo Michele di inviato da Dio per essere guida e aiuto ai cristiani lungo il pericoloso viaggio della vita.
Unicità del percorso, il rosario dei santuari
L'attenzione per il percorso e per la meta è prevalente sulla imponente personalità di San Michele presentato come servo di Dio mandato a servire altri servi di Dio.
La montagna del Gargano è una parabola della vita dell'uomo. Che sia credente o non credente, ogni uomo ha le sue montagne da scalare, le sue difficoltà da superare, le sue guide da cui farsi assistere, la sua meta da raggiungere.
Questa visione del Gargano è sostanzialmente presente nei vari Rituali di pellegrinaggio tutti risalenti ad epoche anteriori al sec. XX. E' un genere letterario a cui da qualche anno si dedica una particolare attenzione. Tali compilazioni hanno la funzione di guidare i pellegrini lungo tutto l'arco del pellegrinaggio fatto interamente a piedi. I pellegrinaggi molisani e abruzzesi, ma anche della Terra di Bari, sono minuziosamente seguiti in tutte le loro fasi. L'intero percorso, che può impiegare tre giorni come nel caso dei pellegrini di San Marco in Lamis, oppure otto giorni come per i pellegrini molisani, chiude in ampio cerchio una serie di santuari che scandiscono, dandone fisicità geografica, un cammino spirituale rigoroso e consequenziale la cui intenzione esplicita è di attuare, oltre che rappresentare, l'itinerario spirituale della conversione.
L'intero percorso è percepito come un unico grande santuario di cui la grotta di San Michele è il momento culminante. Il cammino si articola in poco più di cento chilometri. Dal santuario di Stignano, posto alle falde occidentali della montagna, si prosegue per le valli del Gargano meridionale con le visite al santuario di San Matteo a San Marco in Lamis fino alla Grotta dell'Arcangelo a Monte Sant'Angelo. Si scende, passando per Pulsano, a Manfredonia fino a San Leonardo di Siponto e si arriva al santuario dell'Incoronata presso Foggia. La specificità storica e spirituale dei singoli santuari viene vissuta in rapporto all'interezza del percorso come la realizzazione in fasi successive di un unico progetto. Più che a quello di San Michele, il pellegrinaggio è diretto verso il santuario del Gargano identificato dalla tradizione come la montagna dell'Angelo.
Pellegrinaggio e identità del territorio
Per quanto riguarda il nostro Gargano, molte cose sono ritenute notissime pur continuando ad essere sostanzialmente ignorate. Una di queste è proprio la dimensione religiosa intesa sia nel suo aspetto sistematico che in quello storico, che va ben oltre gli angusti limiti regionalistici e nazionali. Oggi, purtroppo, sempre più spesso la identità religiosa del Gargano viene localizzata con molta leggerezza nella sola persona di San Pio da Pietrelcina, come se P. Pio fosse figlio del caso e non, invece, un anello importante di un lungo svolgersi storico e spirituale che affonda le sue radici in oltre quindici secoli e che, ancora oggi, proprio con P. Pio, mostra di essere vivo e vitale.
La riscoperta più analitica e convincente del Gargano come montagna sacra e come complesso articolato di santuari, ci porterebbe ad individuare alcune piste di ricerca per preservare quel che resta dalle spinte mercantili o più semplicemente dalla sciatteria suicida delle visioni riduttive e dei piccoli interessi.
La prima pista da percorrere potrebbe essere la ricostituzione, in tutta la sua interezza, del percorso devoto secondo lo schema che secoli di pellegrinaggi hanno sancito. Già dieci secoli fa i pellegrini, partendo dalle caratteristiche religiose del Gargano, avevano percepito i singoli santuari che insistono tuttora sull'antica Via Francesca, da Santa Maria di Stignano all'Incoronata di Foggia, come anelli di una unica catena e tappe di un unico percorso. Il recupero di questo concetto sarebbe auspicabile per i suoi contenuti religiosi, ma anche per le molteplici ipotesi di valorizzazione delle potenzialità culturali di cui il percorso è disseminato. Penso che lo storico ruolo religioso del Gargano debba svilupparsi in una più convinta opera di recupero dei beni culturali intesi non solo come la stratificazione del vivere, ma anche come significative testimonianze di oltre mille e cinquecento anni di frequentazione devota. Non solo i monasteri attivi e quelli ormai ruderi, ma anche tutta la ricchezza di ex voto, di suppellettili, di opere d'arte che i pellegrini, i membri dei vari Ordini Religiosi e la pietà popolare hanno prodotto e donato alla comunità. In questi ultimi anni si è notato con soddisfazione l'impegno della Comunità Montana del Gargano e dell'Ente Parco Nazionale. Il recupero dell'Abbazia di Pulsano e il ripristino della sua comunità religiosa è un vanto delle nostre popolazioni e degli Enti pubblici che l'hanno sostenuto.
La seconda pista da percorrere è quella che porta a un più intimo e corretto rapporto dei pellegrini, e dei turisti in generale, con la natura garganica. Certamente è vero che questo rapporto, spontaneo e naturale per i pellegrini antichi, oggi è diventato diffìcile. Dobbiamo tuttavia tener conto che la maggior parte dei santuari garganici sono tuttora inseriti in ambienti naturali ancora ben caratterizzati e discretamente conservati. I nostri santuari di San Matteo e di Stignano sono certo dei luoghi dove il pellegrino sperimenta la pace con Dio e con se stesso, ma avverte al tempo stesso il respiro della Madre Terra, e si riempie del verde dei boschi e del profumo dell'aria. Bisognerebbe offrire a tutti i pellegrini tale esperienza la quale, già avendo nel suo seno un forte richiamo religioso, si innesta in modo straordinariamente efficace in un percorso di preghiera e di contemplazione. D'altra parte un rapporto corretto con la natura non è cosa che s'inventi su due piedi, ma deve essere progettato e gestito in tempi lunghi. Nel nostro convento di San Matteo sono sempre più frequenti le scolaresche, soprattutto quelle provenienti da città della pianura, che all'interesse culturale per la biblioteca, la storia del Santuario, e delle famiglie religiose che si sono succedute, accoppiano un forte bisogno di conoscere il territorio nella sua interezza visitando alcuni siti tra i più interessanti del Gargano e percorrendo sentieri con la guida di esperti.
Una ultima notazione. Oggi il Gargano è pieno di pellegrini. I pellegrini sono una benedizione. Tuttavia possono essere anche una maledizione, se la loro presenza è vantata per legittimare operazioni che poco hanno in comune con la loro esigenza di raccoglimento e di preghiera. Quando cioè non sono più percepiti come pellegrini, ma si tenta di trasformarli in qualcos'altro con l'offerta di obiettivi incoerenti con loro caratteri spirituali fondamentali, o quando li si spinge a consumare la loro devozione in un supermercato in cui il sacro diventa sterile esercizio, mescolato e confuso con merci varie che sacre non sono. I pellegrini hanno diritto ad essere rispettati nella loro dimensione religiosa, come hanno diritto alla riservatezza, all'intimità, alla memoria; hanno bisogno dei loro tempi; hanno bisogno di ricollegarsi con fatti e persone del passato per guardare con serenità al loro futuro.
P. Mario Villani
Convento S. Matteo, 16 febbraio 2005