Intervista a L’Unità del 5 Gennaio 1991 inserita in Giovanni Russo, Sud specchio d’Italia, Liguori editore 1993
“Intellettuali, sveglia studiate la mafia”Con l’uccisione di Salvo Lima, la questione della criminalità organizzata ha preteso un posto da protagonista. Perché i poteri mafiosi sono al centro di questa campagna elettorale?
Intanto diciamo che stampa, opinione pubblica, intellettuali, partiti politici non si sono interrogati sulla criminalità organizzata.
Invece, avrebbero dovuto farlo, indicandolo come uno degli aspetti della crisi dello Stato italiano e delle sue deficienze. La criminalità organizzata, di sua iniziativa, attraverso il delitto Lima e altri segnali, è diventata protagonista di questa campagna elettorale.
Lei afferma: “di sua iniziativa”. Dalla stampa agli intellettuali, sarebbero tutti soggetti inadempienti, incapaci di vedere la robusta rete gettata dai mafiosi sul Mezzogiorno.
La risposta sta proprio nella storia degli ultimi dieci anni dello sviluppo di gran parte d’Italia, soprattutto Centro-meridionale.
Storia che ha prodotto una serie di connivenze, di rapporti stretti tra sistema economico-sociale-istituzionale e propaggini criminali. I problemi dovevano scoppiare nel momento in cui la crisi dello Stato si manifesta nella divisione dei vertici e nelle polemiche all’interno della sinistra.
Vuol dire che, in questi ultimi dieci anni, la capacita delle cosche di legarsi alla politica e di accaparrarsi risorse ha raggiunto il suo apice?
Io sostengo che la sottocultura dell’illegalità si è diffusa nelle istituzioni. La lunga serie di scandali, la normalità delle tangenti, il modo in cui viene usato il denaro pubblico: quale sia il rapporto vero tra Stato e Mezzogiorno, nessuno ha voluto affrontarlo se non in termini di militarizzazione, come fa lo storico Galli della Loggia.
Magari a Galli della Loggia piacciono i film di Rambo?
Tutti pensano che sia questione, soltanto, di interventi repressivi. Si, aveva ragione Bobbio, intervenuto dopo il delitto Lima: la questione meridionale e, in gran parte, questione dei meridionali.
Lo stesso Sergio Romano, nell’esaminare la disfatta del Sud, l’ha definito un delitto siciliano. Verissimo. Però, simili affermazioni non avrebbero senso se non fossero inquadrate nell’ambito di ciò che configura il rapporto tra Stato e Mezzogiorno.
Un rapporto che comprende gerarchizzazione delle risorse economiche e legame, anzi, viluppo, tra criminalità organizzata e élites politiche?
Un rapporto che comprende i grandi interventi economici.
Teniamo conto che, dal terremoto dell’Ottanta, migliaia di miliardi vengono affidati senza alcun controllo a gruppi di potentati locali.
Intorno, è sorto un ceto illegale di piccoli e medi imprenditori, ai quali si concedono appalti; il denaro viene investito senza controllo da parte dello Stato.
Il Pds, primi firmatari Quercini, Schettini, Bassolino, ha proposto una nuova disciplina dell’intervento pubblico a favore del Mezzogiorno (con l’abrogazione della 64) per interrompere quel flusso di denaro “a perdere”. Tuttavia, la pervasività della criminalità mafiosa non attraversa la società civile oltre a quella politica?
E’ vero, si tratta di un intero sistema. Quando la criminalità organizzata diventa protagonista della campagna elettorale, lo diventa perché la società ne è stata impregnata con la tolleranza dei poteri sociali, civili, economici. Della situazione, comunque, non è solo responsabile questa borghesia lazzarona del Sud, in cui molti geometri, tecnici, si sono trasformati negli intellettuali organici della camorra.
I diplomati come esercito di riserva del potere mafioso?Falcone, nel suo libro, riconosce che, dal 1985 in poi, non è più vera la favola della droga che alimenterebbe mafia e camorra. Mafia e camorra, al contrario, sono alimentate dai soldi dello Stato. L’indirizzo economico generale; la struttura della società; il tipo di urbanizzazione; lo sviluppo da dare all’Italia centro-meridionale - sviluppo al quale partecipano, d’altronde, i grossi gruppi industriali italiani - sono problemi fondamentali.
Qual è il suo giudizio sugli insediamenti Fiat di Melfi o Avellino?
Pur prendendo la Fiat i soldi dallo Stato, dalle sue fabbriche escono automobili. Insediamenti produttivi, questi e non cantieri abbandonati, viadotti inutili, opere pubbliche interminabili e perpetue, ponti in cemento armato lasciati a metà, città universitarie, a Napoli, per le quali servono, all’inizio, duecento miliardi e arrivano a mille.
Economia, imprenditoria trasversale, Stato: questa la mediazione corrotta e corruttrice?
Questa e la commistione di fondo. Inevitabile che, durante la campagna elettorale, simili problemi, uniti a quelli della preferenza unica (che stabilisce poi il vero potere nelle istituzioni, quasi tutte istituzioni nelle quali ci sono, ormai, rappresentanti diretti della camorra e della mafia), abbiano spinto la criminalità organizzata a muoversi, a combattere.
Lei suggerisce, mi par di capire, che la criminalità mafiosa sentisse minacciata la sua vecchia rendita di posizione?
Non poteva permettere la rottura di quella situazione, mentre ci si avvia verso una inevitabile evoluzione della società. Eppure, stampa, opinione pubblica, non hanno esaminato questo punto di vista. Si finisce sempre per ricorrere agli esperti. Non ho nulla contro di loro, però, in questo modo, finiamo per tecnicizzare tutto.
La morte di Lima viene interpretata come un delitto assolutamente siciliano. Il resto del Paese cosa può fare se non rimanere sempre prigioniero della logica dei pentiti? Qualsiasi analisi viene condotta alla luce delle loro rivelazioni. I pentiti sono utili, però non spiegano ciò che avviene nella società.
La striscia di sangue del delitto Lima, rispetto agli altri tentativi di svolte autoritarie, rappresenta un terribile salto di qualità?Giudico questo delitto un avvertimento sui rischi che esistono quando ci si rifiuta di cambiare. La connivenza dei poteri economici, sociali, civili del Nord; la corruzione della classe politica del Sud; lo strano atteggiamento delle sinistre che parlano di complotto, di poteri occulti, senza intervenire puntualmente sui terni indicati, lasciano immutato l’equilibrio in favore dei gruppi di potere criminale.
Interpretare a colpi di rivelazioni, disegnare una cartografia delle “famiglie” e della “cupola”, sono, da parte della stampa, altrettanti segnali negativi?
La stampa non ha condotto nessuna inchiesta approfondita, nessun attacco vero e critico, nessun esame dei candidati presenti in certe zone grigie e mafiose. Ci si è buttati sui retroscena, senza fornire un quadro della società italiana. Soprattutto, enormi responsabilità ricadono sugli intellettuali se, in Italia, ogni cosa diventa fumettistica, spettacolare.
E’ stato chiesto al ministro dell’Interno di rendere noti prima del voto i nomi di quei candidati che sono stati presentati violando il codice di autoregolamentazione Antimafia. E’ poco?
Il tema vero della campagna elettorale dovrebbe vertere, appunto, su quello che si potrebbe fare. Perché lo Stato è entrato in crisi; per quale ragione un onesto funzionario di polizia, a Lamezia, viene ammazzato con la moglie e poi gli si va a profanare la tomba.
Ancora: per quale ragione lo Stato ha tollerato così a lungo l’illegalità e l’illegittimità, da essere quasi messo alla berlina.
Quegli uomini di governo che arrivano a proporre una sanatoria per i contrabbandieri, oppure sentono “odore di pizza bruciata”, gridano alla “patacca”, non rendono certo un favore allo Stato.
Ma la patacca un risultato l’ha ottenuto: come al solito i veri temi politici sono scomparsi da questa campagna elettorale. Ora si discute se Ciolini fosse attendibile o meno, mentre Lima è stato ammazzato. E si continua ad ammazzare.
1993 - Intellettuali, sveglia, studiate la mafia
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