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Giovanni Russo, Sud specchio dell’Italia, con Introduzione di Francesco Erbani, Liguori Editore Napoli 1993
[Francesco Compagna]: 3. Le battaglie di “Nord e Sud”
b_294_400_16777215_01_images_Nord-Sud_Questione_meridionale_Telero-Carlo_Levi_p._065.jpgMai come in questo momento, in cui il bilancio dello Stato versa in una situazione gravissima, il Paese si dibatte tra inflazione e svalutazione e non si trova ancora un orientamento per la legge che stanzia 120 mila miliardi nei prossimi nove anni per il Sud, si sente il grande vuoto del silenzio di Francesco Compagna, dell’assenza della sua Voce, la rivista Nord e Sud.
I figli di Compagna, nel terzo anniversario della sua scomparsa, hanno raccolto in un volume (Nord e Sud quasi trent’anni, Società editrice napoletana) gli indici degli autori e dei testi, a partire dal primo numero nel dicembre del 1954, e alcuni pochi scritti programmatici. Scorrendo i nomi dei collaboratori, dall’editoriale di Ugo La Malfa Mezzogiorno dell’occidente sul primo numero. Fino all’ultimo, curato da Compagna, nel giugno 1982 - pochi giorni prima della morte - La malavita organizzata in Campania, coraggiosa analisi della camorra e indicazione del modo di combatterla, viene fuori la coerenza e la modernità del meridionalismo di Nord e Sud.
Oggi che il meridionalismo viene confuso con il “sudismo” o, al massimo, con la codificazione dell’assistenzialismo, si capisce qual è il danno del venir meno di una presenza vigile, di una rivista, che lo stesso Compagna definiva, nell’editoriale uscito nel 1975 dopo venti anni di pubblicazione, “una rivista di Cultura liberale, meridionalista ed europeista, aperta ai socialisti e critica del socialismo, impermeabile alle lusinghe del sinistrismo, alle suggestioni del classismo”.
Il meridionalismo di Compagna era in realtà una componente essenziale della grande tradizione liberale e democratica italiana ispirata agli ideali del Risorgimento, che come il Mondo di Mario Pannunzio, cui Compagna si era subito legato, si richiamava a Cavour, Benedetto Croce, Nitti e Fortunato. Il merito di Nord e Sud è stato la capacità di raccogliere le forze intellettuali meridionali e di essere anche un vivaio di giovani ingegni del Sud intorno ad un progetto generale di rafforzamento dello Stato democratico avendo in mente non i destini del solo Sud ma quelli dell’Italia tutta.
Mai come oggi, perciò, viene spontaneo rammaricarsi che Compagna non sia fra noi per dare un contributo che sarebbe prezioso per il rilancio della politica per il Sud, dato che egli, dopo Nitti, è stato l’unico intellettuale meridionale che ha operato a favore del Mezzogiorno sia come uomo di cultura sia come uomo di governo. Quattro sono gli aspetti del meridionalismo di Nord e Sud che occorre oggi ribadire come attualissimi.
Il primo è che il Sud deve essere legato e non contrapposto all’Italia e all’Europa. Per questo Nord e Sud aveva dato battaglia al laurismo e al borbonismo, malattie sempre latenti a Napoli e nel Sud. Famoso il suo articolo No i borboni no quando si voleva intitolare cosi la mostra del Settecento a Napoli. Ecco perché Francesco Compagna e Giuseppe Galasso hanno sempre sostenuto gli sforzi di Gerardo Marotta che si richiamava alla rivoluzione e ai martiri del 1799 e alla grande tradizione dell’illuminismo napoletano nella creazione dell’Istituto italiano per gli Studi filosofici, oggi uno dei principali centri europei di Cultura filosofica e scientifica.

Carlo Levi
Carlo Levi
Il secondo aspetto fu l’appoggio alla Cassa per il Mezzogiorno, intesa però come uno strumento moderno di intervento per l’industrializzazione del Sud e come strumento di programmazione economica, non come veicolo di clientelismo, nella convinzione che il Sud non può progredire senza una programmazione nazionale dei suoi bisogni. Il terzo aspetto fu l’intuizione che Compagna ebbe per primo dell’importanza decisiva di coordinare la politica di sviluppo del Mezzogiorno con quella della ricerca scientifica e con il potenziamento degli istituti di alta Cultura. Già nel 1967 si poteva leggere che “qualora non si tenesse conto del dualismo tra Nord e Sud nell’impostare e portare avanti la politica della ricerca scientifica, lo squilibrio fra le due Italie diventerebbe irrimediabile malgrado ogni spesa pubblica che si volesse destinare al Mezzogiorno per l’irrigazione, le infrastrutture, l’industrializzazione”.
Il quarto aspetto è la lotta alla camorra e alla mafia e alle connivenze tra queste forme di delinquenza organizzata. Nel rapporto che fece al governo come sottosegretario, e che pubblicò poi nell’ultimo numero da lui curato di Nord e Sud, denunziava che la parte più consistente degli interessi economici “si ritrovava nel settore delle costruzioni e opere edili in genere finanziate con il denaro pubblico e spesso anche della Cassa del Mezzogiorno”.
Questi i principali ispiratori del meridionalismo di Compagna.
Egli quindi sarebbe oggi certamente accanto a noi nel respingere ogni progetto di distribuire migliaia e migliaia di miliardi senza programmazione “in concessione” per infrastrutture o faraonici progetti urbanistici. Egli si batterebbe da una parte per restituire allo Stato il controllo della spesa pubblica, il potere di programmazione, l’autorità di ristabilire l’ordine e la legalità contro la camorra e dall’altra parte, come già scrisse nel 1967, per indirizzare l’intervento straordinario in grandi programmi innovativi basati sulla ricerca scientifica, il potenziamento dell’attività culturale e delle tecnologie più avanzate tenendo conto che l’alta cultura è un patrimonio millenario di civiltà che il Meridione può vantare a favore di tutta l’Italia.
Questa è sempre stata la visione di un meridionalismo europeo che Compagna con la sua rivista aveva preconizzato in saggi non solo politici ma anche di economia e di geografia politica con tenacia e lucidità.

5. Il meridionalismo di Compagna
b_268_400_16777215_01_images_Nord-Sud_Questione_meridionale_Telero-Carlo_Levi_p._067.jpgL’ultima meritoria iniziativa, da presidente dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia, di quell’eccezionale maestro che fu Manlio Rossi Doria, è stata quella di dare incarico a Giuseppe Ciranna e Ernesto Mazzetti di curare l’antologia degli scritti di Francesco Compagna, che è comparsa con il titolo Il meridionalismo liberale.
Francesco Compagna, che continuò e sviluppò il pensiero di Giustino Fortunato e di Gaetano Salvemini ispirandosi alla tradizione liberale di Benedetto Croce e di Luigi Einaudi, ebbe sempre al Centro della sua attenzione, come osservava Ciranna, sia come uomo politico, sia come studioso e direttore della rivista “Nord e Sud”, da lui fondata nel 1954, l’intervento dello Stato nel Mezzogiorno verso cui esercitò una funzione di pungolo e di critica.
L’intervento straordinario rappresentava ai suoi occhi una svolta storica, il passaggio, cioè, dallo Stato liberale allo Stato democratico capace di affrontare finalmente le carenze nate dall’Unità d’Italia per superare il divario, appunto, tra le due Italie. Questa concezione era condivisa da Ugo La Malfa che fu uno dei suoi principali ispiratori ed e un punto di partenza ancora valido perché irnposta la necessita di una riforma radicale e dello Stato italiano su basi di uguaglianza e di equità.
b_273_400_16777215_01_images_Nord-Sud_Questione_meridionale_Levi_e_la_Basilicata_Carlo_Levi-Basilicata-23.jpgDal primo dopoguerra fino agli inizi degli anni Sessanta, Compagna e il gruppo di Nord e Sud tennero in prima linea il rapporto fra la cultura meridionalista e le esigenze generali della democrazia e combatterono su due fronti: contro alcune interpretazioni estremiste del pensiero di Gramsci da parte del PCI, e contro la destra reazionaria che si esprimeva con il laurismo a Napoli e aveva propaggini anche nella DC.
Egli si era fermamente convinto che la Cassa per il Mezzogiorno avrebbe potuto avere un ruolo solo nell’ambito di una politica che tenesse conto a livello nazionale degli interessi del Mezzogiorno. E’ nota la sua diffidenza verso quello che definiva il “panregionalismo” che avrebbe frantumato in mille rivoli i finanziamenti pubblici ed il suo impegno nella politica dell’industrializzazione del Sud promossa dalla Svimez e da Pasquale Saraceno.
Già da qualche anno prima della sua morte, però, Compagna si era reso conto che i presupposti su cui era impostata la sua concezione stavano venendo meno. Egli auspicava che la politica di intervento straordinario creasse una nuova e moderna classe dirigente nel Sud capace di amministrare le istituzioni locali e di suscitare un sano spirito imprenditoriale. Invece non solo non si è creata questa classe dirigente moderna, ma al suo posto si è sviluppata una classe di amministratori quasi sempre parassitari e incapaci.
Questo libro è quindi una grande occasione per riflettere sui motivi per cui l’intervento straordinario, a parte i primi anni della Cassa per il Mezzogiorno, non ha in sostanza funzionato.
Se si rileggono le sue pagine, che lo collocano tra i classici del pensiero politico del nostro Paese, ci si rende conto che ancora una volta nel Mezzogiorno si è verificato il fenomeno descritto dal Gattopardo, l’utilizzazione cioè delle idee di Compagna e degli altri meridionalisti seri per scopi clientelari. La radici restano valide e le sue battaglie tuttavia per l’istituzione di centri di ricerca scientifica, per il ritorno al rispetto dello Stato, le sue critiche al regionalismo esasperato sia padano sia delle autonomie meridionali concepite in polemica con lo Stato, sono ancora attuali.
Fonte:
1. Le battaglie di Nord e Sud (Le battaglie di Nord e Sud, CdS 27.7.1985)
2. Il meridionalismo di Compagna (Quell’intervento straordinario è un boomerang”, C.d.S. 29.3.1989)

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