Scontro con i briganti alla masseria Petrulli nel 1862.
Scontro con i briganti alla masseria Petrulli nel 1862.
Sia pure con la spiegabile lentezza della macchina amministrativa e la pigrizia legislativa, dopo i gravi e luttuosi episodi briganteschi che sul Gargano ebbero aspetti di particolare efferatezza, a S. Marco, a Vico, e a Vieste, tra l'estate del 1862 e l'anno successivo, il governo centrale, spinto dall'imponenza del fenomeno, si vede finalmente costretto a ricorrere a una serie di provvedimenti più o meno coordinati e, in un certo senso, radicalmente nuovi. Si tratta di una vera e propria seconda guerra per la riconquista del Sud, la quale richiede nuove disposizioni militari e leggi meno assurde e inopportune (Nota 1 - 1. parte) (Nota 1 - 2. parte).

'L'esercito nazionale, reduce pur allora dalla campagna di guerra del 1860-61, dovette affrettarsi a riprendere la via delle provincie meridionali, dove non più si sarebbe trovato di fronte alla guerra regolare, ma ad un immane fenomeno di carattere politico sociale, di conflagrazione selvaggia, sconosciuto, inaspettato per le truppe, difficilissimo quindi ad essere da esse padroneggiato e domato. Ad ogni modo, cominciò allora quella lotta terribile che, nonostante leggi eccezionali, energiche, severissime; nonostante il governo fosse messo in mano dei militari, si prolungò per quasi un quinquennio con incredibile audacia dei briganti, con abnegazione e sacrifici inauditi dell’esercito il quale largamente bagnò del suo sangue quelle terre e vi lasciò a brandelli le sue membra mutilate e seviziate: per le misere popolazioni fu un quinquennio di uragani spaventosamente devastatori'.

Così scriveva, mezzo secolo dopo, in una sua 'memoria' (Nota 2), un giovane militare che partecipò a questa seconda spedizione repressiva del brigantaggio: il sottotenente Temistocle Mariotti, ufficiale garibaldino del corso d'Ivrea (Nota 3 - 1. parte) (Nota 3 - 2. parte). In Puglia, questa atmosfera di guerra vera e propria, si può dire venne ripristinata dal generale Cialdini con un suo proclama da Lecce del 22 luglio 1862, con il quale si ordinava che

'i briganti presi con l’armi alla mano e gli evasi dalle galere fossero immediatamente fucilati'.

Il generale Pallavicini, agendo tra la Puglia e la Basilicata, per suo conto, dette così inizio ad un’energica e feroce repressione. Per la distruzione del brigantaggio, le province e i circondari dell’Italia meridionale furono divisi in zone e sottozone militari. A Foggia, il comando della zona era tenuto dal colonnello brigadiere Mazé de la Roche, che fu in seguito ministro della guerra e 'da comandante del primo corpo d'armata finì tragicamente trascinato dal proprio cavallo imbizzarrito su pei ciottoli di Torino'. Fornendo qualche dato militare significativo, tra l’altro, non senza una certa accuratezza, il Mariotti osserva e annota:

'Del brigantaggio che tenne dietro all’epica rivoluzione del 1860, a causa del suo aspetto tenebrosamente proteiforme di corruttela morale, politica, sociale, l’Italia, dopo mezzo secolo dagli avvenimenti, attende ancora il suo storico diligente, autorevole e degno di fede. Il nostro quadro si limita alla sola provincia di Capitanata, ed alla azione che in essa fu in grado di spiegare un battaglione di fanteria dalla prima metà del 1862 alla fine del 1865, anno in cui, per la repressione del brigantaggio, nelle province meridionali, erano impegnati non meno di 80.000 uomini del nostro esercito'.

L'epopea italiana del 1860.
L'epopea italiana del 1860.
Per l’impressionante imponenza del fenomeno, acutizzandosi anche i contrasti politici, governo e parlamento sono spinti, sia pure tardivamente, ad inviare sul Gargano la nota commissione d’inchiesta guidata dal Massari, la cui opera è contemporanea all’azione militare promossa dal Cialdini, condotta dal generale Pallavicini e dal colonnello Mazé de la Roche.
La commissione parlamentare comprendeva i rappresentanti di tutte le correnti politiche della destra, del centro sinistra e anche dell’estrema sinistra con gli onorevoli Stefano Romeo e Aurelio Saffi. Relatori il Massari e il Castagnola, essa era composta da Sirtori, Argentino, Ciccone, Morelli, Bixio e Pollati. Nella divisione dei compiti per settori, toccò a Sirtori, Bixio, Argentino e Saffi venire in Capitanata, ed essi dedicarono particolare attenzione al Gargano, percorso nell’inverno del '63 con avventurosa fatica. Mentre il Castagnola poneva l'accento sull’attività borbonico-legittimista di intesa col governo pontificio, il Massari, in un quadro generale di ampio respiro, con penetranti considerazioni, informate a notevole sensibilità sociale, faceva anche delle proposte concrete e urgenti: sollecitava egli provvedimenti legislativi in favore dei contadini meridionali, sia per un più equo possesso delle terre demaniali (Nota 4), sia per un affrancamento dei beni di manomorta e sia, infine, perché venisse dato inizio a tutte quelle opere di carattere sociale di cui il Sud aveva, più di ogni altra parte d'Italia, urgente bisogno. Seguì la legge Pica che affidava la repressione all’esercito: istituendo consigli e tribunali di guerra, imponendo il domicilio coatto a vagabondi e sospetti e, nello stesso tempo, promuovendo misure di carattere sociale, morale ed economico, che avevano la pia intenzione di eliminare le cause del brigantaggio.
Tutte queste cose, che possono essere in gran parte già note al lettore, sono qui ricordate come premessa a quanto ora osserveremo. Tornano perciò qui opportune alcune precisazioni cronologiche di fatti che hanno il loro peso per la verità della nostra narrazione.
L’inchiesta ebbe inizio nel gennaio del 1863 e il Massari fu in grado di riferire al Parlamento in Torino nei giorni 3 e 4 maggio. La legge Pica divenne operante nell’agosto dello stesso anno. L’azione militare si esplicò in tutta la sua pienezza solo nel secondo semestre del ‘63. Si vuol dire che inchieste, leggi, stato d'assedio e operazioni belliche vere e proprie sono, comunque, tardive per i fatti che abbiamo impreso a narrare.
In quel tempo a S. Marco il fenomeno brigantesco era in via di esaurimento (Nota 5), e si può affermare che in buona parte, alla fine, i sammarchesi han fatto da sé, dopo gli iterati e talora vani appelli dei nostri sindaci. Quando la repressione militare organizzata spiegava tutta la sua energia, i capi briganti sammarchesi erano già tutti scomparsi: Agostino Nardella era stato ucciso in combattimento sulla via di Rignano il 4 giugno 1861; Angelo Maria Del Sambro era stato giustiziato il 29 giugno 1862; Nicandro Polignone era stato assassinato il 15 aprile 1863; e l'ultimo, il più tenace e feroce, Angelo Raffaele Villani (Recchiomozzo), fu trucidato appena il 17 agosto 1863 dalle guardie mobili sammarchesi, guidate, come vedremo, dai fratelli De Carolis.
È ora comunque di leggere il Mariotti un po’ distesamente e diffusamente. Il lettore ci perdoni le lunghe citazioni, per non aver saputo rinunciare noi e privare lui di alcune interessanti note del tempo e del luogo, che, anche indirettamente, meglio illustrano determinate situazioni e condizioni militari e ambientali.