Tra il vecchio e il nuovo, ultimo scontro in campo aperto.

'Il valore di noi basilicatesi e pugliesi non era secondo a quello dei piemontesi, per quanto mancasse in noi l'entusiasmo di un ideale e si combattesse colla tempesta degli odi nell'anima'.
Carmine Crocco

Torniamo ora al Giuliani che, essendo più osservatore che attore, meglio conserva il distacco e la puntualità del cronista. Non dispiaccia qualche ripetizione, dopo quanto già sappiamo dal processo di Trani e dal Tardio. Sono, del resto, angoli visuali diversi, che meglio integrano la narrazione dei fatti nel loro reale svolgimento.

San Marco in Lamis. Costruzione rurale in contrada 'Cardinale'.
San Marco in Lamis. Costruzione rurale in contrada 'Cardinale'.
'Durante il generale disarmo, la capitolazione coi soldati e la barbara carneficina descritta, altri non meno barbari commilitoni cercano di assalire il quartiere militare, accanitissimamente difeso da quel solo soldato ivi rifugiato, dopo che con tanta prodezza seppe, con un semplice compagno, sostenere la difesa del passaggio per la taverna. Vivissimo e continuo era il fuoco che si riceveva contro dalla porta del cortile, e che esso di rimando faceva dalla corrispondente finestra; e non l’avrebbero certamente vinto, perché di munizioni ne aveva abbastanza, se la nequizia non avesse consigliato uno degli assalitori di entrare nel soprano a destra del gran muro, e di là passare inosservato nel vecchio casamento del cortile, dal quale poté prendere in mira il novello Coclite e, feritelo nella mascella sinistra, lo finì di vita. Cessata la difesa, il quartiere divenne il richiamo di tutti i malevoli, uomini e donne, che in poco tempo saccheggiarono tutto e distrussero tutto.
Così adunque, fra i timori e i tremori continui, si contarono le ore di tutta la giornata, sino a che si cominciarono a sentire gli spari intercalati e i ripetuti allarmi delle sentinelle, come nella notte antecedente. Ma però, se in agitazione spaventosa passò questo giorno per gli abitanti, fu molto più terribile per gli infelici soldati i quali, dopo essere stato preso il quartiere, furono chiusi nelle carceri a quello sottoposto, e furono minacciati di fucilazione se arrivata fosse la forza in difesa del paese. A simile proposta certamente è a credersi che tutta la dimora di quei disgraziati in quelle carceri non fu che una prolungata agonia, e tale per l’appunto la facevano palese, quando domandavano alle donne, che salivano e scendevano portando via le cose dal quartiere: ‘Ci verranno ad uccidere i briganti?’ (Nota 1 - 1. parte) (Nota 1 - 2. parte). Prima che fusse arrivata l'alba del giorno 4, tutto il popolo si era desto: i buoni per informarsi delle novità che vi erano, e se qualche angelo liberatore veniva col nuovo giorno a liberarli dagli artigli di simili belve; ed i cattivi, che ansiosi anelavano il momento per mettere mano al saccheggio e alla spoglia.
S. Marco in Lamis. Costruzione in località 'Bosco di Brancia'.
S. Marco in Lamis. Costruzione in località 'Bosco di Brancia'.
All’uscire del sole, quando nel paese tutto era tumulto, e dapertutto si facevano concerti, si videro sopra ‘le coppe’, per la via di Foggia, in due compagnie divisi, uomini armati che, allo sventolare delle penne, si conobbero per bersaglieri. Un allarme generale risuonò un istante per tutti i campi; un brulicame di varie genti di varie età, di ambo i sessi, tutti quei insomma che erano già pronti per il saccheggio, per lo spoglio, ed anche per la carneficina, armati ed inermi, concorsero come ad una festa (Nota 2) contro dei beni arrivati.
Ma nello stesso tempo un’iride di speranza, un’aura di conforto ravvivò gli animi quasi abbattuti delle vittime designate. E molti, approfittando della circostanza in cui i punti di uscita non erano più guardati, se ne fuggirono, mettendo in salvo almeno la vita. I bersaglieri, che veniva in aiuto, erano arrivati in Foggia l’antecedente sera, e di là li faceva partire per questa volta a due ore di notte il Prefetto per notizia ricevuta da S. Giovanni Rotondo che in S. Marco in Lamis erano entrati i briganti. Stanchi, anelanti erano adunque ed oppressi i bersaglieri quando ci arrivarono a vista. Incominciarono non pertanto un vivissimo fuoco contro gli assalitori; ma di poi credendo tutto quello immenso popolo armato, e temendo di essere chiusi nel mezzo, si diedero a precipitosa fuga. Non tutti però avevano la stessa lena a battere ugualmente al corso la ritirata. Quattro di essi, custodendo un compagno che al disagio non resse, ed a poco a poco perdeva vigore, lasciarono indietro. Comandava la masnada il famoso brigante Agostino Nardella ‘Potecaro’ che, a cavallo ed accompagnato da suo cognato Vincenzo Mimmo, inseguiva i soldati, precedendo di qualche tratto il suo esercito. Quei prodi, giudicando inevitabile la loro ruina, e calcolando essere meglio morire che cadere vivi nelle mani di tali carnefici, inosservati da dietro le ‘macerie’, quando li ebbero in mira, gli scagliarono sopra magistralmente i loro fucili. L’Agostino Potecaro si ebbe una palla nel petto, perdendo così il merito di quel poco di bene che fece nella reazione, quando salvava la deputazione partita per Rignano al Generale Romano dalle minacce degli iniqui, ed il cognato ne rimase gravemente ferito. Gli accorsi, sia per compiangere il cadavere del loro condottiero, sia per domandare al ferito dell’accaduto, diedero tempo con questa fermata ai feritori, non solo di salvarsi, ma ancora di raggiungere i compagni e prendere con questi respiro sino al passaggio del fiume Candelaro. Solo l’infelice bersagliere, che, per la totale estenuazione delle forze, non avendo potuto seguire i compagni, fu raggiunto e senza misericordia a colpi di accetta fu sacrificato all'infernal furore (Nota 3).
S. Marco in Lamis. La 'croce del piano', dove venivano fucilati/esposti i briganti. Ora non esiste più.
S. Marco in Lamis. La 'croce del piano', dove venivano fucilati/esposti i briganti. Ora non esiste più.
Lo scoraggiamento più terribile che prima toccò negli animi di quei pochi lasciati in casa, che non poterono fuggire, o non vollero fuggire per non andare incontro a non meno peggiori disastri, quando videro che il desiderato aiuto veniva respinto e quando udirono che, al tornar del bravo popolo, di tutti quei che non erano accorsi alla comune difesa se ne sarebbe fatta carneficina. Ma per grazia di Dio non fu così. Lo sarebbe stato per certo se il dittatore Agostino Potecaro fosse tornato vivo e vincitore, perché questi erano i suoi piani e questo era il giorno designato di sacrificare tutti quei che indossavano una giacca, un dito più lunga della sua (Nota 4) e poiché il desiderio degli iniqui, allorché Dio non vuole, perisce, così, cerziorato dalla morte del suo condottiero, il popolaccio guerriero, alla spicciolata se ne tornò circa il mezzogiorno, piuttosto mesto che irato, e piuttosto vinto che vincitore. A questo inaspettato evento, ma le cento volte benedetto, come il vero soccorso della Onnipotente Divina Mano, novellamente si rinfrancarono gli animi, che quasi in una prolungata agonia si vedevano spirare la vita; non pertanto potevano ancora assicurarsela, perché il maligno genio, che di questo popolo sedotto ne regolava le mosse, viene bene espresso da un’idra a sette teste, la quale è sempre viva finché non se le recidano tutte. E infatti: eseguito il funebre accompagnamento alla sepoltura nei soliti modi di cristiana usanza, e, tribuiti all’estinto campione gli ultimi onori, i briganti e tutti gli sbandati ricominciarono a circuire per le case dei proprietari, e domandare denaro, vettovaglie, munizioni, vestiari ed altro, ed in proporzione della famiglia, sotto l'onesto ritrovato di pagare, rivestire e rifocillare i consorti che avevano esposta la vita per liberare la patria dai comuni nemici. O Patria mia, che sorta di difensori ti avesti!
In simil modo misero a loro disposizione le cantine, i macelli, le botteghe e quanto desiderar potea la loro sfrenata ingordigia. Insomma si fece in tutto il paese un tale saccheggio che per lo suo modo bonario pare non leggersi il simile in tutte le storie.
Terminate queste visite domiciliarie, col finire del giorno, chi non doveva pensare che la vegnente notte sarebbe stata delle due prime la peggiore, perché la crapula avrebbe potuto risvegliare la ferocia dei predatori e spingerli all'ultimo scempio? In queste ambascie, adunque, era ognuno quando, trascorsi due intieri giorni ed approssimata la terza notte, sempre in una alternativa di speranze e di timori, di conforto e di abbandono, di vita e di morte, si disperava comunemente di quella forza opportuna che li avesse salvati'.