'Viva l'Italia', si, ma 'di voci non del luogo'
Il Tardio, l’abbiamo già letto, bene e malinconicamente annoterà nei suoi momenti di attenzione acuta e spasmodica:

'Ma quale non fu il nostro stupore allorché ascoltammo le grida di Viva l'Italia, Viva Vittorio Emanuele, con una cadenza regolare fatta e con tuono di voce che indicava non esser del luogo quei che così gridavano'.

S. Marco subiva la definitiva liberazione e terminava così questa singolare Vandea. Ma, in merito all’entrata dei bersaglieri e alla temuta e invocata liberazione, riprendiamo la lettura del vivace racconto del Giuliani:

Il tragitto percorso dai bersaglieri che liberarono S. Marco in Lamis dai briganti nel 1861.
Il tragitto percorso dai bersaglieri che liberarono S. Marco in Lamis dai briganti nel 1861.
'Così finiva il giorno 4; e la notte, come un denso velo, si era già distesa, per nascondere forse l’orrore delle infernali risoluzioni che si stavano progettando tra li baccani delle più sozze ed impudiche orgie, quando al battere delle ore due della notte, si ascolta di seguito una scarica di fucili. Ahi che questi colpi furono subito riprodotti dal cuore nel petto di ognuno! poiché già si credeva che i cannibali cominciavano a lavare nel sangue dei compatrioti quelle mani che poco fa avevano imbrattate nelle loro sostanze. Ma niente di tutto questo, la Dio mercé. Erano sì quei colpi l’eco della Divina voce che sgridava gli iniqui, erano pure quei colpi il segnale del celeste aiuto che incoraggiava gli oppressi. La truppa di qua partita, reduce da Montesantangelo, fu informata in San Giovanni Rotondo del triste caso a cui soggiaceva S. Marco fin da tre giorni.. Il maggiore Facino voleva prendere tempo per organizzare una competente forza, onde riuscire a salvare il paese. Ma il capitano Briggia, la cui memoria dovrà essere eterna negli annali sammarchesi, calcolando li pericoli in cui questi si trovavano, ed il prontissimo aiuto di che abbisognavano, non volle dar tempo al tempo. E perché poi si trattava ancora di poter salvare, col paese i loro fratelli di armi, così pure i soldati impazienti cercarono di partire. Comandava il picchetto di avanguardia il sullodato Briggia; il maggiore Facino seguiva col resto della forza. Sapevano bensì che una compagnia di bersaglieri era partita da Foggia, ma ignoravano tutto l’episodio della mattina. Arrivati nella strada nuova che domina il piano, e scorgendo tutto il paese illuminato (così ordinavano i briganti per tutte le notti) ed in perfetto silenzio, pensava il Briggia che il comandante dei bersaglieri aveva ripristinato l’ordine. Ma di poi sentendo gli allarmi ripetuti nei vari punti dalle fazioni si convinse in contrario; e, fatta fervorosa allocuzione ai soldati, con che li esortava a spiegare nello assalto, che erano per fare, tutto il loro coraggio, poiché niuna speranza avrebbero potuto avere in una ritirata, che li sarebbe stata chiusa da tutte le parti, e che perciò non gli restava che vincere o morire, si inoltrarono per la Noce del Passo. I colpi che si udirono furono appunto quei che, allo sboccare di detta strada, scaricarono sopra un gruppetto di gente che stavano dietro la chiesetta del cimitero. Non vi lasciarono morti ma un solo soldato sbandato ferito; e, libero il primo passo, i soldati, sempre più coraggiosi, si avanzano per la Strada del Ponte.
S. Marco in Lamis: l'attuale Corso Matteotti detto anche 'La chiazza'.
S. Marco in Lamis: l'attuale Corso Matteotti detto anche 'La chiazza'.
Onde poi entrare in Piazza con simile successo ed inosservati, poiché quello sparo non ridestò nessuno, sia perché non fusse stato inteso, sia perché fu interpretato per li soliti spari della sentinella, si tolsero via le scarpe per evitare un calpestio allarmante.
Immessi così nella Piazza e gridando a tutto fiato con la voce dell’ordine: ‘Viva Vittorio Emanuele! Viva l'Italia!’ si divisero parte per sopra e parte per sotto la Piazza, che era deserta, come deserto il quartiere, perché una donna precorse ad avvisare i briganti, che vi erano, dell’entrata dei soldati. Snidarono insomma tutti in un baleno, come belva dalle tane all’appressarsi dei veltri, perché sentendosi assaliti fin dentro le case, nonostante la vigilanza delle loro scolte, già credevano, come da tutti pure si credeva, che immensamente grande russe la forza, che li perseguitava: perciò, sopraffatti, confusi, avviliti, si diedero ad una precipitosa fuga. Due fratelli briganti, i Panzoni, con un terzo compagno, furono arrestati in tempo che bussavano le loro case per prendere rifugio, e furono immediatamente fucilati nel cortile del Palazzo Badiale.
S. Marco in Lamis: una strada interna del paese.
S. Marco in Lamis: una strada interna del paese.
La piccola truppa adunque prende per assalto, e senza la minima perdita o resistenza, il paese, dispone la ronda per l’interno e circonda l’esterno di sentinelle, facendo così veramente mostra di essere creduta un poderoso esercito.
Intanto le grida e il fracasso dei soldati entrati in piazza, arrivavano alle orecchie dei lontani come lo strepito del temuto pericolo, quindi ai battiti accelerati del cuore, succede un irresistibile tremore per la vita, ed un pallore di morte già li rende cadaveri prima del tempo. Una voce, poco o male intesa, par che li dica: i soldati! i soldati? e come poter venire questo aiuto così di soppiatto e senza resistenza? Inganno! rispondevano tra sé: voce dolosa esser quella intesa, che cerca deludere l’incanto prima di ucciderlo. In tale prevenzione perciò non si osò nemmeno fare capolino. Ma siccome con l’avvicinarsi, più distinte si facevano le voci, così non si dubitò più che il tanto sospirato aiuto era già arrivato opportuno. I ringraziamenti più sinceri volevano farsi agli angeli liberatori, ma questi, per timore di qualche tradimento, impedivano di aprirsi le porte chiuse nonché di affacciarsi alle finestre. Inni di ringraziamento si fecero allora all’Altissimo, che si degnò nella sua misericordia visitare e fare la redenzione del popolo suo. Allo spavento era subentrato il coraggio, al pericolo la sicurezza, ed una nuova vita da quel momento si incominciava a vivere, dopo di avere sì fatalmente sofferto”.

La liberazione: 'pelo e contropelo'.

S. Marco in Lamis: l'attuale V.le della Repubblica, anticamente denominato 'il piano'.
S. Marco in Lamis: l'attuale V.le della Repubblica, anticamente denominato 'il piano'.
'Sorge il giorno 5; e benché gli animi siansi assicurati, le forze del corpo rinfrancate, e tutto l’essere ripristinato, pure un certo che di triste e di malinconico si scorgeva inviluppare ancora tutto il paese. Le strade spopolate e deserte non davano al certo che la sembianza di un luogo romito e senza gente. Erano tutte rannicchiate nelle case, aspettando quali nuovi ordini si sentissero, ed anche perché gli ufficiali passeggiando lungo le piazze con le sciabole sguainate impedivano a chicchessia la sortita. Durò questo piccolo assedio per poche ore del mattino. Fatta libera l’uscita e incominciando a circolare gli informatori e le notizie, si seppe che durante la notte altri quattro soldati sbandati erano stati uccisi dai posti dei soldati per non aver risposto alle voci di fermata; che il comandante aveva ordinato di chiudersi di muro a secco tutti i capistrada fuori l’abitato; ma che poi si restrinse a far chiudere solamente la strada della chiesa; consegnarsi tutti gli oggetti appartenenti alla truppa e rubati nel quartiere, con la pena di fucilazione fra 24 ore; con la stessa pena e con lo medesimo perentorio consegnarsi tutte le armi da fuoco e da taglio e munizioni; e pagarsi fra tre giorni, per indennizzo ai danni sofferti dalla truppa e per sovvenzione alle famiglie dei soldati uccisi lire 16.150 dai proprietari e lire 2.550 dal Capitolo. Tutti questi ordini col rigore e con la furia militare furono eseguiti appuntino. Degli innocenti e dei rei, adunque se ne fece così una massa; che anzi questi ultimi, che erano tutti del popolaccio più miserabile, non ne sentirono il menomo danno, tranne che per timore del fucile, riconsegnarono nella vegnente notte in mezzo alle strade e ai canali gli oggetti saccheggiati nel quartiere. La vita salva fu ben ricomprata e, dopo la barba di una rozza mano, conveniva ricevere il contropelo di una mano più delicata. Nel giorno 6 venne un rinforzo di soldati da Manfredonia con un delegato di polizia, poliziotti e due cannoni; e vennero pure quelli istessi bersaglieri che furono dai rivoltosi respinti e dai quali si ebbero tutti i particolari di quell'attacco. Da questa notte incominciarono vari arresti di conniventi, e tra gli altri vi fu quello sbandato che restava gravemente ferito nella prima scarica all’entrata dei soldati, e che poi morì in carcere nel giorno undici.
Nel giorno 7 furono sparati 21 colpi di cannone in mezzo al Piano per la inaugurazione della bandiera posta sul campanile dell’orologio, e furono chiamati tutti i genitori e i parenti delli sbandati a ciò si fussero cooperati alla presentazione di quelli ai quali si condonava ogni pena, riprendendo il servizio militare. Questa mediazione riuscì veramente efficace, poiché sino alla seguente sera del giorno 8 si contarono 62 sbandati presentati. Arrivano ancora molti altri soldati, e parve che con tanta forza, la quale occupa tutta la nuova chiesa ancora in costruzione, l’altra di S. Antonio Abate, le case di Serrilli nel Piano ed il Palazzo Badiale, con tanta forza, diceva, e con tanti sbandati presentati, volesse ogni cosa rientrare nell’ordine, lasciando in campagna i soli briganti ed in poco numero. Il maggiore comandante avendo pensato a sovvenire le famiglie dei due soldati uccisi con la sopradetta imposta militarmente esatta, pensò ancora, ed in ciò cristianamente, a sovvenire pure per l'eterno riposo le anime di quei. Quindi nel giorno 10 fu dato l’ordine a tutto il clero il quale, con la sua solita prontezza, celebrò un solenne funerale per quei prodi, offrendo, oltre all’incomodo personale, anche la cera; e ciò per piccola sopraggiunta alla tassa innocentemente pagata. Nel medesimo giorno partono per Manfredonia i presentati sbandati da imbarcarsi per Genova e viene il giudice istruttore. Nel giorno 11 parte per Foggia il maggiore Facino, lasciando il comando al capitano Briggia, e seco porta tutte le armi depositate nel disarmo generale. Era sua intenzione lasciare armati i soli guardiani comunali e badiali, ma di poi, dopo replicate preghiere, condiscese a lasciare 45 fucili per armarsi persone fiduciose al capitano. Fino al giorno 16, a poco a poco, vennero richiamati gran parte dei soldati: partirono pure i cannoni, per li quali il Delegato Sig. Califani, che li portava da Manfredonia, esigé da questo municipio ducati 12 al giorno; e non vi rimase che una piccola forza per difesa del paese, lasciato perfettamente inerme'.