Altri episodi. Fucilazione a carnevale e sfratto di frati.

La facciata della Chiesa del Trionfo del Purgatorio.
La facciata della Chiesa del Trionfo del Purgatorio.
'L'effemeridi, di cui ci siamo occupati, ci porgono veramente di tanto in tanto dei curiosi episodi che non vogliamo trasandare, onde interrompere per poco la filastrocca che non finisce per ora.
Insieme col 49° vi stava qui, pure sotto il comando del maggiore Rajola, una compagnia di guardie mobili, delle quali era capitano un tale Valentini di Foggia, giovane a 22 anni. Nel giorno 4 febbraio costui, insieme a un amico paesano, si avvia di corsa a cavallo per la strada nuova verso S. Matteo: veniva da quella parte, anche alla corsa, un altro cavaliere paesano. Arrivati sul terzo ponte, ove la strada fa una piccola curva, e senza che nessuno dei tre avesse potuto fermarsi, per dare ad altri passaggio, si scontrarono con tanto impeto il petto del cavallo che veniva da sopra con la testa della giumenta cavalcata dal capitano, che, da una parte stramazzò questi con la giumenta, e dall'altra lasciarono rovinate le gambe del cavallo e del cavaliere. Il Capitano, rotti i denti incisivi, si credeva già morto, ma poi si riebbe: la giumenta però vi lasciò sotto all’urto. Il cavallo poi, rovinato nella spalla, lasciò sfregiato. Nella chiesa del Trionfo del Purgatorio si vede il quadro votivo. Ora, senza fermarci lungamente in questo mese, per dire che nel giorno 13 le diverse pattuglie del paese, di notte, standovi molta neve, inseguirono a fucilate fuori S. Berardino, nella vigna di Ciaravolo, tre uomini, i quali prima tirarono una pistolata, lasciando tre cappotti, una pistola, una frusta ed un cappello; che nella stessa notte arrestarono tre individui portanti maccheroni, vino ed altro ai briganti; e che negli ultimi giorni del mese la guardia di San Severo, di Sannicandro e di Apricena, pattugliando per lo nostro tenimento, distruggevano ed incendiavano quante casette e pagliai incontravano, sotto il pretesto di togliere ricoveri ai briganti.
Passiamo al seguente mese di Marzo, che ci somministra a narrare fatti di maggiore importanza. Era il secondo giorno di marzo, e, senza sentirsi quei popolari baccani, soliti a farsi specialmente dalle popolazioni napolitane, concorreva nella massima quiete il primo giorno di carnevale, un insolito strepito militare, entrando dalla estremità della piazza, eccitava la curiosità del popolo. In mezzo a una colonna di militi marciava, legate le mani e le braccia, il brigante Giuseppe Nardella, ‘Potecaro’, cugino del più volte ricordato Agostino, e portante ancora seco le armi sue. Al suo fianco incedeva, pure con affettata modestia, una donnetta piuttosto graziosa di San Giovanni Rotondo, e vedova del brigante Cosimello, ucciso nel Calderoso nel giorno 8 agosto passato anno, la quale si era volontariamente data a colui fin dalla morte di suo marito. Se di entrambi uno fu l’arresto, diversa però ne fu la sorte. La donna dopo alquanti giorni uscì dagli arresti, ma il brigante dopo poche ore uscì di vita. Ad ore 22, in mezzo a tutta la pubblica forza, parata a festa, preceduta dall’affliggente rintocco di due tamburi scordati, e da quasi tutto il popolo, concentrato in piazza, ahi quanto cambiato nel fisico!, il reo non con la donna, ma con un sacerdote al fianco, procedeva. Che volete! Un apparato così triste, non mai certamente da noi veduto, faceva sgocciolare dagli occhi di ognuno involontarie lacrime, non già per compassione del reo, che mai ne usava con chicchessia, ma per commiserazione dei traviamenti umani.
Veduta di Castelpagano all'ingresso della Valle di Iancuglia.
Veduta di Castelpagano all'ingresso della Valle di Iancuglia.
Arrivati alla Croce per lo lungo giro della piazza, segnò con la sua morte il secondo numero di simili infamie. Nel giorno 3 ci fu attacco sulle cime di Castello con 12 briganti: se ne prese uno ferito, forestiero, che fu sul luogo fucilato, ed il cadavere qui portato ed 8 cavalli. E siccome era stato dato per guida ai soldati un brigante presentato, così col di costui aiuto nel giorno 8 ne furono trovati altri cinque cavalli lasciati come inutili; e nella posta di Ciufelli; a Foresta, fece trovare nel medesimo giorno cinque lancie di quei lancieri uccisi nel 31 di dicembre.
Si capiva bene da tutti che il miglior modo ed il più sollecito per liberarci una volta per sempre da questa fatale genia, era quello di riuscire a persuaderli per la presentazione, perciò nel giorno 20 un'apposita commissione di galantuomini si presenta ai briganti nella contrada Sambuchello, fatto però prima un vero armistizio, per parlarli. La proposta fu ricevuta da quei pochi che vi erano, con la condizione che essi dovevano prima conferire con tutti i compagni per decidersi, e che, per ciò fare, volevano tre giorni di tempo, durante i quali ritirar si dovevano tutte le pattuglie dalla campagna. Scorse questo perentorio, ma la presentazione dei briganti non avvenne. Invece sembra essersi vieppiù sfrenati a far del male. Poiché nel giorno 2 aprile aggrediscono il corriere postale e gli tolgono la valigia delle lettere. Per altro fecero ciò che altre volte, prendendo le sole lettere di ufficio. Nel giorno 12 tolgono il cavallo ad un contadino, il quale, insistendo per riaverlo, fu fortemente battuto e poi ucciso con due colpi di fucile. Nello stesso giorno uccidono l’intiera carovana di 27 bovi di un proprietario sammarchese, e bruciano circa duemila pecore di un avvocato abruzzese. Furono poi accorti di redimere subito la loro barbarie, assistendo nel giorno 17 in numero di 60 alla funzione del giovedì santo, nel convento di Stignano, lasciando abbondante limosina a quei padri, ed a quanti poveri vi si trovavano.
San Marco in Lamis. Contrada Cardinale. Una gallina che si disseta.
San Marco in Lamis. Contrada Cardinale. Una gallina che si disseta.
Si fa di nuovo un generale movimento di forza: in Puglia, a S. Leonardo, a primo maggio si prendono vivi e morti nove briganti e i loro cavalli, lo stesso dì nel nostro tenimento, a Cardinale, i sannicandresi dopo uno scontro prendono 13 cavalli; in altra contrada nel giorno 2 i sammarchesi prendono altri 5 cavalli. Pare che con queste perdite i briganti avrebbero dovuto perdersi di coraggio: Ohibò! Di cavalli ognuno ne teneva in serbo fino a due, di uomini erano ancora in numero; e quei che morivano essi li dicevano i più minchioni. Perciò adunque non si ammansiva la loro ferocia. In fatti nel giorno 7 uccidono nella Marana del Marchese il giovane agrimensore Don Antonio Schiena. Nella grande comitiva aveva già preso parte Angelo Gravina con i suoi 5 figli, dopo che per qualche tempo furono latitanti per imputazione di furti di animali. Un solo figlio a nome Pasquale non sempre si immischiò nei facinorosi avvenimenti, come si diceva, ma si ristette in quella vita nascosta; per cui, essendo stato arrestato inerme nel giorno 20, espiata una piccola pena correzionale in queste prigioni, fu posto in libertà. Il Del Sambro, divenuto grande per fama, e per infamia, voleva estendere ancora le sue industrie e mettersi nella classe dei proprietari. Si aveva già formato una greggia di 200 capre, tutte scelte, che pascolava a Foresta. Nel giorno 23 furono qui portati dalla forza, e per due mesi circa, fino a che furono vendute all’asta pubblica, fecero scialare di latte e carni, i soldati, che le avevano confiscate. Nel giorno 5 giugno dal Signor Prefetto della Provincia viene ordine di chiudersi il convento di Stignano, assegnandosi a quei frati un perentorio di tre giorni per uscire e trasportarsi le robe. Dispensandoci noi di esporre le cause di un tale ordine, crediamo sufficiente trascrivere l'uffizio del prefetto Del Giudice, risponsivo a quello del Sindaco:

San Marco in Lamis. Convento di San Matteo.
San Marco in Lamis. Convento di San Matteo.
‘Prefettura di Capitanata - Gabinetto - Foggia, 6 giugno 1862. Signore, sono dolente di non potere annuire alle sue premure. Il convento di Stignano è stato nido dei briganti, ed è; e codesti naturali, presso i quali la predoneria è fatto abito, potrebbero smettere alquanto di questa loro superstizione ed essere più onesti. Se il brigantaggio non cesserà, mi vedrò costretto a chiudere pure il convento di S. Matteo. Codesto paese è lo scandalo della Provincia e del Regno; né le persone agiate hanno alcun potere, o fingono di non avere per insinuare alla massa il rispetto alla proprietà e l’ubbidienza alle leggi. La stessa guardia nazionale è fiacca, e gran parte di essa è manutengola ai briganti. Né voglio farvi meno dirle per codesto paese, il quale è il seminario di tutte le comitive, io mi sono visto obbligato di invitare il Ministero a proporre alla Camera leggi di eccezione; cioè la deportazione in Sardegna delle famiglie dei briganti e di tutti coloro che sono creduti loro fautori. Così solo ho fede che questo flagello potrà cessare e potranno acquistar pace i pochi onesti di codesto comune, fra i quali mi piace di annoverar lei. Il Prefetto - firmato Del Giudice -‘.

Uscirono adunque i monaci del convento di Stignano e di essi parte furono ricevuti in S. Matteo e parte si alloggiarono in questo Ospizio, sino a che si appigionarono una casa più decente, ove tuttavia sono stanziati'.