La 'fola' della resa di Gaeta. Da San Severo - 13 febbraio ‘61:
'Signore, il sig. Consigliere del Dicastero della Polizia con telegramma giuntomi or ora mi partecipa quanto appresso. Da Gaeta si ha notizia che l'ex re Francesco II ha chiesto oggi d'imbarcarsi con tutta la famiglia a bordo della corvetta francese La Muette per partire. Si tratta della resa della piazza, la quale probabilmente domani capitolerà in seguito ai guasti immensi prodotti da nuova esplosione. Lo pubblichi immantinente nei comuni di cotesto mandamento'.
Da Foggia - 14 febbraio:
'Ai Signori Intendenti e Sindaci della Provincia. Coi corrieri postali partiti nella scorsa notte ho spedito alle SS.LL. i primi importanti annunzi della prossima resa di Gaeta. Ora riceveranno qui ingiunto l’atto che chiude il dramma e fa pago l'universale desiderio interessando le SS.LL. non solo a darvi la massima pubblicità, ma a festeggiare in tutti i modi religiosi e civili il faustissimo avvenimento come si è prescritto col telegrafo del Dicastero dell'Interno”. Da Napoli, 15 febbraio: “Francesco II col suo seguito ha lasciato Gaeta questa mattina verso le 10, imbarcato sulla corvetta francese La Muette. Pubblicate ques[t]a nuova da per tutto. Napoli, 14, ore 2 a.m.'.
S. Marco in Lamis - 15 febbraio:
Una cartina raffigurante l'assedio di Gaeta.'Sig Governatore, con molta soddisfazione si è ricevuto il di Lei riverito foglio della data di ieri portante la fausta novella della totale resa di Gaeta che si è festeggiata in questo Comune e resa di pubblica ragione”. In pari data: “Sig. Arciprete, per superiori disposizioni comunicatemi con uffizio del sig. Governatore della Provincia in data del 14 corrente si deve festeggiare in tutti i modi religiosi e civili il faustissimo avvenimento della resa di Gaeta, perciò La prego di riunirsi col Rev.do Capitolo nella chiesa Matrice alle 11 antimeridiane di questo giorno ove interverranno tutte le autorità civili e militari con la Guardia Nazionale e il distaccamento del 5° di fanteria italiana per cantare l'inno ambrosiano in ringraziamento a Dio dei benefici ricevuti'.
Tutto questo per una semplice formale manifestazione ufficiale cui presero parte le autorità civili e militari con i pochi liberali, subendo il clero nonostante il divieto del vescovo. Già dallo stesso sindaco sappiamo come dal clero, “in generale ostile”, e dal popolo tutto la notizia fosse accolta “con freddezza”. Anzi, dopo pochi giorni, gli eventi maturano, precipitano addirittura in senso opposto ai desideri relativi alla resa di Gaeta. 19 febbraio:
'La notizia della resa di Gaeta ha prodotto in questo pubblico un effetto sullo spirito soddisfacentissimo, quantunque si creda da pochi. Il sindaco'.
In pari data:
S. Marco in Lamis: bambini a scuola'Lo spirito pubblico di questo mandamento è immegliato dalla novella della resa di Gaeta, comunque il basso popolo la creda una fola. Il brigantaggio è quello che tiene in dispiacere i buoni ed oltre alla comitiva di Del Sambro molti altri si sentono sotto di tal nome. Ed è perciò che la prego disporre che la colonna mobile comandata dal Capitano Salciti perlustri e purghi il tenimento dai grassatori di campagna, perché questi proprietari possano accedere alle loro industrie e darsi travaglio ai poveri bracciali, i quali colla viva forza sono obbligati ritirarsi in paese'.
1 marzo. Uno scatto del sindaco che mette rudemente il dito sulla piaga:
Scuola serale: parla il prete (d. felice Bonfitto).'Sig. Governatore, perché questo pubblico ignorante non presta fede agli ultimi avvenimenti, si parla, in tutti i punti di riunione, di Francesco II, e mille immaginazioni vane sul ritorno dello stesso al regno in ogni giorno fanno gridare quasi in tutti i punti di questo paese senza produrre male alcuno sino a questo momento. Di questa imbecillità che regna in questi popolani vedo ne vogliono trar profitto la molteplicità dei facinorosi che sono nelle campagne che, unendosi coi ladri che sono nel paese, con ogni sforzo meditano e concertano una insurrezione, in forza della quale sperano di saccheggiare e uccidere i proprietari e i galantuomini che credono attaccati all’attuale governo. Voler affidare la pubblica tranquillità alla sola Guardia Nazionale, la maggior parte inerme, ed unita in parentela a questi popolani e forse anco ai ladri, è l’istesso che fare la rovina di questo paese da oggi a domani, mentre Ella deve comprendere che in proporzioni dei popolani feroci di loro natura, sia i galantuomini che le buone Guardie Nazionali rappresentano un piccol punto. È necessaria adunque una forza militare Piemontese, sia per far ricredere il pubblico ed avviarlo nel diritto sentire dell'obbedienza e dell'amare il Governo del Re Vittorio Emanuele, sia per lo arresto dei malviventi che la sola Guardia Nazionale, chi per timore chi per amore non può eseguire; e parlando dei ladri La prego dirmi se posso far arrestare per misura preventiva i sospetti che girano tutto il giorno il paese e poi istruirsi i processi corrispondenti poiché essendo i medesimi in libertà tutti temono di svelarli. Per preservare questo grande e laborioso paese della Provincia dai disastri che il minacciano, condurlo ad amare la Patria, La prego mettere in opera tutti i paterni mezzi, onde mandare subito la forza piemontese e farla qui stanziare fino a tanto che sarà persuaso il pubblico dell’efficacia dell'attuale Governo e pei benefici che apporta, dell'amore che gli deve corrispondere, come ancora fino alla distruzione dei malfattori e ladri che infestano le campagne e che girano per il paese'.
Avvisaglie e primi tentativi. Il giorno seguente il sindaco è costretto ancora a scrivere al governatore, pregandolo di essere creduto sulla denunziata gravita della situazione e di non dare ascolto a informatori superficiali e ottimisti o in mala fede:
S. Marco in Lamis: Scuola serale.'In questo momento che sono le ore 21 un drappello di contadini all'estremo di questo abitato verso mezzogiorno nelle vicinanze della Chiesa della Madonna delle Grazie riunito per fare ammutinamento di altri individui e tentare ed effettuare la vera rivolta han minacciato diversi galantuomini attaccati all'attuale governo per ucciderli e lavarsi le mani nel sangue. Del che avutone conoscenza la G. N. si è riunita in quel punto per arrestarli, ma la malizia e robustezza di questi individui li ha fatti dare a gambe, sicché la G. N. sino ad ora non li ha potuti raggiungere. Si vede ancora in questo momento la comitiva di Angelo Maria Del Sambro sulla vetta della montagna che domina San Marco; in conseguenza si vede il concertato urlo della rivolta; atteso questo fatto, attesa la moltitudine di questi popolani alla di cui proporzione la fedele G.N. ed i galantuomini sono un punto impercettibile, Le spedisco il presente espresso affinché al più presto domani mandi una forza competente per reprimere la rivolta che sarà per scoppiare. Ella, atteso i fatti precisi, spero che voglia credere a quanto Le manifesta un sindaco coscienzioso, senza stare alle ciarle di coloro che o poco conoscitori delle faccende del paese, o senza interesse né della vita né delle sostanze e dell'onore spiegano forse presso di Lei i fatti per innocui o non esistenti. I nomi degli incitatori alla rivolta segno al margine del presente acciò ne abbia a conoscenza'(Nota 2).
Un singolare tentativo di rivolta: una donna alla testa di cinquanta ragazzi. Questo esposto del Capitano della G. N. Matteo Tardio meglio spiega le intenzioni della rivolta tentata.
'S. Marco in L., 26 marzo 1861. Signor Sindaco, ieri sera verso le ore due della notte venne da questa G.N. arrestata Angela Maria Guerrieri che alla testa di circa cinquanta ragazzi di ambo i sessi pubblicamente nella piazza tentava una rivolta con delle grida sediziose di Viva Francesco 2, coll'idea del saccheggio come si era estrinsecata nei giorni antecedenti, soggiungendo a diversi popolani che vedeva aggruppati per propri affari di massacrare i galantuomini e spogliandoli come venne praticato a S. Giovanni Rotondo'.
Ciò basta, nella denuncia fatta lo stesso giorno all'esasperato animo del sindaco e dei pochi fedeli (“un punto impercettibile” di fronte alla massa ostile) al nuovo regno per minacciare l'esodo da S. Marco, sentendosi esposti a pericoli gravissimi e reali e non sufficientemente difesi dal governo piemontese.
S. Marco in Lamis. Bambini che escono da una scuola in Corso Giannone nel secondo dopoguerra.'26 marzo 1861. Sig. Intendente, mi si riferisce dal capitano di questa G.N. Don Matteo Tardio, ieri sera in servizio, di avere dalla forza di suo comando fatta arrestare e presentare a questo signor regio giudice la nominata Angela Maria Guerrieri che alla testa di circa cinquanta ragazzi tentava una insurrezione per devenire al saccheggio e massacro di questi galantuomini dai popolani suoi aderenti. Da più mesi pubblicamente la stessa insinuava il basso popolo alla rivoluzione e ieri sera si sarebbe dato effetto se una forte partita di G.N. non fusse accorsa e dissipato il popolaccio. Si è passata l’arrestata al potere giudiziario con i lumi necessari per istruirsi una regolare processura. Stante quanto di sopra o avuto il bene di rassegnarle e stante pure che i latitanti infestano questo tenimento e sotto il pretesto delle grida sediziose cercano associarsi al popolaccio per quindi entrare in paese e divenire a mano salva al saccheggio e massacro, io La prego per quanto so e posso disporre che questa forza cittadina sia subito armata ed un buon numero di carabinieri piemontesi si porti immediatamente in questo Comune, mentre hanno stabilito che nel sabato santo deve scoppiare la rivolta. Molti uffici ho diretto a Lei e al sig. Intendente per l'istesso oggetto cercando sempre armi e forza per frenare un popolo di diciottomila abitanti e mai ho avuto il bene di essere esaudito; perciò da questo momento francamente Le dichiaro che io, i Capitani della forza cittadina e tutti i buoni galantuomini emigreremo da San Marco che fra pochi giorni si vedrà teatro di strage e di distruzioni se non si daranno pronti ed efficaci mezzi per salvarlo. (Quale) sindaco coscienzioso mi pesa la responsabilità e l'amore per la patria e imploro sollecito rimedio a tanto male'.
S. Marco in Lamis. Anziane allieve di un corso seraleLa rivolta infatti scoppiò funestissima; fu solo rinviata da una festa religiosa a quella più opportunamente e polemicamente intenzionale; e cioè, non il sabato santo ma il giorno dello Statuto. Qui però l’occhio del lettore, come di ognuno sensibile ai problemi educativi e a quelli della scuola, non può non fissare il suo sguardo su quei cinquanta ragazzi istigati alla rivolta da una donna. Altri 'crocchi di ragazzi e giovinastri' in prima fila li abbiamo incontrati nella rivolta tentata e subito sedata nel giorno di Natale del 1860 (Nota 3). L'ombra del concittadino Pietro Giannone aleggia pensosa su questa gioventù garganica, su questa plebe tenuta volutamente nell'ignoranza, perché un giorno, come l'autore del Triregno presentiva, sarebbe stata ai monarchi napoletani fedele alleata contro la nobiltà e la borghesia desiderosa di rinnovamento (Nota 4). Non è fuori posto qui pensare all’analfabetismo di quei ragazzi rivoltosi; analfabetismo strumentale, letterale e civico. Il comune di S. Marco, al tempo dell'unità, sovvenzionava meschinamente solo quattro maestri elementari: due erano addetti all'istruzione dei maschi e due a quella 'delle fanciulle', come si legge in un elenco. Quattro maestri potevano badare a un massimo di 200 alunni: ben misera cosa a petto di 1.500-2.000 ragazzi da scuola esistenti in un comune di 18.000 abitanti. L'analfabetismo era tale che alcuni consiglieri comunali non potevano firmare gli atti del decurionato; notevoli 'i non scribenti' su un totale di 25 decurioni(Nota 5).
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