'Bisogno di mantenere la vita ad animi esasperati', così il sindaco di Rignano all’indomani della prima reazione popolare sammarchese del 7 ottobre del '60. Egli, pur nella sua ingenuità, con naturale buon senso sub[o]dora il movente sociale dei rivoltosi che, profittando del nuovo regime di libertà, esprimono il loro impellente bisogno. La lettera è interessante per le indicazioni, sia pure sommarie, che ci fornisce sulle condizioni di questo nostro borgo popoloso e rumoroso.
Un vecchio contadino - ora deceduto - prepara il pancotto.'Sento con rammarico ciò che mi esprime col rapporto di ieri. Né so comprendere come codesto popolo non contento di essersi reso colpevole di una insurrezione, dalla quale altro non ha ricevuto che danno e sventure, voglia ritornare sulle medesime orme per indurre il governo ad adottare altre eccezionali misure di rigore, quando che intende beneficare ogni classe di cittadini e specialmente coloro che, mancanti di mezzi, han bisogno di vitto. Ella certamente conosce le misure che sonosi stabilite e non andrà più oltre dei quindici giorni e vedranno aperti i travagli ai quali si occuperanno i faticatori non solo ma anche quelli che non avvezzi al travaglio invigileranno i primi. Ma quale sarebbe lo scopo dei rivoltosi? Essi non faranno male che a se medesimi e di assai lunga mano maggiori di quelli che per di loro colpa han prodotti. Della intera popolazione di S. Marco e che ella fa ammontare a 18.000 abitanti, credo che la metà siano donne; una buona parte ragazzi e non ancora adulti, un buon numero di proprietari, preti ed industriosi; una buonissima parte di padri di famiglia e gente quieta. Laonde non vi sarebbero a temere che di soli quelli mancanti di ogni mezzo di sussistenza, che non vedendo modo a riparare i di loro bisogni pensano a darsi alle turbolenze. E a questi appunto bisogna tener mente e frenare. Se ella potesse far dare ai medesimi dai fondi comunali una qualche somma in riparo dei bisogni di mantenere la vita, sarebbe il più sicuro mezzo per mitigare gli animi esasperati, e tali somme non andrebbero perdute poiché facendosene un notamento potranno scomputarle dalla mercede che avranno, col certo travaglio che fra breve andrà ad aprirsi. In tali difficili tempi egli è d’uopo agire energicamente ed associati a persone probe ed influenti del Paese e così ella può ovviare a quei mali che avverandosi riuscirebbero dannosi a tutti i di lei amministrati. Il Sindaco Piccirilli'.
Un funerale a S. Marco in Lamis, dove questi fino agli anni '60 del 900 si svolgevano pressoché quotidianamente.Il buon Piccirilli farà presto la sua triste esperienza di questi popolani affamati: quando gli saccheggeranno ed incendieranno una masseria, depredandolo degli averi e di numerosi capi di bestiame. Vi è, in merito, una sua lettera di doglianze al nostro giudice mandamentale in data 6 febbraio 1861. Non sappiamo che cosa allora gli rispose il collega sammarchese, che era poi lo scaltrissimo Giuliani; ma già conosciamo che cosa il successore del Giuliani, il risoluto De Theo, scrisse il 26 novembre ai suoi superiori di S. Severo e di Foggia (Nota 1). Si ricorderà che già il 10 novembre egli informava le autorità provinciali sulle “incertezze” che serpeggiavano nel suo Comune “non per politiche idee ma per la crescente disoccupazione dei bracciali”. Non contento d’aver informato il sottogovernatore, il sindaco De Theo, variamente pressato e preoccupato, pensa di spedire il giorno successivo direttamente un espresso di uguale tenore al governatore di Foggia, giustificandosi: “l'urgenza non permette di attendere il giro pel sottogoverno del distretto”. Ancora il 28 novembre il sindaco, tra l'altro, notificava:
'il motivo del malcontento generale dipende dal pagamento della tassa di guerra. Al contrario i proprietari che obtorto collo hanno dovuto sborsare la somma sono impossibilitati a proseguire i lavori agrari avendo impiegato quel piccolo peculio che avevano per versare la somma od evitare il terribile minacciato saccheggio a questo popolo. Sarei a tenerla pregata per l'organo del sig. Governatore o come meglio Ella creda, far presente tale impellente circostanza al glorioso Re italiano Vittorio Emanuele, perché dal tesoro o da altro fondo potesse questa somma essere rivalutata della tassa pagata e delle spese occorse ed occorrenti pel mantenimento della truppa che ascende a circa ducati ottomila. Per gli eletti è eminentissima l’opinione di essere attaccati al governo del Nostro Glorioso Re Vittorio Emanuele'.
I pochi 'eletti', attaccati al glorioso re Vittorio, si trovano anch'essi nella condizione di non poter seminare le terre, sia perché le campagne sono infestate di latitanti, sia perché non hanno più soldi per pagare gli operai, avendo anticipato la nota vistosa somma alle truppe di occupazione. Così il sindaco continua:
'queste campagne sono infeste di latitanti e la povera gente non puote uscire dal paese per non essere spogliata anche dei vestimenti, motivo per cui è indispensabile una forza che perlustri e purghi il lenimento di sì trista genìa. Non per la carica ma per principi di buon cittadino ho creduto adempiere al mio dovere particolareggiando le parziali nozioni che Ella mi chiedeva col rispettabile foglio della data di ieri e le sono oltre modo tenuto per gli alti sentimenti spiegati da vero italiano e uomo di cuore verso questa infelice popolazione'.
Si noti l'accoratezza del tono, pur risoluto, di questo vero italiano, di questo sindaco 'uomo di cuore'. Altro motivo di disagio non lieve era, nella necessità della permanenza di una truppa numerosa per il mantenimento dell’ordine, la scarsa disponibilità degli alloggi, donde la meraviglia del sottogovernatore quando si vede richiesto di forza militare. Dalla risposta del sindaco emergono altri elementi sulle reali condizioni sociali ed economiche dei suoi amministrati:
'S. Marco 4 marzo 1861. Signore, è vero che la colonna capitanata dal Sig. Salciti avanzò a me doglianze per gli alloggi ai militi, ma Ella deve essere certa che non venne per cattiva intenzione di questi popolani, piuttosto per la posizione del paese, in cui vi sono molti abitanti, e poche abitazioni, talché molte famiglie coabitano fino al numero di tre unità e i proprietari hanno le case così anguste che appena possono tenervi gli oggetti della loro industria. La detta colonna come mi ha riferito il lodato Sig. Salciti si sciolse da sé poiché diversi comuni non diedero i loro contingenti e, mentre qui stanziava, disertò il contingente di Lésina e rimasero con lui quello di Serra, S. Nicandro e questo di S. Marco in Lamis coi quali niun servizio si poteva conchiudere. La prego adunque a disingannarsi sul proposito'.
Riportiamo infine un altro documento, che oltre a sottolineare il carattere franco e risoluto del De Theo, ci sembra di estremo valore e molto realisticamente eloquente sulle condizioni del paese e la politica del nuovo governo.
S. Marco in Lamis dista da S. Giovanni Rotondo ca. 10 km. - All'epoca non esisteva alcun collegamento decente tra i due centri del Gargano.'S. Marco in Lamis, 23 aprile 1861. Sig. Intendente, offre lo spirito pubblico di questo mandamento una oscillazione tale da irrompere da un giorno all'altro in una letale insurrezione, e ciò per i seguenti motivi: 1) Si è promesso ai poveri bracciali il travaglio che non si vede né si vedrà effettuato, comunque il prestito figuri accordato in ducati 2.223, che invece di impiegarsi amministrativamente nella strada di Stignano, con ripieghi vorrebbero spendersi nella strada di San Giovanni Rotondo, mentre per questa esiste un regolare appalto ed è stabilito il fondo nello stato finanziere a solo fine di far piombare la somma nelle mani dell’appaltatore invece di dar pane alla povera gente, unico fine cui tendeva il Decurionato nel domandare il prestito affinché la gente ignorante, avvezza a vedere fatti e non promesse si ricredeva ed incominciava ad apprezzare i frutti del novello regime liberale sotto lo scettro del glorioso Re Vittorio Emanuele. 2) Le campagne sono infette da comitive [di briganti] di diverso numero che inibiscono a questi proprietari di accudire alle loro industrie e fare eseguire i travagli opportuni alle colture e si vedono come maniaci starsene accovacciati nelle proprie case sottoposti dalle comitive istesse a regolari tasse, mentre non bisogna chiamarli più ricatti toccando la generalità. I tristi si vanno raggranellando per formare un corpo e piombare all'improvviso nel paese per portare la distruzione nella vita, onore e sostanze dei pacifici contadini. Che questa non sia una fola parlano i fatti, che dovunque si hanno fatti d’armi e ladronecci sempre figurano sammarchesi. 3) La guardia cittadina abbisogna di una spurga e quindi di essere sollecitamente armata. Si è disposta la venuta del Delegato per la ratifica e le armi, ma le promesse sono state vane ed il soldato inerme non dà soggezione a chicchessia e non si presta il servizio con la mazza. 4) La oscillazione dello spirito pubblico dipende dal fatto che i tristi sotto il pretesto di reazione vorrebbero eseguire il saccheggio e la strage, ed i buoni osservano una debolezza del governo per non reprimere con la presenza della forza il brigantaggio ed i reazionari, sicché il malcontento regna per tutti i lati. 5) Finalmente la promulgazione di tanti decreti senza attuarsene alcuno tiene gli animi in sospeso e credono mancare al governo i poteri per attuarne l'esecuzione. Premesse tali cose, io la prego provocare che in questo comune siano spediti prontamente il delegato di polizia e la forza militare ancorché di dieci o dodici per dare la caccia, in unione alla Guardia Nazionale, ai grassatori di campagna. Sino al momento un amor patrio mi ha rattenuto di rassegnare la carica e stabilirmi altrove, ma se non vedrò attuati i rimedi per salvare il paese da una letale insurrezione, mio malgrado sarò costretto di allontanarmi per non essere con tutti i buoni preda della rivoluzione e mirare la rovina di questo popolo traviato che dovrebbe con occhio benigno essere guardato dalle Autorità preposte al regime del circondario e sopra il quale si specchiano tutti gli altri paesi della provincia'.
'L'insurrezione letale', macchinata dai tristi, paventata e quasi fiutata nell'aria dal sindaco, scoppierà funestissima quaranta giorni dopo. E ancora, a un anno di distanza, precisamente il 5 aprile 1862, il nuovo sindaco La Selva, pur felicitandosi per il ritorno a Foggia del già governatore Del Giudice in veste di prefetto, così mestamente lo informava descrivendo con eguale realismo la paradossale e squallida condizione a cui si erano ridotti i sammarchesi per opera dei briganti e degli stessi decreti restrittivi inerenti allo stato d'assedio:
S. Marco in Lamis: tipica abitazione di poveri.'Questo municipio per mio mezzo esterna le felicitazioni pel ritorno di Lei al regime di questa bella e disgraziata Provincia. Nell’ottobre 1860 questo comune venne dal di Lei senno liberato prima dall'anarchia procurata dall'opera dei tristi e poscia dall'attacco della forza giustamente meritato. Ora il brigantaggio affligge l’intiera provincia e particolarmente questo tenimento che prima formava la delizia dei passeggeri per la bellezza delle svariate colture e per la estesa industria degli animali, ora si vede deserto e distrutto, portando le tracce dell'incendio e devastazioni delle più belle casine di lusso dei primi proprietari sino al misero pagliaio dell’umile contadino. La messe è prossima e se il brigantaggio non viene ad essere annientato, i poveri agricoltori saranno soggetti a vendere il frutto dei loro sudori e consegnarlo ai briganti, o essere distrutti dal fuoco. Il provvido Governo che degnamente Lo ha collocato alla testa della macchina sociale della Provincia, certamente non ignora i mali che la affliggono e fra questi il brigantaggio offre il primato: quanto sangue innocente si è sparso, quante lacrime bagnano le gote delle vedove e dei pupilli che han perduto l'unico appoggio che li alimentava ed ora laceri e tapini pitoccano un tozzo di pane ammuffito all'uscio di qualche caritatevole cittadino e dormono sulla nuda ed umida terra essendosi dismessi anche dal letto ove trovavano il riposo nelle notti. Precipua cura sia la distruzione del brigantaggio e sarà per sempre benedetto il nome dell'Angelo liberatore che purgherà queste contrade dalle feroci e immani bande dei malfattori'.
Mancavano lavori pubblici, ma ostacolati erano anche quelli privati. E ancora il 10 settembre 1862:
Strada interna di S. Marco in Lamis.'Sig. Prefetto, attesa l'urgenza e il bisogno, ho creduto mio dovere pel bene di questi amministrati, convocare la giunta municipale per deliberare sulla necessità di far pernottare in campagna questi piccoli coloni con i bracciali di servizio per la semina dei cereali, mentre volendo eseguire gli ordini superiori che tutti indistintamente in ogni sera ritornassero in paese, si avrebbe il male che la semina di cui è parola non venendo effettuata in questo mese e principio del vegnente, sarebbe meglio sospenderla, poiché essendo i terreni leggieri e situati in luogo freddo e rigido, i geli e le nevi assidererebbero le piccole piante ed i coloni perderebbero tutte le loro fatiche. La disposizione sarebbe ottima qualora i terreni fossero lontani dal paese poche miglia, ma questi distano fino a dieci e più miglia, ed allora il proprietario non farà che visitare il suo podere ed ai bracciali di servizio pagare loro la mercede senza essere servito. Le compiego perciò copia dell'atto deliberativo di questa giunta acciò si compiaccia far emettere dal Governo quelle disposizioni di giustizia pel bene di questa popolazione. Il sindaco'.
'Foggia 12 settembre 1862. Sig. Sindaco, questo Comando generale da cui dipende oggi il derogare o no alle disposizioni di sicurezza pubblica, interpellato sul contenuto dell'emarginata missiva (lavoro di campagna) di codesta segreteria, si è espresso in termini recisi che non si allontanerà in nulla dal prescritto nei suoi manifesti abbastanza chiari. Il Prefetto De Ferrrari'.
Più comprensiva si dimostra l'Autorità militare:
'Comando Generale delle truppe attive e stato d'assedio in Capitanata - manifesto -. Vista l’insufficienza del tempo lasciato all'attuazione della semina... il sottoscritto onde evitare i danni che ne verrebbero qualora molti proprietari per la detta insufficienza di tempo si astenessero dal seminare /ORDINA/ che il termine per l'apertura delle masserie onde addivenire alla semina è prorogato perentoriamente sino a tutto novembre. Con ciò restano diffidati i proprietari di sollecitare le loro operazioni con tutti i loro mezzi, disponendo l’Autorità Militare per quanto possibile onde i coltivatori si abbiano la necessaria protezione. Foggia, 11 ottobre 1862. Il Brigadiere Comandante Conte Mazé De La Roche'.
Diamo infine qualche indicazione sulle condizioni delle campagne circostanti dove ancora nel novembre 1862 i briganti tengono il campo. A richiesta del Comandante il distaccamento del 4° battaglione di fanteria, con qualche punta polemica, il sindaco fornisce queste informazioni:
'S. Marco in Lamis, 13 novembre 1862. Signore, per poter congruamente dare adempimento alla circolare del signor Prefetto della Provincia del 6 dicembre scorso anno, n. 34, non ci doveva essere in questo disgraziato comune il potente ostacolo del brigantaggio. A loro voglia le masserie e le piccole tenute di campagna si vedono spopolate di lavorieri. Licenziano quelli che loro non aggrada ed impongono ai proprietari di mettere al servizio persone a loro piacere. In questo vasto lenimento tanto le grandi quanto le piccole tenute sono corredate di case rurali e volerle enumerare vi occorrerebbe l'opera di mesi di un esperto ingegnere: sono quei progetti che stanno bene a tavolino e che riesce difficile attuarsi. Segno al margine i nomi dei proprietari dei casini che i briganti sogliono frequentare. In quanto poi alle scelleratezze che si commettono dalla banda dei briganti, esse sono note per tutt’il paese; e prima si conoscono da Lei e dal Delegato di pubblica sicurezza e dai Reali Carabinieri e poi da me, perciò si rende bene inutile che io ne la tenessi informata'.
Su cinque contrade indicate dal sindaco risultano ventisette 'casini' di masserie, con relativi nomi di proprietari, frequentemente dominati dai briganti. Nell'autunno 1862 si può dire che, mentre la città è in mano alle autorità civili e militari, nella campagna i briganti dettano legge: s'intravede, oltre una lotta tra città e campagna, quella già scoperta tra proprietari e briganti, seguiti da piccoli contadini e coloni. Un giudizio icastico e sommario. E per concludere, il parere del Massari, relatore alla Camera per conto di un’apposita commissione d'inchiesta, e che, tra l'altro, venendo a S. Marco, ebbe modo di constatare anche la drammatica condizione economica, sociale, politica, morale e il basso livello d'istruzione di questa terra.
'Tanta vigoria e tanto squallore sono naturale apparecchio al brigantaggio. La vita del brigante abbonda di attrattive per il povero contadino, il quale, ponendola a confronto con la vita stentata e misera che egli è condannato a menare, non differisce di certo, dal paragone, conseguenze propizie all’ordine sociale. Il contrasto è terribile, e non è da meravigliare se, nel maggior numero dei casi, il fascino della tentazione a male operare sia irresistibile'.
A suo tempo il governatore, C. Bardesono di Rigras, acuto osservatore dei problemi di Capitanata, così scriveva da Foggia allo stesso Massari il 18-6-1861:
'i galantuomini della provincia da me amministrata si dividono in due categorie, i ladri e i rubati e i primi sono per D. Liborio, i secondi per il Conte di Cavour' (Nota 2).
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