Ultimi sussulti. Briganti in casa.

San Marco in Lamis: primo dopoguerra. Il 'oiano' con, all'estremità destra, il Palazzo Serrilli.nfitto
San Marco in Lamis: primo dopoguerra. Il 'oiano' con, all'estremità destra, il Palazzo Serrilli.nfitto
'Passati più giorni in questo stato, e senza che nessuna novità si fosse data sia in campagna sia in paese, ne accadde una in un tratto, che scosse gli animi di tutti. Erano le ore pomeridiane del giorno 21. Nel palazzo del sig. Ciavarella Nobile, lasciato vuoto, perché la famiglia si era ritirata in Foggia, abitavano, gli ufficiali del genio per le sole operazioni del giorno. Nel mentre che questi erano applicati allo studio, piuttosto difficile, della valle di Stignano, per la traccia della nuova strada, sentono dai carabinieri che essi già coabitavano, senza saperlo, con i briganti. Il capitano Annibale Valentini di Napoli, sulle prime prese a scherzo l’annunzio, ma poi, prestata fede alle serie insistenze dei carabinieri, si unì ad essi, ed a tutti innanzi, col sigaro tuttavia in bocca, si avanzò per la gradinata che conduceva al piano superiore. Non ancora aveva salita la metà della scala, quando da sopra si ricevé tre colpi di revolver nella faccia e cadde bocconi, senza profferir parola. Tanto bastò a suscitare il più forte allarme. Vi accorse tutta la forza, si aggredirono da tutti i punti le stanze superiori, si fecero le più esatte perquisizioni, e si trovarono due briganti, cioè Leonardantonio Villani, fratello del famoso Recchiomuzzo, e Nicola Leggieri di Matteantonio, i quali nelle mani dei soldati giustamente irritati, riceverono le ben meritate sevizie, protratte, senza farli morire, da quel palazzo, per la piazza e fino al quartiere nelle case di Serrilli al Piano. Continuando le perquisizioni e smantellando finanche il tetto per trovare altri briganti sopra le volte, se ce ne stavano, rinvennero molte scarpe, vestiari, provvigioni, cibarie, cioè prosciutti, salciccie ed altro; e in una cisterna, bene asciutta ad arte, trovarono 10 fucili, varie pistole, munizioni ed un lettino ben preparato. Tutti segni evidenti di un antico covile di briganti. Per la qual cosa si arresta ancora il garzone Matteo Luigi Bonfitto, al quale era affidato la custodia del palazzo, ed una sua sorella, la quale aveva prostituita la di lei figlia col fratello di Recchiomuzzo, e sopra di cui si trovò una borsa di danaro ed un cilindro di oro. I due briganti alla fine, quasi a ristoro delle continuate sevizie, furono fucilati alle ore 24 nel solito luogo, fatti bersaglio a chiunque ha voluto scaricare il suo fucile'.

[La sorpresa e il tradimento, di cui fu vittima ignara e fulminea il buon capitano Annibale Valentini, suscitarono sincero sdegno e commozione unanime nella cittadinanza. L’amministrazione comunale ordinò a sue spese le esequie al Valentini e, tra l’altro, un loculo al cimitero con epigrafe. Ma anche la pietà umana non è eterna: loculo e lapide, per l’incuria delle amministrazioni successive, sono andati distrutti. Esecutore delegato per le onoranze al Valentini fu il noto giudice Marco Centola].

Il convento di S. Matteo a S. Marco in Lamis.
Il convento di S. Matteo a S. Marco in Lamis.
'Fatti i funerali al disgraziato capitano nel vegnente giorno 22 da tutto il clero, che spontaneamente si offerse, verso la sera, l’iniquissimo ricettatore raggiunse con la stessa morte gli ospiti suoi. La notte di questo istesso giorno arrivano due altre compagnie di soldati. L’avvenimento descritto fece certamente rumore in tutta la provincia, per cui uno straordinario accrescimento di forza si vide nel giorno 23, la quale, a primo ordine, nel giorno 24, fa un disarmo generale, sciolse la guardia nazionale e dà mano a molte perquisizioni domiciliarle, ed arresta molte persone, tra le quali il canonico Don Nicola Martino, sol perché, essendo richiesta la donna che stava con i briganti nel palazzo Ciavarella, questa era entrata in casa del canonico, che non seppe dire ove fosse di poi andata, perché uscita dalla parte opposta, avendo quell’abitazione due uscite. Il canonico fu portato nel quartiere al Piano, e poi, ligato col petto in faccia all’asta della croce per più di un’ora, nel mentre che il tempo si era sciolto a dirotta pioggia. La donna fu poi trovata la sera nella chiesa di S. Berardino, ove pure fu arrestata la madre del brigante Pietro Durante, la quale aveva sotto di sé un involto contenente un cappotto di castoro bigio, a modo degli ufficiali di linea, con bottoni di argento, tre canne di castoro in tocco, un calzone ed una tunica militare che teneva di sotto alla camicia.
Nel giorno 25 si presenta un brigante col solo fucile a due colpi, e si scarcera il canonico Martino. Nel giorno 26 si presentano altri due briganti, ambo feriti, partendo la forza che era venuta col colonnello, porta seco questi tre briganti in S. Severo. Nel giorno 28 perlustrando una compagnia di soldati, trova due pezzi di cannoncini da barca che una volta si aveva il capobanda Del Sambro. Fin da che avvenne la morte del capitano, l’assedio si era stretto col massimo rigore, e a niuno perciò si permetteva di uscire se non con permesso scritto, senza vitto e con obbligo di tornare la sera. Stando così le cose, nel giorno 4 aprile parecchi briganti, forse per fame, assalgono il convento di S. Matteo, ma, essendo stati veduti prima di avvicinarsi il convento fu chiuso. Intanto fanno una scaricata di fucili contro le finestre, e di bestemmie ed imprecazioni contro i monaci, e vanno via per monte Nero. Quattro guardie di S. Giovanni Rotondo, avendoli veduti, si mettono in agguato, ed arrivati quei a tiro, fanno morto un cavallo ed un brigante ferito e preso; un altro preso vivo alla corsa ed un terzo alla traccia del sangue fu inseguito per qualche tratto, ma poi lasciato, perché le guardie erano poche. Fu nei seguenti giorni trovato cadavere. Tutti questi briganti erano forastieri; e se vogliamo credere alla coincidenza, l’ingiuria fatta ai monaci è stata molto bene castigata.
Altra caccia ancora fecero queste guardie nel giorno seguente, 5. Presero vivi e condussero qui due briganti di Manfredonia e di giovanissima età, i quali, ad ore 20, con la solita funzione funebre furono accompagnati alla Croce e fucilati. Prima della partenza del colonnello era stata riabilitata la guardia nazionale, e si organizzò pure una compagnia di guardie mobili, salariate per metà dal governo e per metà dai proprietari. Tra le continue sue perlustrazioni, nel giorno 10 al Calderoso, nella masseria di Giuseppe Guerrieri fu Alessandro, trovano una stanza chiusa a fabbrica, ed in essa un lettino, capsule di revolver, palle sciolte e due fucili. Trovano pure, fabbricati nel muro, circa ducati 300 in oro, molto pane e farina, e trovano infine nell’orto 14 ferri nuovi per cavalli, chiodi e tutti gli strumenti per ferrare. Si arresta il padrone Guerrieri, il quale, ammalandosi gravemente nelle carceri, nel giorno 17 ottenne andare in famiglia, e nel giorno 19 passò a miglior vita. Arresta inoltre questa medesima guardia due spie di briganti, cugini di Nicandro Polignone, il quale li aveva in qualche modo arricchiti; e trova 4 cavalli lasciati a riposo. Ciò avvenne nel giorno 11. Nel giorno 14 finalmente si dà principio alla nuova strada di Stignano, da fuori la piazza S. Berardino, con l’aiuto di 150 dei nostri bracciali, e con altri tanti dal convento di Stignano, nello stesso tempo che in città si pubblica col tamburo la fucilazione a chiunque osasse avvisare, ricettare, o coadiuvare in qualunque modo i briganti. Si scioglieva per Real Decreto questo municipio, ed in questo medesimo giorno viene a prendere le funzioni, come Regio Delegato, D. Giuseppe Santelli, avvocato e maggiore della guardia nazionale, di S. Severo. Le due spie arrestate nel giorno 11 furono poste in libertà nel seguente giorno, perché si compromisero di dare, pena la fucilazione, tra tanti giorni, nelle mani della giustizia, il loro cugino
San Marco in Lamis. Il convento di Stignano.
San Marco in Lamis. Il convento di Stignano.
Nicandro Polignone, o vivo o morto. E infatti nel mattino del giorno 15 (Nota 7), avendolo trovato solo in una grottolina sopra la difesa del Barone di Rignano vicino alle Caselle, sopra Stignano, da ove forse voleva vigilare i lavori della strada, e si burlava della forza che aveva sempre a vista, ed essendo alle spie riuscite inutili tutte le buone maniere per farlo presentare, alla fine uno dei due lo ferì con accetta nell’occipite, e subito chiamarono allarmi i soldati che stavano a Stignano. Così ferito e aggredito dai soldati, si dichiarò per arreso al primo soldato che a lui si avanzava per tirarlo; ma quei che arrivavano dopo, niente sentendo, gli tirarono due colpi, ferendo con uno leggermente nel braccio anche il soldato. Preso semivivo, spirò l’ultimo fiato sotto l'arco del monastero. Circa le ore 20 poi fu qui portato, girando per la piazza a suon di tromba, ed esposto nel solito luogo della Croce.

San Marco in Lamis. Il convento di San Matteo innevato.
San Marco in Lamis. Il convento di San Matteo innevato.
A maggior terrore dei tristi e per ispirare ancora maggior fiducia verso i pacifici cittadini, nel giorno 19 aprile, essendo giorno festivo, presenti i tre parrochi, i galantuomini, gran popolo ed i soldati parati in armi, il Regio Delegato Santelli, per parte del Governo, distribuisce ai due fratelli cugini ed uccisori del Polignone, in pubblica piazza, il premio di lire 1.000 ad ognuno. Fu convenevole e giusto tale compenso ai liberatori di queste popolazioni da una tigre che, mostrandosi sempre avida di preda e di sangue, non sentiva mai sazietà; ma non può negarsi però essere stata nel suo genere quell'azione tra le inique la più iniqua; poiché, salva la strettezza della consanguineità, i due da vili bifolchi, avevano di già impinguato le loro sostanze sulle predazioni e ricetti che fatti aveva il Polignone, per cui naturalmente mostrar dovevansi più grati e più umani. Ma era riserbata per essi questa buona e desiderata preda, degna per indole e per sangue dei suoi predatori.
Non vi restano, adunque, dei quattro briganti scappati via nel 15 dicembre, che due, Galardi, cioè, e Mimmo. E questi, al sentire la morte del Polignone e nel vedere la forza in continua attività per tutti i punti, insieme con un terzo brigante si sono pure presentati: il primo nel giorno 16 ed il secondo nel giorno 21, dopo che, per buona sorte, seppe scansare di essere chiuso in una grotta dalla pattuglia, facendo essi, con questa seconda loro presentazione, manifesta confessione che eligevano piuttosto vivere senza libertà nelle carceri, che morire da disperati fra i trapazzi continui di una vita vagabonda, od esserli cacciata via l’anima, come belve, a colpi di moschetto. Quest'ultima morte, per l’appunto, se l’hanno voluta due loro compagni apricenesi, i quali, non avendoli voluto seguire nella loro presentazione, nel giorno 22 di questo mese caddero negli arresti, e nel seguente giorno, ad ore 19, furono portati alla Croce e fucilati.
Non sì ostinati poi furono gli altri, perché nel giorno 25 se ne presentarono altri sei, tutti paesani, meno uno solo che era di S. Giovanni Rotondo, ed altri tre fino all'ultimo giorno del vertente mese.
L’attività della squadriglia, che superava per verità il desiderio, per la cattiva fiducia in cui era il sammarchese presso le autorità, tanto in città che in campagna seppe sagacemente scovrire molti ripostigli e molti nascondigli di briganti, per cui non mancava giorno che non sia tornato, sia con armi, sia con abiti, sia con munizioni di ogni genere, trovati nascosti. Aggiungasi anche gli abiti che si lasciavano dai fucilati, nella maggiorìa vi era perciò un buon deposito per i poveri. Con tante presentazioni ed arresti di briganti la pubblica forza si vedeva sempre più incoraggiata, per cui indefessamente gira ogni giorno, ed in tutti i luoghi, per li quali nuove prede le danno sempre nuovo coraggio e vigore. Dalla squadriglia specialmente si uccisero due altri briganti: uno sammarchese, nel giorno 13 maggio, sulle cime di Castello, e l’altro di Apricena, nel giorno 24 giugno, nel mentre stava mangiando con due ragazzi in una pagliata vecchia e scoverta'.

Da due elenchi nominativi esistenti negli Atti dell’Archivio comunale, fino all’aprile 1863 si ha un numero complessivo di 109 briganti: in questi elenchi, però, non sono inclusi i capibanda più famosi, come Agostino Nardella, Del Sambro, Nicandro Polignone, Battista (Incotticello), Angelo Raffaele Villani (Orecchiomozzo), ecc. Comunque da essi si ricavano i seguenti dati:
senza indicazioni di età..........: 57;
fino a 20 ..............................: 6;
da 21 a 25 ...........................:30;
da 26 a 30 ...........................: 7;
da 31 a 40 ...........................: 6;
oltre i 40 ..............................: 3;
senza indicazione di mestiere .: 54;
braccianti ............................ : 32;
pastori ................................: 15;
contadini ..............................: 5;
calzolaio ...............................: 1;
guardiano .............................: 1;
orefice ..................................: 1;
donne ...................................: 5