Situazione finanziaria ed economica

Piantina del triangolo S. Marco in Lamis - Stignano - Rignano Garganico.
Piantina del triangolo S. Marco in Lamis - Stignano - Rignano Garganico.
Si chiedevano 68.000 ducati quando gli stessi consiglieri sapevano che il 12 agosto dello stesso anno il Comune non disponeva che di miseri 100 ducati; e vi erano stati poi i disordini dell'ottobre, il plebiscito, le tassazioni per occupazione bellica e le particolari vessazioni del brigadiere generale Liborio Romano. Tra l'occupazione garibaldina della Sicilia e la vigilia dello sbarco sul continente, preoccupandosi finalmente il governo borbonico di 'applicare le braccia dei poveri bracciali ed infrenare le contravvenzioni sul demanio comunale', come dispone di provvedere l'intendente di Foggia, suggerendo di por mano alla strada di Stignano per S. Severo, in data 12 agosto il decurionato 'letto lo stato finanziario non trova disponibili a siffatto uso che semplicemente la somma di ducati 100'. 'Si duole che non puote offrire alla lodata autorità alcun mezzo di risorsa tanto è spaventevole il finanziere del comune'. Osserva infine che essendosi 'sviato il primo progetto della Consolare Garganica per San Nicandro si trova San Marco in Lamis fuori via ed isolata, mentre, non potendo fare un altro braccio rotabile per Stignano a San Severo, non avrebbe a deplorare che il suo destino'.
Si noti il rapido 'crescendo' della protesta, spiegabile col rapido mutarsi degli eventi in quell'agosto del ‘60 che assume un tono di animosità nella seguente osservazione finale (si indovina l'ispirazione dell'astuto sindaco Giuliani):

'Per tutte queste considerazioni il decurionato è di avviso che volendosi attuare la strada in discorso debba la filantropia del sig. Intendente adoperarsi col Real Governo di far gravitare la spesa occorrente sopra i fondi provinciali e tanto più in quanto che l’Amministrazione del Comune da moltissimi anni strapagando alla Provincia un ratizzo annuale di ducati 1.011,28 non ne abbia ricevuto un bene'.

Antica foto panoramica di S. Marco in Lamis tratta da una pubblicazione di Nicola Pitta.
Antica foto panoramica di S. Marco in Lamis tratta da una pubblicazione di Nicola Pitta.
Circa le preoccupazioni borboniche di 'infrenare le contravvenzioni sul demanio comunale, cui si fa cenno nella seduta decurionale del 12 agosto, giova riprodurre il verbale di una precedente seduta, del 17 maggio (Garibaldi è già in Sicilia da qualche giorno). Si tratta di un documento di particolare interesse, sia perché ci offre una breve storia retrospettiva delle varie occupazioni e usurpazioni demaniali, a partire dal periodo murattiano, sia perché ci mostra, con dati crudi e precisi, l'arbitrio delle autorità centrali demandate a dirimere le relative controversie, e il permanente disordine catastale che si perpetuava da circa mezzo secolo: il che complicherà le successive operazioni del nuovo Stato e permetterà le ulteriori usurpazioni della nuova borghesia agricola locale. Al caso nostro poi fornisce nuovi elementi per lumeggiare il quadro che ci siamo proposto: una situazione finanziaria ed economica disastrosa e una situazione demaniale caotica.
Un dato soprattutto emerge per quello che ora ci serve: S. Marco è composta da una popolazione prevalentemente agricola: si parla infatti di 1.366 piccole colonie. Ciò significa che la proprietà terriera in possesso dei sammarchesi era comunque relativamente spezzettata e che l'operazione di riforma murattiana aveva in qualche modo agito beneficamente; è facile, infine, dedurre quale danno producesse all'economia locale l'abbandono dei campi per i rivolgimenti politici del '60 e per le minacce brigantesche, rimanendo le campagne in gran parte incoltivate per almeno un biennio.

Piantina di un bosco di proprietà del demanio reale.
Piantina di un bosco di proprietà del demanio reale.
'Il decurionato tenuto presente gli antecedenti osserva che le operazioni per le usurpazioni delle terre in questo demanio comunale furono eseguite dal consigliere d'Intendenza don Raffaele Cassitti e misurate dagli agrimensori signori Giovanni Faiella e Pietro Schiena, ed il lavoro di cui è parola venne ripartito in tre stadi, cioè il primo delle antiche colture, che dal commissario regio sig. Zurlo furono dichiarate colonie perpetue. Il secondo delle terre usurpate dopo il 1811 e il terzo dei così detti parchi. Il primo lavoro delle colonie perpetue dichiarato dal sig. Zurlo nel 1811, non puote effettuarsi per i seguenti motivi:
1) Le estensioni delle terre misurate dai detti agrimensori Faiella e Schiena devono pareggiarsi con quelle segnate sul catasto fondiario per conoscersi la varietà o di eccesso o di mancanza e poiché lo Stato segna il numero di 1.366 di piccioli coloni, dai quali non si posseggono tutte le terre loro accatastate per averle alienate, e non da tutti si è fatto il passaggio delle quote per cui non si possono con esattezza verificare. Dappiù molti possessori delle dette colonie vi hanno costituite le doti e ripartite ai figli per successione ereditaria e con questo si darà campo a molti reclami non solo, ma benanche dalle fìglie dotate intentare delle liti per ottenere il prezzo delle doti perdute. Dippiù nella formazione di questo catasto provvisorio, dei terreni accatastati non fu regolare la misura poiché il carico venne portato in esso a chi in più ed a chi in meno e parte omesso. Il decurionato ordunque per le cennate osservazioni si avvisa di non effettuarvi il lavoro di cui è parola, ma solamente darsi esecuzione agli altri due stati, cioè delle terre usurpate nel 1811 e dei parchi con rilascianze a favore del comune' (Nota 1).

Fino agli anni '60 del 900 era possibile vedere molti di questi esseri umani che non possedevano nulla e campavano di elemosina.
Fino agli anni '60 del 900 era possibile vedere molti di questi esseri umani che non possedevano nulla e campavano di elemosina.
Senonché lo stesso decurionato con ultima proposta non avrebbe fatto altro che ingenerare ulteriore disordine e alimentare nuovi pericolosi malumori: la parziale richiesta di revisione delle piccole colonie del 1811, ormai bene o male consolidatesi, era comunque anacronistica.
Quanto poi agli 'antecedenti' e seguenti moti contadini per l'occupazione dei terreni demaniali e privati fra l'Otto e il Novecento, essi stanno a significare, più che la fame di terra, l'ansia di una garanzia di lavoro permanente da parte di una popolazione sinceramente lavoratrice, industriosa e quasi sempre disoccupata. A prova di questo desiderio di possedere un fazzoletto di terra, si possono ancora mostrare intorno a S. Marco campi coltivati a terrazza, con muri a secco per trattenere il magro terreno, ora definitivamente incolti e abbandonati. Si tratta di un sempre imponente numero di disoccupati, di origine prevalentemente agricola e, in minima parte, artigianale. Ancora sotto il fascismo, tra il 1929 e il 1935, si contano oltre 2.000 disoccupati. Occupazione, usurpazioni o 'dissodazioni' imposte, che ingenerano moti, i quali si protrarranno per oltre un secolo e mezzo. Si inizia con la decisione borbonica che tende ad annullare la legge murattiana e con i moti che vanno, grosso modo, dal 1834 all'ultimo del 1947. Precisamente un secolo prima di quest'ultima occupazione le preoccupazioni borboniche si appuntavano su disoccupati, braccianti d'ogni sorta, mendichi e accattoni di varia provenienza.
Con ordinanza del 28-9-1847 l'intendente di Foggia proponeva di tener d'occhio i suddetti, di censirli in qualche modo, di offrire loro una minestra ed esigere, in compenso di tale magra offerta, quella grossa di lavoro per pubblica utilità. Con fini strani e feroci a un tempo: un pezzo di pane duro a lavoratori disoccupati, sfruttati e non pagati. Inevitabili le conseguenze: nel novembre dello stesso anno si ebbe una nuova occupazione di terre, forse una delle più clamorose. Ma le autorità centrali e locali, col solito metodo, tendevano rispettivamente a minimizzare e a esagerare gli avvenimenti. Il sindaco riferisce che

'più di cento persone sono andate a dissodare nel miglior punto di questo tenimento comunale, luogo che non era stato invaso prima, perché il più distante dall'abitato... Ho l'onore farle noto questo fatto come le fo noto di aver inteso che moltissimi sono nelle mosse di menarsi al dissodamento... Riunirò il collegio decurionale a deliberare in quanto concerne le dissodazioni avvenute nelle gestioni dei miei antecessori tenendo presenti gli antecedenti su tale riguardo. Queste dissodazioni sono molte. Mille famiglie povere vi traggono sussistenza'.

Franco linguaggio da parte del sindaco e coraggiosa (e incredibile per quel tempo) occupazione, tanto da avere l'aspetto di un moto insurrezionale vero e proprio; e indignazione isterica da parte dell'intendente di Foggia e dell'allarmato ministro napoletano Del Carretto, che mirano a colpire e a travolgere il giovane sindaco di S. Marco, Berardino Centola (Nota 2), accusandolo di inesperienza e di esagerazione.
È da aggiungere che, qualche anno dopo, nel 1849, condotti in prigione alcuni contadini per gli stessi motivi, a tal vista un ardimentoso prete, Giovanni Perta, con frasi volgarmente di fuoco e con termini sorprendentemente classisti, incitava la popolazione sammarchese non solo ad occupare le terre, ma soprattutto ad assalire le case dei galantuomini, di cui non si peritava fare i nomi:

'A seguito di abusiva dissodazione di terreni saldi comunali e privati da parte di molti cittadini di San Marco in Lamis, il brigadiere Durante traeva in arresto i responsabili tra cui un tal Michele Fratino. Il Sac. Don Perta, dispiaciuto per tali incidenti, concitò sulla pubblica piazza di S. Marco ‘i comunisti’ incitandoli ad armarsi e dicendo: ‘i nemici nostri sono i proprietari, cioè Villani, Gabriele, La Piccirella ed i galantuomini, perché in questo paese se ne pigliano troppo e voi siete una maniata di coglioni: unitevi e scannateli. Io me ne fotto della Polizia Generale e di chi l’ha posta, dei Gendarmi, del Giudice e del Governo. Vi garantisco io con i miei mezzi: unitevi che mi metto io alla testa’' (Nota 3).

Un funerale a S. Marco in Lamis. Siamo sull'attuale Viale della Repubblica. Sullo sfondo si vede la Chiesa dell'Addolorata.
Un funerale a S. Marco in Lamis. Siamo sull'attuale Viale della Repubblica. Sullo sfondo si vede la Chiesa dell'Addolorata.
Per sempre meglio chiarire l'effettivo stato economico e finanziario dell'ora storica che stava per scoccare, converrà ancora fare un passo indietro. Nella seduta consiliare del 12 agosto 1860 - non lo si dimentichi - il decurionato notificava che la cassa comunale disponeva appena di cento ducati per pubblici lavori e protestava animosamente di aver sempre 'strapagato' alla Provincia e al fisco numerose tasse senza riceverne alcun bene. Il 17 settembre il decurionato si riunisce per tre giorni in seduta straordinaria temendo 'una calamità pubblica per la esparizione di generi di prima necessità'.
La situazione si aggrava per l'inefficienza del porto di Manfredonia ai fini dell'approvvigionamento. Garibaldi è a Napoli da dieci giorni: il caotico passaggio dei poteri amministrativi e politici rende la situazione particolarmente critica (Nota 4 - 1. parte) (Nota 4 - 2. parte).
Ma già nella primavera del ‘60, e quindi ancora prima dell'impresa garibaldina, la situazione economica generale era tanto preoccupante che lo stesso governo borbonico, temendo qualche moto popolare da attribuire alla semplice e vera fame del popolo, fa appello alle tasche dei proprietari locali con una sorta di prestito forzoso.

San Marco in Lamis: bambini con il loro fascio di legna sulla strada panoramica.
San Marco in Lamis: bambini con il loro fascio di legna sulla strada panoramica.
'L'anno 1860 il giorno 30 aprile, in San Marco in Lamis. Sessione decurionale. Il sindaco presidente ha convocato il Decurionato nella casa del Comune in esecuzione dell'ordine del Sig. Intendente della Provincia relativamente all'annona per l'acquisto di grani per la mancanza del genere in questo comune e perciò invita il Decurionato a proporre i proprietari i quali possono anticipare una somma a titolo di prestito per la compera dei grani nei comuni ove è l’eccedenza. Il Decurionato, trovando giusto quanto dal Sig. Intendente si è disposto, ha nominato i seguenti proprietari ed a fronte di ciascuno la somma che deve prestare: D. Gennaro Serrilli ducati 500; D. Carmine Gravina ducati 500; D. Giuseppe Luigi Ciavarella ducati 500; D. Gabriele Piccirella ducati 500; D. Luigi Piccirella ducati 500; D. Giuliano Villani ducati 200; in totale ducati 3.400. Delibera che tale somma di prestito sia data alla commissione della pubblica sussistenza rimanendo a cura della medesima l'acquisto dei grani, onde la popolazione non perisca per la mancanza di detto genere' (Nota 5).

La semplice trascrizione del verbale è di per sé eloquente. Si rilevi solo che il suddetto onere è sopportato da un esiguo numero di persone abbienti.