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Illustrazione da "L'Asino" n. 10, 1912 di Galantara e Podrecca.
Illustrazione da "L'Asino" n. 10, 1912 di Galantara e Podrecca.
Rivista popolare di politica, lettere e scienze, Anno XVII, N. 22, Roma 30 novembre 1911, p. 590
La ferocia degli Arabi. L'attentato a Jean Carrère
Illustrazione da "L'Asino" n. 10, 1912 di Galantara e Podrecca.
Illustrazione da "L'Asino" n. 10, 1912 di Galantara e Podrecca.
L'Italia nella sua politica coloniale ha avuto una doppia disgrazia: quella di conquistare due delle zone africane più sterili, Eritrea e Tripolitania, e l'altra non minore d'imbattersi in due popolazioni barbare e bellicose, gli Abissini e gli Arabi.
Non ostante che gli Abissini siano Cristiani esercitarono sevizie e crudeltà inaudite contro i cadaveri e contro i prigionieri italiani dopo Adua. Chi non ricorda il supremo oltraggio? Sono stati superati dagli Arabi, assai più incivili, educati dal deserto, dal simoun..., e dai Turchi: quei Turchi celebri per le stragi di Armenia.
La stampa europea e americana, quasi tutta avversa alla conquista italiana, inventando, esagerando, colorendo aveva denunziato al mondo civile le fucilazioni e i massacri commessi dagli Italiani in seguito al tradimento, vero o supposto, degli Arabi nelle giornate del 23 e 26 Ottobre. Ma la conquista di Henni ha rivelato tali scene di atrocità inaudite commesse dai Turco-Arabi sui cadaveri e sui prigionieri italiani, da superare l'immaginabile in fatto di efferatezza e da far sollevare un grido di orrore e d'indignazione anche tra coloro che sino a questo momento si erano mostrati più avversi agli Italiani e più favorevoli ai Turco-Arabi per partito preso.
Tra i giornalisti stranieri che mandavano notizie sulle vicende di questa guerra disgraziata per l'ambiente fisico e sociale in cui si deve svolgere ce n'era stato uno, che quasi era una eccezione compensatrice della malignità dei molti: Jean Carrère. Egli in tutta la sua carriera giornalistica si è rivelato amico ed entusiastico ammiratore dell'Italia. I suoi nobili e generosi sentimenti mostrò in tutte le occasioni. Di lui Il Mattino ha scritto queste belle parole che vogliamo fare nostre:

Illustrazione da "L'Asino" n. 11, 1912 di Galantara e Podrecca.
Illustrazione da "L'Asino" n. 11, 1912 di Galantara e Podrecca.
Jean Carrère ha suggellato col suo sangue generoso il suo lungo ed entusiastico apostolato per la confraternità ideale delle razze che abitano in cerchio al bel Mediterraneo. Anima alta e squisita, intelletto luminoso e armonioso, alunno prediletto del gran poeta greco di Francia, Federico Mistral, egli ha portato nell'arte, nella vita, e persino nella rozza milizia giornalistica il candore d'un fanciullo e l'ardore d'uno dei grandi cavalieri del suo paese di Provenza che poetavano al suono de la viola e partivano coperti di ferro per le terre degl'infedeli.
A Roma egli ritrovò la capitale ideale del mondo latino, e amò l'Italia di un amore così vivo e profondo, che non poté più staccarsene. Dopo Lamartine, nessun'anima francese ha così veementemente sentito, come Jean Carrère, le affinità della razza e la solidarietà del sangue comune; e ciò che egli ha fatto per la sua patria ideale non è calcolabile. L'opera sua per l'Italia in Francia è tutto un poema di tenerezza e di entusiasmo. Il suo libro sulla caduta tragica di Messina, le sue lettere di Tripoli sono le pagine più profondamente italiane che da moltissimi anni si siano scritte. Egli è il più italiano degli italiani, vede l'Italia moderna a traverso i sogni della sua giovinezza e i ricordi della sua coltura classica, e la celebra in una prosa vibrante di emozione.
Il coltello dell'assassino ottomano lo lega ora a noi indissolubilmente.

Illustrazione da "L'Asino" n. 11, 1912 di Galantara e Podrecca.
Illustrazione da "L'Asino" n. 11, 1912 di Galantara e Podrecca.
I lettori sanno che si tratta di un tentativo di assassinio di cui il Carrère è rimasto vittima a Tripoli nelle prime ore del 1 Dicembre.
La riproduzione di uno stelloncino del Mattino dice quale e quanto sia il nostro consenso nella protesta unanime italiane contro l'atto compiuto da un sicario fanatico. Una sola cosa a noi duole: che si cerchi di connettere l'opera scellerata dell'assassino colla propaganda della Massoneria.
In questa laida insinuazione si sente l'opera iniqua e vergognosa dei clericali del Banco di Roma. Tutti, meno i clericali, hanno il diritto di sorprendersi di un assassinio per motivi politici e religiosi. I clericali armarono di pugnale il braccio di Ravaillac e di Clement; i clericali con Mariana elevarono a teoria il regicidio e l'assassinio politico. Ora in un ambiente come quello di Tripoli saturo di odio politico, di fanatismo religioso ci vuole tutta la insidia e la malvagità dei clericali per andare a cercare nella Massoneria la spinta anche remota ed indiretta del tentativo di assassinio consumato contro Jean Carrère. A lui intanto mandiamo il nostro entusiastico saluto in nome della solidarietà latina, della fratellanza umana, della civiltà, che auguriamo possa risplendere di nuovo sulle sponde dell'Africa Settentrionale.

Hai mai visto gli ex voto di san Matteo? Conosci Giovanni Gelsomino?