Guido Cora: Il valore della Tripolitania.
Gli avvenimenti che si vanno svolgendo nella Tripolitania, hanno dato luogo ad una straordinaria fioritura di notizie contraddittorie intorno a quella vasta regione. Fra il pessimismo e l'ottimismo estremo si nota una quantità di sfumature nei giudizi, quasi che, dando un colpo al cerchio ed un altro alla botte, si volessero accontentare ad un tempo coloro che fanno il viso dell'armi alla nuova impresa coloniale e coloro che vedono tutto roseo pel fatto della facile vittoria dei nostri marinai e soldati su quelli turchi.
Le notizie erronee sulla Tripolitania in un senso o nell'altro sono per lo più le conseguenze delle affrettate e ciarlatanesche interviste.
Ad ogni modo, dalle congerie di tali lavori risulta che le fattezze generali del paese ci sono conosciute, pei lavori idrografici costieri, pei molti itinerari che si sono seguiti attorno ed attraverso ad esso in più sensi ed il valore degli esploratori che li hanno rilevati e descritti, per le inchieste parziali eseguite in parecchi distretti e con finalità varie, onde possiamo ritenere sino a prova del contrario - che il rilevamento sistematico della Tripolitania e della Cirenaica non ci debba preparare in avvenire grandi sorprese, modificando radicalmente le cognizioni attuali.
Sono fautore cnnvinto della necessità che l'Italia non lasci che un'altra nazione s'impianti su quel paese, che è compreso tra i dominii britannici e francesi, pena di veder spostare l'equilibrio del Mediterraneo ed essere noi privati di quel posto che ci compete nel consorzio delle grandi nazioni. Che il paese, che noi incominciamo ad occupare, sia feracissimo od arido, buono o cattivo agli approdi, questo ora non ci cale: visto che ci siamo lasciato sfuggire il possesso della Tunisia ed il condominio dell'Egitto - paesi certamente in condizioni assai migliori - dobbiamo accontentarci di ciò che hanno trascurato gli altri, lieti ancora che la nostra buona stella non ci abbia mandato qualche potenza amica a privarci dell'ultima nostra aspirazione africana.
Confini ed area totale della Tripolitania e dipendenze.
La Turchia non ha mai riconosciuto la delimitazione pretesa dalla Francia ed essa ha Raimakan (capo di distrettto) e guarnigioni sino nel Borkm. A Kufra ha un Kaimakan; ma non guarnigione.
Dal lato dell'Egitto, il confine della provincia di Bengasi (Cirenaica o Barca) è meno incerto; il golfo di Sollum pare che debba appartenerle.
Quando la presa di posseso della Tripolitania e dipendenze sarà completa, almeno nei punti principali, spetterà al nostro Governo il definire le questioni di confine colle potenze vicine, incominciando dalle linee generali, salvo poi a procedere a delimitazioni più esatte a misura che il bisogno se ne farà sentire.
Con dati così esigui, si capisce facilmente come sia assai difficile procedere ad una valutazione esatta della superficie della Tripolitania e sue dipendenze, avendosi soltanto come confini accertati quello da Ghadames al Mediterraneo e la costa di questo mare tra Ras Agedir e il golfo di Solliùm.
Questa gran distesa africana, per la quale è stato anche proposto di far rivivere l'antico nome di Libia - quantunque discutibile assai l'opinione che la Libia propriamente detta si addentrasse tanto nel continente, ove piuttosto doveva aver sede il paese dei Garamanti che i Romani dominarono sotto il nome di Phazania (moderno Fezzàn) - si divideva sotto il dominio turco in due parti, cioè il vilaiet di Tripoli (col Fezzàn) e la provincia o mutessarifik indipendente di Bengasi o Barca: alla seconda doveva essere stata aggregata, come dipendenza nominale, l'oasi di Kufra, mentre dalla prima dipendeva quella di Ghat.
Come per altre divisioni dell'Impero Ottomano, un limite ben definito tra Tripolitania e Barca non si conosce.
Terreni coltivati o suscettibili di coltura. Accennato all'area della regione, il primo quesito che ci si presenta è quello di valutare quanta parte di essa sia suscettibile di coltura o di produzione agricola, di sfruttamento minerario, di commercio - il che cercherò di fare nel più breve modo possibile.
Circa un trentennio fa, occupandomi in modo speciale del Shara, non mi peritavo di estenderlo sino alla base meridionale dell'Atlante ed al Mediterraneo, dalla Piccola Sirte o golfo di Gabes alla valle del Nilo, escludendo soltanto l'altopiano della Cirenaica o di Barca, ma includendovi tutto il rimanente della Tripolitania in largo senso. Da quel tempo le mie idee si sono di poco modificate, inclinando ora soltanto ad escludere ancora dal Gran Deserto quella parte della Tripolitania propriamente detta ove alligna con intensità l'olivo, sia o no coltivato con cura, cioè il versante mediterraneo ad oriente di Misrata, compreso il margine dell'altopiano interno, sino a circa 32° 10' latit. N., margine costituito dai monti Nefus, Ghurian e loro propaggini più orientali. L'estensione di tale territorio si può valutare a circa 37.000 chilometri quadrati, coll'avvertenza però che appena la metà sembra per ora suscettibile di coltura, giacchè larghi spazi litoranei sono occupati da sabbie di origine marina ed altri spazi interni costituiti da calcari nudi e senz'acqua, le une e gli altri dando spesso al paese l'apparenza di un paese seminato di oasi. Aggiungiamo che in tale territorio l'ulivo non è la sola pianta di reddito, ma forse rende ancor più di essa la palma datterifera, e vi sono pur comuni il fic , il pesco, il melagrano, il mandorlo, come vi allignano cereali, agrumi, ortaggi, cotone, lino, canape, tabacco, ricino, ed in genere tutte le produzioni dell'opposta riva mediterranea - aggiungendovi lo sparto od alfa (stipa tenacissima), “bechna” degl'indigeni, graminacea che forma oggetto di notevole esportazione.
Dalla sponda opposta della Gran Sirte si protende verso oriente la Cirenaica, in forma di altopiano di circa 400 metri di elevazione media: può dirsi quasi un'isola montuosa, circondata per tre lati dal mare, verso il quale scende con pareti piuttosto scoscese, mentre a sud degrada verso le steppe desertiche pianeggianti per mezzo di scalee o terrazzi. A detta di tutti, per la fertilità del suolo, la varietà dei prodotti, è la parte più amena e salubre della Berberia, avendo comuni molti colla Sicilia. Come appendice della Cirenaica possiamo aggiungere una striscia litoranea (di circa 40 chilometri di larghezza) dell'altopiano della Marmarica, caratterizzato dall'abbondanza dei pascoli e dall'allevamento del bestiame, quantunque non vi manchino i cereali. Secondo i miei calcoli, l'area coltivata o passibile di coltura, per la Cirenaica e la Marmarica, può giungere a circa 26.000 chilometri quadrati, a un dispresso come la superficie della Sicilia, o al massimo a 36.000 chilometri quadrati, accludendovi altre terre più magre, ma ancora suscettibili di produzioni agricole meno attive.
La regione Sirtica, compresa tra lo costa importuosa e malsana della Gran Sirte ed un ciglio montano o catena a circa 250 chilometri a sud, detta Gebel es-Soda od Harugi-Assód (cioè Montagne Nere), è quasi per metà una steppa desertica, pianeggiante, pressocchè improduttiva, salvo al piede degli anzidetti monti, ove giacciono parecchie oasi, fra cui Giofra, Sella, Abu Naim e, più presso al litorale, Bu-N'gem (la quale ultima, amministrativamente, appartiene al Fezzàn). La zona delle steppe sahariane si prolunga ai due lati della Sirte, verso oriente dal 30º parallelo nord sino agli anzidetti altopiani fertili della Cirenaica e Marmarica, ad occidente tra l'Ua di Semsen ed il Gebel di Tripoli potraendosi verso nord ovest sino alla Tunisia. L'area totale di queste steppe nordiche del gran deserto è da me calcolata ad oltre 310.000 chilometri quadrati, cifra che può salire a circa 330.000, quando v'includiamo la metà dell'anzidetta zona mediterranea di Tripoli, cioè quella parte che per ora è improduttiva.
Fra le zone produttive debbono poi calcolarsi le oasi, diverse per estensione e feracità, nelle quali sono curate specialmente le palme datterifere, che sono assai redditizie in quei luoghi ove il sottosuolo è ricco di acqua. Del resto, praticato dei pozzi artesiani, che hanno fatto così buona prova nelle oasi dell'Algeria e della Tunisia, si potrebbero migliorare assai le condizioni delle oasi tripoline ed anche moltiplicarle. I calcoli planimetrici istituti per valutare l'area di tali oasi dànno dei risultati incerti, e ad ogni modo debbono accettarsi con beneficio d'inventario, per difetto di rilevamenti topografici esatti, ed anche perchè gran parte della Tripolitania e dipendenze è inesplorata; si può dire che l'estimo della superficie delle oasi diminuisce a misura che si adoperano carte a grande scala: ciò che sembra un paradosso, corrisponde invece alla realtà, giacchè i segni convenzionali usati per rappresentare le oasi sono quasi i medesimi per le carte a grande ed a piccola scala, per modo che un'oasi di pochi chilometri quadrati di superficie figura sulle carte usuali della Tripolitania (a scale che variano, in genere, da 1:2.000.000 ad 1:10.000.000) come se avesse in realtà un'area dieci o venti volte maggiore, e la vicinanza di più oasi, figurata nelle carte a piccola scala, dall'apparenza di una estesa regione fertile, contrariamente al vero.
Le oasi più grandi, come il gruppo di Kufra, Giofra, Murzuk, Ghat, Tegerri; Ghadames ed altre, non consistono soltanto di terreno fertile, ma hanno pure larghi spazi aridi ed improduttivi: per esempio, nell'oasi di Giofra (capoluogo Sokna), su 2.000 chilometri quadrati di superficie appena la ventesima parte può dirsi terreno coltivabile, secondo il Rohlfs.
Per tal modo, riassumendo quanto sono andato dicendo su questo argomento d'interesse vitale per la nostra nuova colonia, opinerei, in base alle attuali cognizioni, che soltanto un trentesimo della sua area totale potesse dirsi terreno fertile (a un dispresso come la Sicilia e la Sardegna prese assieme), ed un altro trentesimo sia forse atto a produrre, quando vi s'introduca coltura razionale; e che la maggior parte della Tripolitania sia deserto improduttivo, diviso tra steppe desertiche e sabbie mobili, ove s'incontrano talvolta magri pascoli, e deserto petroso e ciottoloso, spesso di desolante uniformità e di difficile percorso.
Un altro cespite di ricchezza relativa dev'essere dato dai giacimenti minerali; ma le osservazioni fatte sinora da veri specialisti concernono regioni troppo limitate, perchè se ne possa dedurre qualche cosa di realmente positivo. Intanto è accertato che la regione Sirtica ha dovizia di zolfo, come lo prova anche lo stesso nome di Giun el Kebrit (cioè Golfo dello Zolfo) dato dagli Arabi alla Gran Sirte; i giacimenti s'incontrano tanto sul litorale, come nell'interno, specialmente dal lato orientale: lo Stecker, che accompagnava il Rohlfs nella sua spedizione a Kufra, visitò appunto (nel 1879) presso Abu Naim delle miniere di zolfo, che sembrano importanti.
Ancora nella Sirtica ma specialmente nella zona liloranea adiacente alla Tunisia e nel Gebel di Tripoli si parla di ricchi banchi di fosfati, quantunque anche su ciò manchino dati positivi atti a persuaderci che l'importanza di essi sia paragonabile a quelli della vicina colonia francese. Un esempio della prudenza da adoperarsi nell'accogliere informazioni di tale ordine di fatti lo abbiamo nel recente viaggio del noto geologo francese Pervinguière, il quale, studiando il tracciato della nuova frontiera fra Tripolitania e Tunisia, trovò che i famosi depositi di nitrati di Zar, sul cui sfruttamento si erano fondate tante speranze, consistevano semplicemente in gesso con una miscela di cristalli di calcite.
Le saline di Bengasi potranno dare un reddito maggiore quando siano bene organizzate, altre si potranno sfruttare in diversi punti della costa, e si parla pure di giacimenti di salgemma.
Notevole anche la quantità di soda carbonata (natron) nei laghetti salmastri della Sirte interna e del Fezzàn. Quanto ai giacimenti di ferro, piombo, zinco, stagno, oro e argento e pietre preziose di cui taluno ha voluto parlare, aspetteremo a discorrerne quando se ne saranno raccolti ed esaminati dei campioni. Ed a coloro che si confortano in quelle idee, dicendo che gli antichi facevano commercio di oro, argento e pietre preziose nella Cirenaica, rispondiamo che certamente quelle materie provonivano da paesi posti più a mezzogiorno.
Le formazioni prevalentemente cretacee della Tripolitania proprie e della zona montuosa della Cirenaica, come pure le arenarie del Barca, in genere devono fornire buoni materiali da costruzione ed è probabile che vi s'incontrino anche di quelle cave di marmi africani, che servirono alle decorazioni di molti monumenti e palazzi dell'antica Roma. Del resto la geologia di quella vasta regione dell'Africa è per ora poco approfondiia, sapendosi soltanto che vi s'incontrano anche altre formazioni.
Approdi per mare. Strade e ferrovie da progettarsi. Vie carovaniere. Commercio. Popolazione.
Ancoraggi discreti sono a ponente di Tripoli, Brega o Marsa Bureka, vicino al confine tunisino; a levante Homs, principale punto di esportazione dell'alta, presso le rovine dell'antica Leptis Magna - che nell'evo antico fu una delle più importanti città dell' Africa, dotata di un bel porto, ora completamente colmato dalle sabbie - e Misrata.
Sabbiose e malsane, fiangheggiate, da terra, da lagune e stagni salsi, nel mare da estesi bassifondi, le coste della Gran Sirte non sono propizie alla navigazione giustificando in parte i versi di Lucano e le osservazioni ancora più esplicite di Strabone. Il litorale Sirtico non ha luoghi stabilmente abitati, e presenta per lo più un aspetto desolante, come tale essendo descritto dagli antichi e dai moderni compreso Dante.
Il solo ancoraggio discreto è a Marsa Bureika, punto d'imbarco dello zolfo escavato in certe miniere situate circa 80 chilometri a sud-ovest.
Da Tripoli bisogna giungere sino a Bengasi per trovare un che dia qualche affidamento ed ancora il secondo è meno adatto del primo ai bisogni della navigazione e del commercio, specialmente per gli scogli rhe ne rendono difficile l'ingresso e per le sabbie che vi si vanno accumulando, onde anche qui si mostra necessaria l'opera di un Governo saggio, che faccia di Bengasi un porto proporzionato agli scambi di cui è centro ed al suo fiorente avvenire.
Il miglior porto di tutta la Libia è Marsa Tobruk, anche uno dei migliori del Mediterraneo e che potrebbe divenire una stazione navale di prim'ordine, tant'è vero che la Gran Bretagna sembrava che ne agognasse il possesso. A noi basterebbe di farne un porto commerciale, per lo sbocco dei prodotti della Marmarica e come deposito di carbone per rifornimento delle nostre navi dirette verso l'Oriente.
Più ad oriente di Tobruk, passato il Ràs el Milh, si raggiunge il golfo di Sollàm, che, sulla dirupata costa occidentale, presenta il piccolo porto di Bardia e l'ancoraggio di Akabet el Kepira.
La grande vicinanza della Cirenaica e della Marmarica alle coste della Morea (Grecia) e della Sicilia - 500 a 700 chilometri - permetterebbe di abbreviare considerevolmente il tragitto per mare alla Valigia delle Indie e alle altre comunicazioni postali per la via del Mar Rosso, qualora venisse costruita una ferrovia litoranea da Alessandria d'Egitto a Tobruh, Derna o Bengasi, progetto già accarezzato da taluno in lnghilterra, e ciò senza pregiudizio di un futuro allacciamento con Tripoli e Sfax, che verrebbe a dar la mano a quella rete ferroviaria, con tanta previdenza stabilita dalla Francia in Algeria e Tunisia. E posto che siamo in tema di comunicazioni terrestri, oltre all'impianto di linee telegrafiche, che potrebbe precedere di pari passo coll'occupazione nostra del paese, s'impone la costruzione di strade carrozzabili, di cui il Governo ottomano ha fatto spesso parola, senza mai tradurla in atto, e converrebbe pure riprende e l'idea, già messa innanzi trentacinque anni fa, di una ferrovia, che congiungesse Tripoli a Murzuk (un percorso di 800 a 900 chilometri, secondo il tracciato), o Murzuk con Bengasi (circa 1.000 chilometri), da prolungarsi poi sino al lago Ciad, col concorso della Francia, e potrebbe anche da principio farsi a scartamento ridotto e con quell'impianto leggero, rapido e poco costoso di cui hanno dato lodevole esempio i Russi colla loro ferrovia Transcaspiana e che è pure seguito, con modificazioni, nella nuova rete di ferrovie economiche della Sicilia, di cui esperimentai il buon funzionamento.
Condizione precipua per dare sicurtà ai traffici è quella di renderci benevisti agl'indigeni ed agli abitanti della nostra nuova colonia. L'occupazione avvenuta in modo abbastanza pacifico lascia sperare che i Turchi s'ingannassero contando sulla solidarietà degl'indigeni.
La popolazione dell'intera Tripolitania è poco numerosa; si suppone giunga ad un milione d'individui, il che darebbe una indensità inferiore ad un abitante per chilometro quadrato di superficie, densità ridotta ancora d'assai nelle parti più interne del paese, giacché si può dire che quattro quinti della popolazione abiti la Tripolitania propria (circa 550 mila abitanti) senza la Sirtica, e la Cirenaica (circa 250.000 abitanti).
Gli abitanti appartengono in grandissima parte alle due stirpi Berbera (indigena) ed Araba, assai incrociate fra di loro; ma vi è pure un forte contingente di Ebrei, nelle cui mani trovansi specialmente il commercio ed il capitale: ciò non di meno gli Ebrei sono poco considerati e, sotto il passato regime, vivevano in uno stato d'inferiorità rispetto alle altre stirpi. Sulle montagne e sugli altopiani della Tripolitania prevale l'elemento berbero, mentre quello arabo si nota in ispecie nella Cirenaica. Il contatto continuo coi Negri Sudanesi ha pure dato origine ad altre varietà di stirpi, non escludendo che i Negri puri formino anche in alcuni luoghi delle proprie comunità, quantunque parlino anche l'arabo, che è lingua dominante in tutto l'esteso territorio, come in genere nell'Africa settentrionale la lingua ufficiale era la turca, ma pel commercio era, già prima d'ora, assai usata l'Italiana. Gli Europei si trovano soltanto nelle città costiere e sono specialmente Maltesi, Italiani, Greci.
Caratteristiche generali della Tripolitania.
Tirate le somme, la conquista della Tripolitania e dipendenza vale la spesa dei mezzi che v'impieghiamo; non è una delle migliori parti dell'Africa, è anzi la meno fruttifera del settentrione - ed è forse per ciò che fu trascurata da altre potenze. Tuttavia se il Governo vi s'impianterà con oculatezza, ammaestrata dai molti errori commessi nell'Eritrea, i contribuenti italiani non avranno a dolersi della nuova politica coloniale, tanto più pensando ai pericoli che ne sarebbero derivati per la nostra posizione nel Medilerraneo, quando anche quei millenovecento chilometri di coste fossero stati accaparrati da potenze amiche, come la Francia, la Gran Bretagna o fors'anco la Germania.
Speriamo che la rigenerazione del paese si possa ottenere gradatamente, con prudenza, senza troppa burocrazia e coll'esame attento delle condizioni naturali del paese e degli abitanti e dei loro bisogni. Un buon coefficiente l'abbiamo nel clima, che è generalmente ottimo - come lo è quello di tutto il Sahara - salve le eccezioni fatte per zone paludose, malariche, abbastanza limitate; ed è provato che di tutte le stirpe europee, l'Italiana è la più adatta per acclimatarsi nell'Africa settentrionale, come lo provano i molti connazionali stabilitisi nell'Algeria, nella Tunisia e nell'Egitto, ove sono fonte di ricchezza pei terreni che lavorano o per le industrie alle qualsi applicano, formando la maggioranza dell'elemento europeo in quei paesi (Nuova Antologia 1 Novembre).
Il valore
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