L'apologia degli studenti, che non vogliono... lezioni... Una delle più dolorose.
Antonio Anile è un biologo eminente - crediamo che insegni anatomia topografica - con larga coltura storica, filosofica e letteraria. Dalla ubbriacatura, perciò, dovrebbe essere immunizzato. Eppure si è lasciato prendere dall'alcool di coda distillato dal Banco di Roma a Tripoli. Egli ha cominciato col voler dare una lezione al Vedrani su Vico; e Vedrani, da buon naturalista, gliel'ha ricambiata a cento doppi sull'Avanti.
Meno male se si fosse limitato a dare lezioni non meritate agli altri; meno male se avesse fatto
soltanto la ennesima apologia della guerra, ma egli ha tradito in modo vergognoso la verità nel levare un inno agli studenti dell'Università di Napoli per le virtù che in questi giorni hanno rinnegato... coraggiosamente.
L'Anile ha descritto nel Giornale d'Italia gli studenti dell'Università di Napoli con pennellate
rosee che molti, presi singolarmente forse meritano; ma come collettività.... Egli li loda dello slancio - fu vero e fu lodevole - con cui accolsero l'appello del Rettore in favore delle famiglie dei richiamati e dei feriti e suggiunge:
Le le scuole si sono riaperte con un raccoglimento che ricorda i tempi migliori di questa gloriosa università, a cui converge la gioventù di quasi tutte le provincie meridionali.... la guerra presente li ha esaltati come se qualche cosa dei loro colleghi adolescenti morti a Curtatone riviva nell'ora che volge. La vita è oggi per essi una marcia eroica ed il loro cuore porta la battuta....
In una cattedra, gli studenti si ribellarono fieramente contro i tumultuanti e dovettero ricorrere alla minaccia di adoperare i bastoni. Ma i valorosi emuli dei morti di Curtatone per evitare noie e pericoli di ammaccature non contenti dei fischi e degli applausi ricorsero alle bombette di carta e ai tric trac; e quando le lezioni furono sospese da per tutto e non c'era ragione di spararle nelle aule, nelle quali s'insegnava, corsero a consumare la copiosa provvista pirotecnica... nell'Aula Magna!
Forse gli studenti volevano correre in Africa? Ah! no. Si trattava di cosa molto più semplici: volevano nei primi giorni di Dicembre le vacanze prima che cominciassero... le lezioni; e le lezioni cominciavano ben tardi perché altri schiamazzi, altri tumulti, altre violenze avevano fatto ritardare gli esami... che ancora non sono terminati mentre scriviamo!
Avremmo taciuto su tutto ciò per la simpatia, che nutriamo per l'Anile; ma il silenzio ci sarebbe sembrato criminoso perché tutto a scapito non solo della verità, ma specialmente degli studenti che noi amiamo sinceramente e che non vorremmo vedere incoraggiati e lodati per gli errori e per le male azioni, che commettono a disdoro proprio e dell'Ateneo glorioso che li ospita.
L'apologia della disonestà.
Chi vuole avere un'idea del pervertimento morale prodotto da questo trionfo del nazionalismo - trionfo che riconosciamo tanto completo quanto nefasto - deve leggere ciò che uno scugnizzo scrive, anzi le insolenze che vomita contro La Rivista popolare e contro N. Colajanni nell'organo ufficiale del movimento. Il linguaggio del pervertito ubbriaco desta la nausea.
Pretesto alla ignobile sfuriata del miserabile scrittorello nazionalista fu questo brano dello articolo della Rivista del 30 novembre:
Tutto questo riguardo i fattori esteriori, che determinarono la intempestiva spedizione di Tripoli; quelli interni divengono ogni giorno più evidenti. Sono stati i clericali e il Banco di Roma ad organizzare la campagna nazionalista. Si può non prestar fede alle notizie, che furono mandate da Augusta al Lavoro di Genova; alle cambiali scontate da alcuni nazionalisti presso il Banco di Roma, denunziate dalla Propaganda; e facciamo nostre le osservazioni sulla buona fede di tali nazionalisti, del corrispondente dell'Avanti. Il quale scrivendo da Tripoli in data del 5 Novembre conchiudeva: Io non metto in dubbio l'onestà, la buona fede di quei giornalisti - Piazza, Bevione, Corradini ecc., -; ma certo non può lodarsi il fatto che non si siano saputi liberare fin da principio dalla cerchia delle tre o quattro persone, che avevano tutto l'interesse di far vedere solo il lato buono della Tripolitania ed impedire, che visitassero la parte cattiva ed arida.
Noi non vogliamo giudicare tutti i nazionalisti italiani alla stregua di questo lurido esemplare. Ma è un segno dei tempi e del movimento che esso possa stare a rappresentarlo.
Abbiamo accennato al trionfo completo del nazionalismo e vogliamo ritornarci per differenziarlo dal trionfo del movimento nazionale per l'unità d'Italia. Questo fu tutto intessuto di sacrifizi e di abnegazioni - da pacchiani direbbe l' ubbriaco del nazionalismo; coloro che lo fecero esposero gli averi, la vita, la libertà propria. I sacrifizi dei nazionalisti odierni si riducono a qualche viaggio en touriste, a molti articoli, alla pubblicazione di alcuni libri, cui si sa organizzare la fruttuosa reclame; al sacrifizio degli averi e della vita... degli altri.
Un socialista che riscopre la terra promessa.
L'alcool tripolino ha dato alla testa di un bravo socialista: all'ex deputato Albertelli. Egli, ritorna dalla Tripolitania e dichiara - così almeno leggiamo nel Mattino del 18-19 Dicembre
di aver visitato ed osservato per lungo e per largo ogni cosa ed ha veduto quanto basta a farsi concetto esatto e veritiero delle condizioni della Tripolitania... Tutta la zona orientale e meridionale dal mare al Gebel, per centinaia e centinaia di chilometri quadrati, è coltivabilissima e produttiva. Io ho compiuto esperienze ed osservazioni specifiche, che non mi lasciano dubbio alcuno.
In tutta serietà noi che vogliamo bene all'Albertelli per escludere il timore, che gli abbia dato di volta il cervello, dobbiamo ammettere che la sbornia presa a Tripoli durava ancora durante la intervista concessa a Roma. Speriamo che gli amici di Parma gli facciamo respirare una buona dose di ammoniaca per farlo ritornare in sè.
Nota. Da una lettera al Secolo, che ci pervenne dopo che noi avevamo scritto le nostre osservazioni apprendiamo che l'Albertelli ripudia le più sciocche tra le affermazioni, che gli furono poste in bocca. In verità a noi sembra che la rettifica doveva mandarla al giornale che pubblicò l'intervista.
Noi, però, manteniamo le osservazioni, perché se non l'Albertelli, vanno a colpire il falsario nazionalista che ha messo in giro le cennate sciocchezze tripoline, colle quali s'inganna il pubblico e si fa perdere la testa ai lavoratori della terra.