Illustrazione da H.M.De Mathuisieulx, La Tripolitaine d'hier et de démain, 1912Rivista popolare di politica, lettere e scienze, Anno XVII, N. 23, Roma 15 dicembre 1911 I lavoratori della terra, la Tripolitania e N. Colajanni. La propaganda instancabile dei clericali del Banco di Roma e dei nazionalisti ha creato delle illusioni straordinarie sul valore economico della Tripolitania e sulla possibilità di metterla in valore rapidamente. Le lettere e le interviste di Giolitti e la rettorica - talora bellissima, come quella di Pascoli nel discorso di Barga - hanno fatto il resto. Gli ammonimenti e i consigli degli economisti - notevolissimi quelli dell'Einaudi che è dotato di uno spirito pratico eccellente - non vengono ascoltati. C'è un vero engouement dappertutto in Italia; più forte in Sicilia dove nelle masse popolari produssero una grande impressione le deplorevoli infatuazioni dell'on. De Felice sulla colonizzazione e sui benefici, che ne trarrà l'isola. Le speranze suscitate si possono misurare dalle 21.000 domande che c'erano già 15 giorni fa di persone che volevano andare a Tripoli ad impiantare industrie, commerci, aziende agricole; dalle società capitalistiche che si vorrebbero costituire a Milano, a Genova, a Torino; dal movimento tra i lavoratori che si è iniziato per la colonizzazione. Filippo Lovetere, mente fervida e spirito intraprendente, che con intenso lavoro e molto affetto aveva già costituito in Sicilia una Federazione agricola delle Società cooperative laiche, ha iniziato le pratiche per la colonizzazione dell'Africa bagnata da tanto generoso sangue italiano ed ha indirizzato all'on. Colajanni il seguente telegramma:
Al venerato maestro giunga oggi il saluto dei lavoratori della terra siciliani convenuti ad iniziativa della Federazione delle cooperative agricole laiche provincie Caltanissetta a costituire prima cooperativa siciliana per colonizzazione agricola Tripolitania. Presidente avv. Filippo Lovetere
A questo telegramma N. Colajanni rispose in questi termini:
Ringrazio te, cari lavoratori terra, affettuoso gentile saluto. Auguro ogni fortuna all'impresa, ma scettico nella sua opportunità, per l'amore immutato verso lavoratori, caldamente raccomandando massima prudenza. Consiglio sopratutto non dimenticare che vera elevazione economica morale raggiungerassi spiegando azione nella propria patria. Colajanni.
La vergognosa reazione delle classi dirigenti italiane. Illustrazione da H.M.De Mathuisieulx, La Tripolitaine d'hier et de démain, 1912Ad edificazione di Arturo Labriola, che probabilmente si sarà ricreduto, e degli altri sindacalisti, repubblicani e socialisti, che non seppero valutare al giusto le conseguenze interne - politiche e finanziarie - ed esterne della nuova follia coloniale e dettero ad essa il loro pieno consentimento, nel numero precedente abbiamo ricordato che la sola a giovarsi della infausta impresa africana è stata la reazione. Abbiamo ricordato i segni d'intolleranza bestiale tra gli studenti, tra i magistrati, tra i deputati, senza pretendere di enumerare tutti i fenomeni, che stanno a segnalarne il suo incedere trionfale. Gl'insulti volgari e le violenze contro il Prof. Bonfigli provocarono duelli ed ebbero altri strascichi. Non menzioniamo, però, il caso Sanna perchè volevamo occuparcene a parte; e ce ne occupiamo oggi. Il Sanna nella Scuola media pubblicò alcuni articoli non antipatriottici, come furono qualificati, ma intonati a quel materialismo storico o determinismo economico un poco volgare, che talora si presta alle ironie sui diritti dello stomaco. Si diceva in essi che si trovavano per l'Africa i milioni che si lesinavano per gli insegnanti e che si trattavano gli ufficiali molto meglio degli insegnanti: l'una e l'altra cosa conforme a verità. Apriti cielo! I giornali patriottardi aprirono una campagna di vituperi contro l'autore, da principio ignoto - ma che onestamente e coraggiosamente si fece conoscere subito - di tali articoli e lo si segnalò come nemico della patria. Molti professori, che facevano parte della Federazione degl'insegnanti delle Scuole medie presieduta dal Sanna - l'autore degli articoli incriminati - fecero il bel gesto di protestare fieramente e molti si ritrassero anche dal sodalizio. Evidentemente molti di costoro sono tra quelli che intendono il materialismo storico davvero nel modo più ignobile e che hanno creduto più conveniente in questo quarto d'ora stare col governo anzicchè cogli avversari dell'impresa coloniale. Ma torneranno all'ovile se muterà il vento... Oh! se torneranno! Il Sanna correttamente credette doveroso dimettersi dalla Presidenza nello interesse della Federazione stessa. Appena riacquistata la sua piena libertà di azione indirizzò al Corriere della Sera, suo primo accusatore una nobile lettera che il giornale di Milano si guardò bene dal pubblicare. Siamo dolenti di non poterla pubblicare intera per la deficienza dello spazio, ma non possiamo resistere al bisogno di riprodurre integralmente questi brani:
Illustrazione da H.M.De Mathuisieulx, La Tripolitaine d'hier et de démain, 1912Ella, scrive il Sanna, mi chiede ripetutamente che cosa abbia voluto dire io, professore di storia, parlando di bandiere e di stemmi come di quisquilie. Ebbene, il professore di storia le risponde che i simboli hanno valore soltanto quando dietro ad essi sia un'idea. Il sacro augello romano sparse per il mondo la civiltà e il diritto; il tricolore irradiò di gloria Parigi liberato dalla Bastiglia; confortò le forche della Giovane Italia; fugò a San Martino le schiere dello stranicro; e in un domani che noi reprobi, noi Turchi d'Italia, auguriamo e attendiamo con un ansia da molti patrioti d'oggi ignorata, saluterà in radioso bagliore di vitttoria le balze del Trentino nostro. Ma a Tripoli, no; esso non è segnacolo di diritto, né di libertà; è segno invece di conquista, di sopraffazione nostra su altre genti, e reca con sé, a quanto pare, anche il pericolo di un dominio clericale. Noi non possiamo salutare con pura gioia il tricolore a Tripoli. Possiamo bensì riconoscere con dolore che la vantata civiltà europea è ancora tale da costringere noi, popolo nuovo sorto dal diritto popolare, ad impugnare per necessità di esistenza le armi della tirrannide; possiamo desiderare che queste armi, una volta brandite, restino vittoriose; possiamo e dobbiamo guardare con ammirazione ai nostri marinai, ai nostri soldati, ai nostri ufficiali che su la Sirti disputata, seguendo il dovere sancito nella legge, fanno ancora grande il nome d'Italia. Ma un fondo di amarezza ci impedisce l'applauso e ci chiude in gola il grido di gioia: è una conquista forse necessaria, ma ingiusta. E Lei domanda ancora notizie del mio patriottismo. Io non lo sventolo secondo l'aria che tira. Esso è affare della mia coscienza di galantuomo, del quale non debbo render conto se non a me stesso e alla legge. Ma poichè Ella mostra tanta curiosità di sapere, ebbene, Le dirò che al patriottismo d'occasione... e d'altro di certuni io tengo fermamente superiore il mio che, pur consentendo con dolore ad una conquista necessaria ma iniqua, guarda ansiosamente al giorno in cui una società migliore, di gente più giusta e più felice, avrà rinnovato l'antica gloria d'Italia. E ritengo ancora d'amar molto meglio l'Italia io, esprimendo l'augurio che l'impresa si compia col minor spreco possibile di sangue e di denaro, che coloro i quali vogliono la più grande guerra perchè... l'Italia possa squadernare al mondo attonito tutte le sue forze militari.
Illustrazione da H.M.De Mathuisieulx, La Tripolitaine d'hier et de démain, 1912Dalla stessa lettera apprendiamo con piacere che tra 170 sezioni della Federazione soltanto una ventina e tra 4.000 federati solo un centinaio di professori si associarono alla protesta contro il Sanna. Ma i segni della brutale e reazionaria intolleranza non sono quelli soli provocati dall'attitudine suggerita dalla loro coscienza, rispettabile sempre anche se fosse errata, dal Prof. Bonfigli, dal Prof. Montemartini, un alto funzionario dello Stato, dal Prof. Sanna; altri ce ne sono quotidiani. Non solo nei Consigli Comunali ma anche nei Teatri e nei Cinematografi si è costretti ad unirsi alle folle ubbriache che applaudiscono l'apparizione del Duca degli Abruzzi, l'eroe (?!?) di Prevesa, o la recitazione di una delle odi dell'apologista dell'incesto, dell'adulterio e del brigantaggio; e chi non si associa viene vituperato e minacciato di peggio. Tra i vituperati e minacciati c'è stato un Giudice del Tribunale di Genova. Questa i patriottardi non se l'aspettavano: un magistrato coraggioso! O che scandalo è mai questo? Sì; cari signori della reazione. Magistrati onesti e coraggiosi ve ne sono molti; e noi che tanti ne abbiamo bollati come indegni della magistratura ne conosciamo moltissimi. Ma l'atto d'intolleranza, che ci ha maggiormente addolorato è venuto da persona che abbiamo stimato per la sua cultura e per la sua rettitudine, se non per la sua saldezza di carattere politico: è venuto da Luigi Guelpa, che ci tiene a farsi ritenere discepolo di Mazzini. Ora il suo contegno nella natia Biella è stato tale che se Mazzini fosse vivo - Mazzini che lasciò piena libertà ai nemici della repubblica in Roma mentre si combatteva gloriosamente per la sua esistenza - certamente non lo vorrebbe tra i suoi discepoli. Illustrazione da H.M.De Mathuisieulx, La Tripolitaine d'hier et de démain, 1912A Biella furono annunziati dei comizi e dei discorsi dell'on. Quaglino contro la guerra. Luigi Guelpa avrebbe esercitato un suo diritto ed avrebbe anche adempiuto al suo dovere dichiarando che avrebbe contrapposto comizio a comizio, discorso a discorso. Questa sarebbe stata libertà, sarebbe stata civiltà. Ma Luigi Guelpa, no; segue altro metodo; egli minaccia, in nome del patriottismo... africano, di ricorrere alla violenza per impedire al deputato Quaglino di parlare al propri elettori. Ciò è incivile, è illiberale, è indegno di chi si dice repubblicano e discepolo di Mazzini. Potrebbe esserci di peggio? Sì. Il peggio viene da un Professore di Università, dal Prof. Cian di Pavia; il quale deplorando che il Ministro della pubblica istruzione non abbia saputo punire gl'insegnanti, che hanno offeso la patria... tripolina, sprona gli studenti a punirli loro col boicottaggio... Per potere comprendere bene la vergognosa enormità commessa da questo insegnante in un Ateneo ricordiamo che il Prof. Cian fu uno di quelli che invocarono provvedimenti dal ministro della pubblica istruzione per infrenare la riprovevole e spaventevole indisciplinatezza degli studenti. E noi lo lodammo e ci associammo a lui! Che dovremmo dire ora di lui? Questo solo, per non lasciarci trascinare dallo sdegno, che suscita in noi: vorremmo che i suoi colleghi dell'Università di Pavia adottassero contro di lui quel boicottaggio che egli consiglia agli studenti. NotaL'on. Colajanni appena letta la inverosimile proposta del Cian ha mandato questa interrogazione: Il sottoscritto interroga il ministro della Pubblica Istruzione per sapere se ha preso dei provvedimenti contro quel Prof. Cian, che aizza gli studenti contro i loro maestri e inferisce un grave colpo al principio bene inteso della disciplina.
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