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Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Recensione al libro di S. Sighele Pagine nazionaliste, in Rivista Popolare, di politica, lettere e scienze sociali, diretta da Napoleone Colajanni, del 15 aprile 1911, p. 170
ll nazionalismo... non ha ancora un programma. - Imprendemmo a leggere il libro di Scipio Sighele: Pagine nazionaliste (Milano, fratelli Treves. lire 3,50) colla speranza di trovarvi ciò che indarno cercammo nel Congresso il Nazionalismo di Firenze: un programma, che ci facesse comprendere ciò che esso è e ciò che vuole.
Siamo rimasti disillusi o meglio non vi abbiamo trovato ciò che cercavamo, ma ciò che ci era noto.
Scipio Sighele non è uno scrittorello qualunque; perciò anche in queste pagine ce ne sono di quelle che piacciono per la forma e pel contenuto. Quella sulla lotta per l'autonomia nel Trentino, per l'università italiana a Trieste; certe staffilate che assesta ai socialisti irredenti o agli studenti italiani - di tanto inferiori agli studenti irredenti - che fingono proteste e provocano tumulti per... ottenere vacanze; il richiamo sul patriottismo tedesco del socialista Pernerstoffer etc., certamente sono pagine che trovano intero il nostro consenso.
Lodiamo il pentimento suo per aver cooperato con tutto il ciarlatanismo lombrosiano a diffondere il pregiudizio sulla superiorità della razza anglo-sassone, veramente deprimente della energia latina. E consentiamo anche noi che anche rimanendo nella Triplice ci si potrebbe stare con maggior fierezza di quella spiegata dal Tittoni o dai suoi predecessori e successori.
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Ma tutto questo non serve a giustificare il sorgere di un nuovo partito, che fa nascere tanti equivoci specialmente pei precedenti di alcuni dei suoi maggiori apostoli e per quello che essi scrivono.
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Ad esempio: Enrico Corradini del Regno e degli articoli suoi in vari giornali e riviste, dai quali si potrebbe desumere che egli vorrebbe muovere guerra all'Austria per Trento e Trieste, alla Francia per Tunisi, all'Argentina, al Brasile, agli Stati Uniti pel trattamento che fanno ai nostri emigrati.
Ma se il Sighele rispondendo al Borgese confessa che “un programma preciso e definitivo ancora non c'è”; e non c'è “perchè i nazionalisti non sono per loro fortuna, dei candidati alle elezioni politiche, i quali abbiano pronte delle promesse da elencare furrescamente dinanzi al pubblico”, c'è però un sentimento di avversione per la democrazia, che ne fa le veci.
Invano egli s'indugia a dimostrare le differenze tra il nazionalismo francese e quello italiano per conchiudere che il primo è impeciato di reazione e l'altro no.
La dimostrazione riuscirebbe a provare che i nazionalisti francesi un programma ce l'hanno e che perciò sono più seri di quelli italiani. Lo spirito che anima i nazionalisti italiani, oltre che dai precedenti del Regno, se mai, verrebbe fuori dal disprezzo, analogo a quello di tutti i superuomini, che non penetrarono a Montecitorio, che ostenta sul Parlamento. Ci facessero conoscere almeno come e con quali mezzi i nazionalisti vorrebbero tonizzare gl'Italiani! Scipio Sighele del resto non può ignorare che Giuseppe Mazzini un programma lo trovò subito senza potere essere compreso tra i candidati alle elezioni politiche, i quali abbiano pronte delle promesse da elencare furbescamente dinanzi al pubblico.
Ma il programma che non c'è, vien fuori incoscientemente da questo tratto. Scipio Sighele scrive a pagina 19:

Le speranze nutrite nel 1866 su Trento e Trieste vennero deluse dall'eroico obbedisco di Garibaldi.

Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
Questa frase ci ha profondamente disgustato non già per quello che può lasciare sospettare agli ignari di Garibaldi ed anche a quelli che non sanno che Lamarmora era pronto a trattarlo da ribelle - cioè a fucilarlo all'occorrenza: Aspromonte insegna che i Sabaudi n'erano capaci - se avesse disobbedito; quanto per quello che tace.
E il Sighele ta
Da "Vita d'arte", Anno I, 1908 - Alberto Martini
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ce che se le speranze del 1866 vennoro deluse; se Garibaldi dovette obbedire ciò si deve alla insipienza prima e alla slealtà dopo di Vittorio Emmanuele II che disonorò l'Italia accettando il Veneto col marchio infame del maresciallo Leboeuf, che provocarono l'accusa di tradimento e l'abbandono alle nostre sole forze dalla Prussia. E Scipio Sighele ha l'imprudenza di ricordare che le speranze vennero deluse per l'obbedisco di Garibaldi senza un lontano accenno alle enorme responsabilità di chi l'obbedienza rese necessaria e gliela impose... di chi creò le condizioni della attuale inferiorità politica e militare dell'Italia che durerà ancora chi sa per quanto tempo.
In quel silenzio sta il programma del nazionalismo italiano: esso è essenzialmente monarchico e reazionario...
Nota. N. Colajanni nella Ragione pubblicò un articolo analogo a questo stelloncino e che provocò il risentimento di Scipio Sighele. A parte la deplorata scortesia del Colajanni, che chiama sempre pane il pane senza ricorrere agli eufemismi ipocriti, il Sighele dice a sua difesa che egli non poteva, trattando dell'autonomia del Trentino, mettere una lunga nota storica sulla campagna del 1866. Sorrida pure il sig. Sighele sul conto di Colajanni, che non enunciò tale pretesa; ma ogni lettore che non è un minchione e che non ha i preconcetti e le pregiudiziali monarchiche del Sighele, comprende che questi senza scrivere la lunga nota - che non avrebbe guastato affatto: ce ne sono tante! - all'inciso in cui si accencennava alle deluse speranze per l'obbedisco di Garibaldi, poteva sostituirne un altro in cui si poteva accennare alle deluse speranze pel comando di Lamarmora o pel tradimento della monarchia. Il signor Sighele provvederebbe meglio al suo buon nome confessando l'errore.

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