Per l'educazione popolare
Non occorre avere un profondo intuito psicologico per accorgerci dello strano e doloroso fenomeno che si svolge nella vita collettiva del popolo relativamente alle molteplici incoerenze di carattere politico e religioso che non risparmiano sovente coloro che hanno un largo patrimonio di idee moderne e un fondo di principii democratici.
E la morbosa suggestione esercita tale imperio nell'animo umano da determinare tutti quei traviamenti di coscienza che ostacolano il retto giudizio e la rigidità del carattere, Quando la propaganda pro Nunzio Nasi estendendosi con forza convulsiva tra le sentimentali popolazioni dell'Italia meridionale, creò l'apoteosi dell'ex ministro, parve a molti ingenui che fosse suonata la campana funerea per l'uomo di Dronero, tanto vivo e profondo si sentiva l'odio per questi, ritenuto la causa principale della rovina del deputato trapanese. E molti, avrebbero scommesso l'uno contro mille che nelle prossime elezioni il partito giolittiano, da Napoli in giù, non avrebbe racimolato che pochissimi voti.
Se non che, tale presupposto fu smentito solennemente dai fatti: perché quella stessa gente che aveva gridato il crucifigge a Giolitti, quegli stessi monopolizzatori della pubblica opinione, tutti i crociati grossi e piccini che nei comizi, sui giornali d'occasione, nei ritrovi pubblici e privati avevano, con clamore dimostrato la necessità di combattere ad oltranza il giolittianismo ovunque s'annidasse, non tardarono a dimenticare le loro precedenti determinazioni trasformandosi in paladini del partito al potere, personificato dallo stesso Giolitti.
Non dissimile si manifesta nelle masse il fanatismo religioso. Pare strano, ma, purtroppo accade cosi: - Molti sodalizi che partecipano oggi, entusiasti a una manifestazione anticlericale per il XX settembre o ad una protesta civile per la barbara uccisione di Francesco Ferrer; domani, - quegli stessi sodalizi, - prendono parte attiva, con eguale entusiasmo, ad una qualsiasi festa clericale, pronti anche a versare, con indifferenza l'obolo per la costruzione di una chiesa a S. Ignazio o per un monumento a Giordano Bruno.
Tale traviamento della coscienza umana ha certamente una forte ripercussione su tutte le vicende politiche dello Stato, ostacola l'evolversi delle preziose energie collettive, sorregge, e - direi quasi - legittima le numerose e multiforme ipocrisie degli organi dirigenti che per istinto di conservazione si credono in diritto barcamenarsi sul fluttuare dell'incoscienza popolare.
Qualora, invece, i rappresentanti del popolo si trovassero di fronte ad uomini più evoluti, dotati di una certa chiaroveggenza sulle principali quistioni sociali e di quel buon senso pratico che dimostrano spesso nelle relazioni della vita privata, - stiamo pur certi, - dimostrerebbero maggiore sincerità nel disimpegno delle loro funzioni, e, sopra tutto una maggiore forza coesiva col corpo elettorale da cui sono originati. (grassetto mio)
L'energia necessaria nell'individuo per sostenere una giusta causa deve avere un forte punto d'appoggio nella compagine dell'organismo sociale, nello spirito di disciplina che aleggia sugli uomini coscienti e compatti: allora soltanto il membro eletto può considerarsi l'espressione sincera dei suoi rappresentati: ai quali deve rendere esatto conto del suo operato. Quando, invece, sa che nessuno si accorge di lui e tanto meno dei suoi pubblici atti, - spesso agli antipodi coi bisogni veri del popolo, si crede in diritto scegliere quelle vie che gli sembrano più agevoli.
Qualcuno ha pure il convincimento che le funzioni elettive possano mercanteggiarsi come una merce qualunque.
Il tale deputato, perchè stanco della vita politica, cede a Tizio il suo collegio: mentre il tal altro lo cambia con un parente o amico che sia e via di seguito, proprio come si trattasse di un feudo privato...
Ciò accade perché la gran maggioranza del popolo non ha un concetto esatto dell'importante funzione rappresentativa, e non riflette che la prosperità di una nazione e tutti quei malanni che oggi deploriamo, derivano principalmente da tale funzione.
Il vecchio ritornello del popolo che ha il governo che si merita potrebbe giustificarsi quando il popolo fosse cosciente delle proprie azioni e potesse godere liberamente i suoi dritti pubblici nella scelta dei suoi rappresentanti, ma un popolo nello stato di grande ignoranza e superstizione, non può ritenersi responsabile di un regime in antitesi alle naturali aspirazioni democratiche, non può venire accusato di supina aquiescenza a tutte le malversazioni politiche e amministrative che si svolgono intorno ai snoi occhi perché gli manca quella conoscenza pratica che sa far discernere i veri dai falsi amici; in altri termini, è privo di sana educazione politica.
Si rende quindi necessaria una maggiore e benevola attenzione da parte degli uomini sinceramente democratici sull'arduo problema della coltura politica del popolo, essendo essa la più potente leva del meccanismo sociale, la base del progresso e del miglioramento morale ed economico dell'umanità.
Un grave pregiudizio ancora prevalente in molti studiosi di questioni sociali è il ritenere che la sola istruzione elementare obbligatoria sia bastevole a formare i cittadini coscienti dei propri diritti e doveri, e non vanno più in là di questo desiderio minimum, sancito da leggi incomplete e di difficile applicazione. Forse, sembra bastevole la funzione meccanica del saper leggere e scrivere per dare un'impronta duratura al carattere umano, e non si pensa che quelle funzioni fondamentali del sapere non sono altro che strumenti delicatissimi, suscettibili a continuo deperimento se vengono lasciati in abbandono. E non è raro il caso di giovani, che da fanciulli frequentarono regolarmente le tre prime classi elementari obbligatorie, trovarsi in condizioni di non saper più scarabocchiare una lettera, se non hanno dimenticato addirittura la propria firma.
Non parlo poi delle condizioni intellettive di costoro, perché avendo mancato l'elemento vitale necessario, subiscono le stesse fasi di tutti gli altri individui che non frequentarono alcuna scuola, costituendo quell'immensa falange di analfabeti o quasi analfabeti che deliziano la terza Italia con il ricco patrimonio di superstizioni e pregiudizi.
Non bisogna farsi troppe illusioni. Queste sono le condizioni vere del popolo che determinano quella inferiorità economica della nostra nazione di fronte agli altri Stati.
E' vero che da parecchi anni in qua si è notato un certo benessere nelle classi lavoratrici per le crescenti ricerche della mano d'opera; ma codesto miglioramento, ha soltanto origine dalla continua emigrazione e non dalle mutate condizioni intellettive e fattive dei cittadini.
Il benessere sensibile causato dal capitale d'oltre Oceano fa sì che i migliori nostri connazionali dimenticano facilmente la madre patria, che fu loro madrigna, e preferiscono svolgere la loro attività all'Estero, in mezzo a gente più evoluta della nostra.
Molto deve far dunque la democrazia italiana per ottenere la vera sovranità popolare nella cosa pubblica e, di conseguenza, tutte quelle riforme sociali che richiedono i nuovi tempi.
Essa non deve estrinsecare la sua energia soltanto nei brevi periodi elettorali con frasi alate e difficili o con la propaganda cartacea che lascia sempre il tempo che trova, ma deve mettersi in testa di operare incessantemente, in ogni occasione della vita con quel metodo pratico ed efficace di cui sono profondi conoscitori i partiti religiosi.
Infatti, per citare un esempio conosciutissimo, quale disciplina può uguagliare le organizzazioni clericali? Esse non avrebbero acquistato, nel corso dei secoli, quel grado di sviluppo e potenzialità senza quella continua e ordinata propaganda orale fra le masse che va sotto il nome di predicazione. E tutte le altre religioni, certamente non si sarebbero affermate senza la continuità delle prediche fatte con ammirevole spirito pratico, scevro d'interessi personali e vivificato da una fede sinceramente professata.
E tale metodo praticissimo ripetuto per molte generazioni, determinò il convincimento che l'unico mezzo per far penetrare nel cervello del popolo, del popolo ignorante, un dato principio religioso è la predica. Quante nazioni non si sono convertite ad una religione in seguito alla parola convincente di qualche oratore sacro?!
Sarebbe ardua l'impresa? Non lo credo. Ogni partito delle diverse frazioni democratiche ha i suoi bravi oratori che saprebbero fare il proprio dovere con amore e con sublime abnegazione. Si formerebbe così tra gli adulti quella coscienza positiva moderna che non valgono a formare quelle scuole serali per analfabeti istituite da pochi anni e riconosciute inefficaci ad onta del più grande buon volere dei maestri.
Che sorgano, dunque, in tutti i centri abitati delle cattedre di coltura popolare con indirizzo esclusivamente pratico, onde sottrarre gli uomini da quello stato di cieco asservimento in cui li tiene il dogma, e risplenda ovunque la fiaccola luminosa della civiltà moderna.
Se in Italia si è fatto poco o nulla per la vera educazione popolare, si cerchi, almeno, d'iniziare un periodo continuato di conferenze come si pratica da qualche tempo in America.
Quando nel 1900 un giornale di New York lanciò la proposta, sorse subito il Board of Education con lo scopo di provvedere alla cultura degli operai mediante pubbliche e gratuite conferenze su temi riguardanti tutto ciò che è necessario nella vita.
I risultati che si ottennero superarono ogni aspettativa poichè si ebbero nel
Perciò in Italia, e principalmente nelle regioni meridionali si potrebbe fare qualche cosa di serio in vantaggio delle condizioni psichiche del popolo.
Più che altrove è necessaria questa propaganda orale nel mezzogiorno, dove la legge De Sanctis per le condizioni ſinanziarie dei Comuni non dette alcun risultato, dove, perciò, a causa dello spaventevole analfabetismo la propaganda cogli scritti è impotente. Il Congresso di Girgenti dimostrò la necessità e l'urgenza di tale propaganda; e le recenti esplosioni di sdegno e di odio popolare contro le misure profilattiche per frenare la marcia del morbo asiatico sono troppo note per dimostrare la verità delle nostre amare riffessioni e il pericolo sociale che si corre trascurando ulteriormente l'educazione popolare. Per iniziarla, per continuarla, per intensificarla non si richiedono sagrifici pecuniari da parte di enti pubblici perché basterebbero nei piccoli centri i locali delle scuole elementari e un piccolo nucleo di volenterosi disposti a ordinare il ciclo delle conferenze.
Il difficile sta nel cominciare, ed io ho il fermo convincimento che in pochi anni la mentalità del popolo acquisterebbe tale sviluppo da rendere facile la conquista di quelle pubbliche libertà finora in monopolio di pochi mestieranti e da eliminare o rendere rarissime le gravi offese all'umanità e alla civiltà, che si sono da recente deplorate.
Antonino Calì - Marchese