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Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Rivista popolare di politica, lettere e scienze, Anno XVII, N. 22, Roma 30 novembre 1911
E. A. Powell: Tripoli e l'Italia
Un territorio più vasto di tutti gli Stati dell'Atlantico, dalla Florida al Maine, messi insieme : un clima asciutto, caldo in estate e freddo in inverno, come quello del nuovo Messico: una superficie che varia dall'aridità dei nostri altipiani alla fertilità della valle di San Joaquin nella California: una popolazione così scarsa che gli abitanti, fanatici, turbolenti, poveri uguagliano appena due persone al miglio quadrato, ecco la Tripolitania.
La Tripolitania consiste di quattro divisioni amministrative più o meno nettamente definitive: Tripoli, Fezzan, Bengasi e le oasi del Sahara.
Il distretto di Tripoli che occupa tutto il nord-ovest della reggenza, è per la massima parte un altipiano sassoso interminabile, senza fiumi, senz'acqua e disabitato tranne lungo la costa fertile. I tratti di sabbia gialla, che il viaggiatore occasionale vede dal ponte del piroscafo, non sono, come egli egli si compiace d'immaginare, le estremità del Sahara, ma bensì delle sue semplici dune di sabbia sospinte dal mare, come si possono vedere altrove sulla costa del mar Mediteraneo.
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
In dolce pendio, da queste dune di sabbia costiere, su verso l'altipiano interno, va una zona di una larghezza media di circa otto chilometri; di una fertilità assolutamente rimarchevole inquantoché le profonde gole riempiute da considerevoli torrenti durante le pioggie invernali, continuano a mandare giù un rifornimento di acqua sotterranea anche durante la stagione asciutta. Mediante pozzi innumerevoli, attorno ai quali girano incessantemente asinelli e buoi cogli occhi coperti, l'acqua è sollevata in serbatoi, dai quali è condotta nei campi. In questa oasi della costa si fanno raccolti tutto l'anno, perchè, malgrado gli attrezzi agricoli primitivi degli abitanti ed il loro grossolano sistema d'irrigazione, il suolo è meravigliosamente produttivo.
Dall'aprile al giugno si raccolgono mandorle, albicocche e grano; in luglio ed agosto vengono le pesche, da luglio a settembre è la stagione della vendemmia e l'uva tripolina gareggia con quella della Sicilia; da luglio a settembre le nere tende dei raccoglitori nomadi di datteri e di ulivi sono comparse attraverso i campi, sebbene il dattero giallo della costa non regga al confronto gustoso dell'oasi interna, color di mogano; dal novembre all'aprile i boschi d'aranci rispendono di un frutto che gareggia con quello di Giaffa; i primi giorni della primavera vedono lo imbarco di quelle “patate di Malta” che adornano la carta da pranzo di ogni albergo elegante d'Europa; mentre si possono ever limoni in ogni stagione dell'anno.

Verso Sud, nel Sahara, al di là di Tripoli si stende la provincia Fezzan, che per la sua inaccessibilità, per la malaria e per il caldo mortifero, era prediletta dal Sultano Abdul Hamid di infelice memoria come luogo di esilio per cortigiani caduti in disgrazia e per funzionari troppo popolari, nella presuzione della quasi assoluta probabilità che qualcuno di essi tornasse indietro. I pozzi artesiani hanno tuttavia dimostrato in altre regioni d'Africa che le parole deserto” e paese senza valore non sono più sinonimi, cosicché non v'ha ragione a credere che i miracoli compiuti dalla Francia in Algeria ed in Tunisia, come quella dell' Inghilterra nel Sudan, non possono essere tentati con successo dagl'Italiani nel Fezzan. Per quanto questa ragione appaia arida ed inospitale oggidì, giova ricordare che i coloni greci e romani la vantarono come granaio d'Europa.

Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Ciò che si fece altra volta lo si può ripetere di nuovo e per predire un futuro promettente per un Italia africana.
Verso l'Egitto si protende la penisola del Baka, la Cirenaica degli antichi. I suoi molti vantaggi naturali di clima, di suolo e di vegetazione la rendono la regione favorita della reggenza, se pure non lo è di tutta l'Africa del Nord. Mentre il clima e la vegetazione di Tripoli e del Fezzan appartengono nettamente alla zona del Sahara che ha la prima dattifera come caratteristica, Bengasi è altrettanto una regione decisamente mediterranea. I suoi altipiani fertili e rivestiti di verdura sono coperti di boschi di guerce, dl cipressi, di ulivi e di pini. Quantunque ben fornita di pioggie e come già notammo estremamente fertile, la provincia di Bengasi, una volta la più ricca delle colonie greche, è ora scarsamente popolata.
Sparse lungo la costa v'hanno Bengasi, che è la capitale, con una popolazione estremamente mista ed uno dei peggiori porti del mondo: Tobruk che a causa della sua eccellente baia e della vicinanza della frontiera d'Egitto ha da lungo tempo attirato l'occhio desideroso della Germania, ed i porti insignificanti di Derna e di Meri. Gli altipiani, non governati, dallo interno sono occupati da orde di arabi belligeri e nomadi, che che non riconoscono altra autorità all'infuori dello Sceicco della loro tribù.
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Giova tuttavia correggere l'opinione popolare, che un'oasi consista di un gruppo di palme intorno ad un pozzo ricoperto; sta incece di fatto che i serbatoi sotterranei sono così vicini alla superficie del deserto, che queste isole circondate di sabbia hanno dell'acqua buona in abbondanza, tantoché quella di Jof, ad esempio, sostiene più d'un milione di palme dattifere e parecchie migliaia di persone con cammelli, armenti e greggi.
“Tali, in brevi e mercati contorni, sono le caratteristiche, salienti, climatiche, agricole e geografiche delle regioni che l'Italia ha presa. Tutto considerato, non è uno sguardo lungimirante che gli statisti italiani ebbero quando decisero di giocare le loro carte per una tale posta. Sebbene, né il suolo né il clima abbiano cambiato dai giorni dell'antica prosperità della Tripolitania, secoli di governo miserabile e corrotto, di proprietari assenteisti e di funzionari irresponsabili, hanno ridotto i contadini allo stesso stato di apatia stupida e disperata in cui erano i fellah egiziani prima dell'occupazione inglese. Se Tripoli dev'essere redenta, ed io fermamente credo che lo sarà, l'opera della rigenerazione non deve essere fatta da ferrovie governative, da linee di navigazione sussidiate e da reggimenti di funzionari burocratici, ma da uomini pazienti, laboriosi, tenaci, con pozzi artesiani , con macchine seminatrici, con aratri a vapore e sacchi di concimi chimici. Può ben darsi che; secondo le entusiastiche dichiarazioni di espansionisti italiani, la Tripolitania costituisca una nuova Italia in vicinanza degli stessi porti dell'antica Italia, ma essa richiederà molti e molti milioni di lire e molto lavoro arduo, perché valga la pena di possederla.
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
In tutti i tempi, Tripoli fu la porta attraverso la quale, mediante lente carovane, entrarono nell'interno dell'Afrieca armi, coltellerie e cotoni, e ne uscirono schiavi, penne di struzzo ed avorio. Da tempo immemorabile questa regione fu il termine di tre strade commerciali storiche:
La prima va direttamente a Sud, attraverso il deserto, al lago Ciad ed ai grandi Stati indigeni: Sokoto, Bagirmi, Kanem e Uadai;
La seconda segue una direzione sud-ovest attraverso il Sahara, alla grande curva del fiume Niger e alla misteriosa città di Timbuktu;
La terza piegando verso oriente portò a lungo le cotonine inglesi e i coltelli di tasca tedeschi agl'indigeni del Darfur e del Sudan.
Ma per effetto dell'avanzata e dell'energia degl'inglesi e dei francesi, non solo quasi tutto l'Hinterland tripolino fu assorbito dall'uno e dall'altro Stato, ma - cosa d'importanza assai maggiore - essi riuscirono a divergere ai loro porti del Nilo, del Senegal e del Niger, il grande ed importante comemercio di carovane, che per secoli si avviava al mare attraverso Tripoli, lasciando alla Tripotitania italiana nulla allo infuori delle sue possibilità come paese agricolo.
Gli uomini di Stato che progettarono ed i soldati e marinai che seguirono la presa della Tripolitania, obbedivano ad una voce dalla tomba. Sebbene il grave disastro degl'italiani ad Adua, nel 1896, abbia cagionata la caduta politica di Crispi, il più grande italiano del tempo, il suo sogno d'espansione coloniale dell'Italia, come l'anima del popolo inglese, continuò a camminare. Colla visione d'un profeta, quello del grande Statista vide non lontano il giorno in cui l'aumento continuo della popolazione e della produzione dell'Italia la costringerebbe ad acquistare un mercato coloniale al di là del mare. Crispi giace nella tomba, ma il Governo italiano, seguendo la politica da lui inaugurata, si è posto furtivamente all'opera in Tripolitania.
Per coloro che realmente conoscono la situazione, i pretesti dell'Italia, che le iniziative dei suoi sudditi residenti nella Tripolitania sieno state intralciate e che le vite e gl'interessi loro fossero seriamente danneggiati, suonano piuttosto vuoti. Per dire il vero gl'Italiani avevaro le redini libere nella reggenza ed all'occasione diedero più noie di qualsiasi altro popolo.
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912: il transatlantico Titanic.
Illustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912: il transatlantico Titanic.
Tuttavia ora che essa ha finalmente la Tripolitania in pugno, il suo compito è appena cominciato. L'annessione, specialmente nell'Africa, non finisce con una dimostrazione navale, con uno sbarco, con un ufficiale che fa abbassare una bandiera e ne alza un'altra e con il lampo ed il tuono del saluto nazionale. A meno che l'elemento fanatico musulmano di cui questa regione fu a lungo una rocca forte, possa indursi ad accettare l'occupazione italiana - e di ciò ho fortissimi dubbi - la vita d'un soldato italiano che si avventuri, fuori del tiro delle navi da guerra, non avrà il valore di un'ora.
llustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
llustrazione tratta da Lega navale (Mare nostrum), Anno VIII, 1912
Orde di arabi fanatici cresciuti nel deserto, avvezzi alle fatiche, al sole mortifero, alla povertà del cibo ed alla mancanza d'acqua; montati su agili cammelli e conoscitori del deserto senza strade, come il boscaiolo nella foresta in cui lavora; accesi di una religione che garentisce che la sola via sicura al paradiso è di morire in battaglia, contro gl'infedeli - possono molestare l'esercito italiano d'occupazione per anni con un sistema di guerriglie. Occorsero alla Francia, con tutte le risorse d'un esercito coloniale esperimentato, quarant'anni per pacificare gli arabi dell'Algeria; l'Inghilterra ne richiese sedici per conquistare il Sudan; nell'Africa tedesca, annessa più d'un quarto di secolo fa, le tribù interne non sono ancora pacificate; la nostra esperienza costosa e faticosa nelle Filippine non ha bisogno di essere ricordata.
L'Italia ha tuttavia posto la sua mano all'aratro ed ha cominciato un solco lungo, arduo e costosissimo, di cui ancora non si può vedere la fine. Pochi vorranno dubitare che la presa della Tripolitania non torni in ultimo di gran vantaggio al paese e che essa promuovevà l'apertura di quelle oscure regioni alla civiltà, se non al cristianesimo, perché il musulmano non cambia di fede. Ma dopo tutto, io non posso che sentire che la croce della Casa di Savoia porterà più bene all'Africa in generale, ed alla Tripolitania in ispecie, di quello che mai potranno fare la stella e la mezza luna (American Review of Reviews, Novembre).

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