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Leo Ferrero

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Leo Ferrero (Torino, 16 ottobre 1903 – Santa Fe, 26 agosto 1933) è stato uno scrittore e drammaturgo italiano.
Leo Ferrero nacque a Torino dal noto storico Guglielmo Ferrero e da Gina Lombroso, scrittrice, medico e figlia del celebre antropologo Cesare Lombroso. La famiglia si trasferì nel 1916 a Firenze e Leo, già ottimo conoscitore della lingua francese, dal 1917 iniziò a collaborare alla rivista letteraria Les Jeunes Auteurs. Appassionato di teatro, scrisse nel 1919 La favola dei sette colori e nel 1921 Il ritorno di Ulisse, due drammi in versi di argomento mitologico.
Viaggiando frequentemente con il padre in diversi paesi d'Europa, a Parigi fu colpito dalle opere teatrali di Denys Amiel e di Paul Géraldy: nel 1923 scrisse La chioma di Berenice, e nel 1924 Le campagne senza Madonna, due drammi in tre atti, il primo sulla relazione tra Catullo e Lesbia, il secondo, d'ambientazione moderna, è la rappresentazione della vita di due coniugi secondo l'ispirazione intimista dei due autori francesi. Quello stesso anno Leo pubblicò con il padre La palingenesi di Roma, una storia della storiografia romana da Livio a Machiavelli
Leo Ferrero, iscritto dal 1921 alla Facoltà di lettere all'Università di Firenze, collaborava con articoli di critica letteraria e teatrale su «Il Secolo» - collaborazione interrotta nel 1923 a seguito della fascistizzazione del quotidiano - su Il Mondo di Corrado Alvaro, su Il Baretti di Piero Gobetti e su La Fiera Letteraria di Umberto Fracchia. La posizione apertamente antifascista del padre coinvolse tutta la famiglia Ferrero che si trovò a essere senza passaporto e costantemente sorvegliata dalla polizia politica: tali vicende furono descritte da Leo, anche con ironia e umorismo, nel Diario di un privilegiato sotto il fascismo, pubblicato postumo.
Nel 1927 Leo fu costretto a cessare la collaborazione con La Fiera Letteraria. Fu tuttavia collaboratore di quotidiani e periodici esteri, come Le Figaro, La Dépêche de Toulouse, il New York Sunday Times, Les Nouvelles littéraires, "La Révue juive, e altri, e tra i promotori della rivista Solaria, fondata nel 1926 dall'amico Alberto Carocci, una delle migliori riviste letterarie del tempo, aperta alle esperienze culturali europee. Nell'articolo Perché l'Italia abbia una letteratura europea, Ferrero riteneva necessario che la letteratura italiana dovesse caratterizzarsi da un forte impegno morale e sociale secondo il solco aperto dai grandi romanzi europei dell'Ottocento, senza indulgere negli sperimentalismi dell'avanguardia.
Laureatosi alla fine del 1927 con una tesi su Leonardo e sapendo di non avere prospettive di lavorare liberamente in Italia, ottenuto il passaporto, nel 1928 si trasferì a Parigi, dove frequentò i molti antifascisti italiani lì presenti, in particolare Andrea Caffi, Lauro De Bosis, Giansiro Ferrata, Aldo Garosci e Carlo Levi, ma anche André Gide, André Malraux e Paul Valéry, autore dell'introduzione al suo studio Léonard de Vinci ou l'oeuvre d'art, rielaborazione della tesi di laurea, pubblicato nel 1929.
Del 1932 è il saggio Paris, dernier modèle de l'Occident, che affronta il problema della crisi politica europea vista come una frattura esistente tra le élite intellettuali e le classi dirigenti dei paesi occidentali. Solo in Francia, a suo giudizio, esisteva ancora accoglienza dei valori culturali dai circoli intellettuali, radicati eminentemente nella capitale, e la classe politica ed economica francese. A Parigi Ferrero tentò anche il romanzo. Un primo tentativo, Le misanthrope de Padoue, non lo soddisfece e distrusse il manoscritto. Il secondo, Espoirs, descrive le vicende di un gruppo di giovani i cui progetti, essendo essi incapaci di rapportarsi con la realtà, sono destinati al fallimento.
Ottenuta una borsa di studio dalla Fondazione Rockfeller per una ricerca sugli Indiani del Nuovo Messico, nel settembre del 1932 Ferrero si trasferì negli Stati Uniti e qui, a Santa Fe, morì il 26 agosto 1933 in un incidente automobilistico.
Tra le sue carte fu trovato il dramma satirico Angelica, personificazione dell'Italia soggetta al fascismo. Il cavaliere Orlando libera Angelica dalle grinfie di un tiranno, che viene rovesciato, ma l'impresa, dopo un primo momento di entusiasmo, lascia deluso gran parte del popolo, che dalla dittatura ricavava pur sempre dei vantaggi. La prima messa in scena in assoluto è avvenuta ad opera di Georges Pitoëff (Parigi, Théâtre des Mathurins, 20 luglio 1936). La prima rappresentazione italiana è stata per iniziativa della Compagnia del Teatro dell'Arte di Firenze (regia di Alessandro Brissoni, aprile 1946) e poi con il Centro Universitario Teatrale di Roma (26 gennaio 1948, regia di Lucio Chiavarelli, con Giulietta Masina e Marcello Mastroianni). Successivamente è stata ripresa dal Teatro Stabile di Torino per la regia di Gianfranco De Bosio (XVIII Festival Internazionale della Prosa di Venezia, 15 luglio 1959).
Ferrero lasciò altri scritti: le raccolte di versi e prose Désespoirs e La catena degli anni, i saggi Meditazioni sull'ItaliaAmérique, miroir grossissant de l'EuropeLe secret de l'Angleterre e scritti vari di critica letteraria.

 
  • 1946 - Leo Ferrero - Diario di un privilegiato sotto il fascismo

    1946 - Leo Ferrero - Diario di un privilegiato sotto il fascismo

    Mercoledì, 23 Novembre 2022 - 334.65 Kb - pdf - 5689c32d625c418a729cd264ef63ab31 - Leo Ferrero, Diario di un privilegiato, Torino Chiantore 1946Leo Ferrero, figlio dello storico Guglielmo e di Gina Lombroso, nipote di Cesare Lombroso, nacque a Torino il 16 ottobre 1903, morì per incidente automobilistico a Santa Fè nel Nuovo Messico il 26 agosto 1933.Le sue opere, per la maggior parte pubblicate postume in Francia e in Svizzera, lo rivelarono uomo di lettere e pensatore di valore eccezionale, campione di quell’europeismo che dal tempo della prima guerra mondiale viene auspicato da tutti gli spiriti ansiosi delle sorti della civiltà occidentale.Il presente Diario comprende l’ultimo anno trascorso dal Ferrero in Italia, dall’autunno del ’26 alla fine del ’27, allorché egli si trasferì all’estero per sottrarsi alle angherie che il fascismo infliggeva agli intellettuali indipendenti.La situazione politica italiana è qui riflessa nelle quotidiane annotazioni dell’Autore sulle vicende sue personali e della sua famiglia, lettura del più alto interesse non solo come obbiettivo documento storico e psicologico, ma altresì per la visione sintetica a cui il Ferrero s’innalza scorgendo negli avvenimenti italiani un aspetto della crisi estendentesi all'intero mondo moderno, come oscuramento degli essenziali valori cristiani di umanità e di libertà. [...]

  • 1939 - Leo Ferrero - Meditazioni sull'Italia

    1939 - Leo Ferrero - Meditazioni sull'Italia

    Lunedì, 28 Novembre 2022 - 616.86 Kb - pdf - 0dc4afc2ef6fedfb257ddf773f222024 - Leo Ferrero, Meditazioni sull'Italia, Capolago 1939Non c’è spettacolo in Italia, che mi stupisca più che la dolcezza di tutte le cose visibili. Una luce viola tinge le città di marmo, che spesse mura rivestite d’edera chiudono sulle vette delle colline.Quando non sorgono sull’orizzonte di una pianura selvaggia, quando non si cingono di oliveti come dee nascenti dalle spume marine, queste capitali abbandonate dai Re deposti o dai patrizi impoveriti, rispecchiano nelle acque delle lagune le memorie della loro antica magnificenza.Le donne sono belle, sorridenti e gravi. Il mare stesso sembra offrire alla penisola, per incorniciarla, non so che sogno di lontananza. Ma è certo stabilito dal Destino che gli uomini scontino con delle pene invisibili la voluttà di vivere in un paese fatto di preziose apparenze. Anche per i pochi che lo conoscono è difficile capire come tanti monumenti siano stati eretti da quelli che vorrei chiamare i capimastri delle rovine.Lo splendore, il vigore stesso dell’Italia si fondano sopra una contraddizione: la vita che nasce da una volontà di morte. Questa aura mortale non appare tanto nelle rovine, nelle colonne tronche, in quelle testimonianze dei secoli che il sole e la pioggia riducono lentamente in polvere, quanto in tutti i monumenti rispettati dal tempo; nella Divina Commedia, nella cupola di Santa Maria del Fiore, miracolosamente sfuggite alla stretta mortale del paese che se ne gloria. Il segreto dell’Italia, che gli stranieri non possono leggere negli occhi ridenti dei mendicanti accovacciati sui ponti, è la lotta mortale tra il popolo e le aristocrazie; la massa cerca d’istinto di distruggere l’élite e la civiltà dell’Italia nasce da questa collisione, come la scintilla sprizza dal cozzo di due pietre. [...]

  • 1924 - Guglielmo e Leo Ferrero - La palingenesi di Roma

    1924 - Guglielmo e Leo Ferrero - La palingenesi di Roma

    Venerdì, 02 Dicembre 2022 - 662.09 Kb - pdf - c4c3f2cde29b9423eabbcd5438d3e726 - Guglielmo e Leo Ferrero, La palingenesi di Roma, Milano Edizioni ”Corbaccio” 1924[...] Ma questa causa non è la sola, ed è, per dir così, una causa seconda, derivata da un’altra, meno visibile e più profonda: l’oro delle conquiste. Fenomeno economico? Per chi cerca nella natura umana la ragione profonda della storia, questa azione della moneta è un altro esempio della padronanza e tirannia che tanti oggetti creati dall’uomo a servirlo esercitano sul loro autore. Che cosa è la moneta? Non è la ricchezza, ma una ricchezza; ossia uno dei tanti beni desiderati dall’uomo, ma in sé e per sé non dei più necessari, perché i metalli preziosi, tanto pregiati per la loro bellezza e rarità, non servono a nulla fuorché ad ornare, se non esistono gli altri beni necessari alla vita, che il denaro acquista. Ad un uomo perduto nel Sahara un pane ed un otre d’acqua sarebbero più preziosi, che un sacco di monete d’oro.Senonché se questo è vero, è pur vero che gli uomini immedesimano la ricchezza e il denaro, come se il denaro fosse la ricchezza, e di nulla sono più cupidi che di denaro, sia esso coniato in metallo prezioso o stampato in vilissima carta, al punto che reputano felice solo chi ne abbonda - uomini e tempi. [...]

  • 1940 - Leo Ferrero - La Divina Commedia ed altro

    1940 - Leo Ferrero - La Divina Commedia ed altro

    Domenica, 11 Dicembre 2022 - 467.19 Kb - pdf - 90c5eeb3828006de55ffb22de833db3a - Leo Ferrero, Appunti sul metodo della Divina Commedia, Lugano Nuove edizioni Capolago 1940[…] Sarebbe molto interessante determinare il posto che Dante occupò nella gerarchia letteraria del suo tempo.Un’opera d’arte eccellente, contrariamente a quanto si crede, in un momento di disordine e di produzione mediocre, non appare più bella, ma molto meno; si gusterà con minor sensibilità e acutezza che non in un’epoca ricca di capolavori. Perché la disarmonia e la bruttezza delle opere circostanti la patineranno del loro stesso brutto, accentuando quelle parti che nell’opera bella si trovano comuni alle croste, e impedendo, con l’imperioso affollarsi della loro immagine di disordine nella nostra intelligenza critica, che noi si distingua con pace e giustezza, come in momenti di creazione tranquilla e monolineare, l’ordine che la rende armoniosa. E potremmo facilmente scambiare quell’ordine vero per una di quelle tante apparenze d’ordine fallace, che si nascondono sotto una maniera, esteriormente più composta, ma intimamente viziata come tutte le altre.Una donna bella in mezzo a dieci brutte è più possibile che scompaia più che non spicchi.La Vita Nova ebbe grande successo. Le sue opere in prosa suscitarono molti commenti. Ma in Italia il primo libro di uno scrittore ha sempre successo. Quali furono le risonanze della Divina Commedia? Ricevendo il Purgatorio, Giovanni del Virgilio, professore a Bologna invitò Dante a riscattare il tempo perduto in giochi volgari scrivendo delle egloghe alla maniera di Virgilio. L’Italia esiliava il poeta e respingeva il poema.I posteri non furono con Dante più generosi che i contemporanei. L’Italia rispetta in generale il riposo dei suoi grandi. Le vite di Dante in Italia sono state rare. Due secoli interi, il XVII e il XVIII, lo giudicarono il più noioso dei poeti (Baretti). Il nostro secolo, che mena tanto rumore intorno al suo nome, non ha prodotto malgrado il carnevale del centenario che due o tre Vite di Dante, quella scritta per il popolo da Gallarati Scotti, più tardi quella di Umberto Cosmo e qualche altra. Ma in realtà Dante non sembra essere letto e commentato oggi in Italia che in aule polverose a cura di professori che non lo capiscono. Tanta erudizione non ha pescato nel silenzio dei tempi che delle testimonianze di sofferenze inaudite e crudeli di un uomo grande e giusto forzato a vivere in mezzo a gnomi.Questo poema che passa per un poema d’amore è figlio del dolore e dello sdegno. Alle sublimi invettive della Divina Commedia, Dante fu spinto dalla forza stessa della collera e dal sentimento della giustizia ferito. Il poema è l’opera dell’Italia (miseranda etiam Saracenis), che riuscì a farsi detestare così meravigliosamente.Niente può sembrare più strano e sorprendente per uno straniero che questa grande opera concepita e scritta contro il proprio paese. La vita di Dante è la vita simbolica di ogni grande in Italia. La nostra vita è seminata di celati massacri, di sforzi inutili, di moltitudini di geni, di martiri morti oscuramente in mezzo ai baccanali.Dante è in fondo anti-italiano. E cioè uno di quei pochi italiani di spirito europeo anche se di carattere italiano, che in Italia camminano come degli albatros sulla terra.La posizione di Dante rispetto all’Italia di cui ha patito tutti i vizi e la leggerezza morale, potrebbe essere quella di un aristocratico illuminato dalla destra, tipo Fortunato o Sforza, in tempi di fascismo, o anche tipo Ferrero. […]

  • 1941 - Leo Ferrero - Le secret de l'Angleterre

    1941 - Leo Ferrero - Le secret de l'Angleterre

    Martedì, 13 Dicembre 2022 - 321.74 Kb - pdf - 50774d613cf2c7a886398e7b0f38ab86 - Leo Ferrero, Le secret de l’Angleterre Prèface de Guglielmo Ferrero, Cahiers de prèsence Genève 1941Le 3 janvier 1928 Léo est parti pour Londres, où il est resté jusqu’au mois de juin. Rentré à l’Ulivello, il a, pendant l’été de 1928, résumé dans le livre que nous publions les observations et les réflexions les plus importantes de son séjour dans l’île.Le livre tel qu’il l’a composé alors était un peu plus long. Il était précédé par un essai sur les deux types de civilisation – l’athénienne ou intellectuelle, la romaine ou sociale - dont la Grèce et Rome dans l’antiquité, la France et l’Angleterre dans notre époque semblaient à Léo les exemples les plus achevés et lumineux. Léo a utilisé cette partie de son étude pour son Paris, dernier modèle de l’Occident, où l’on trouvera ses vues largement développées. Du livre que nous publions aujourd’hui, quelques morceaux ont paru dans des revues; la plus grande partie est inédite.Léo avait donné à ce livre plusieurs titres: Notes sur l’Angleterre; L’armée endormie; Un ordre basé sur une lacune; Le secret de l’Angleterre. Nous avons choisi ce dernier, car il exprime l’actualité qui, latente au moment où le livre fut écrit, est devenue flagrante, presque par explosion, aujourd’hui. [...]
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