Ho illustrato il testo che segue con foto (con l'eccezione delle prime due) del grande fotografo Emilio Sommariva (1883-1956). Sono foto di G. A. Borgese e di sua figlia Giovanna. Le foto sono state scattate in due fasi: nel 1925-26 e nel 1931.
Borgese in età adultaG. Antonio Borgese, L'utilità delle cose inutili, in La vita e il libro, pp. 358-366, Torino, 1911 Come sarà educata la generazione nata nei primi anni del secolo nuovo? A quali discipline di studio saranno costretti i nostri piccoli figli? Ch'essi non lo sappiano, mentre escogitano i loro pazienti giuochi e s'industriano a sconquassare i balocchi, poco importa; ma importa che non lo sappiano nemmeno i parenti e che siano anche in dubbio gli educatori. Le Commissioni reali pubblicano ponderosi volumi di relazioni e di proposte, i ministri minacciano di studiare, il Parlamento si accinge a legiferare per decidere se la nostra prole dovrà sapere soltanto il latino od anche il greco, e se, per concorrere ad un posto di medicocondotto, il nostro primogenito dovrà aver mostrato la capacità di scomporre nei loro elementi grammaticali le invettive di Marco Tullio Cicerone contro un pubblico ufficiale prevaricatore di duemilanni fa. La questione è viva, ardente, imperiosa; e s'approssima fatalmente ad una soluzione, la quale, qualunque essa sia, decidendo intorno ai metodi d'educazione, deciderà anche, per almeno mezzo secolo, intorno ai destini intellettuali e morali del nostro paese. Fa dunque pena vedere con quanta indifferenza il pubblico ascolti sonnecchiando l'interminabile dibattito fra i conservatori della tradizione ed i propugnatori del rinnovamento, fra i classicisti e i modernisti. Borgese in America (?)Nel campo della lotta scendono quasi soli i professionisti: quelli che un Bacone filosofante in lingua povera guarderebbe con diffidenza sospettandoli affetti dal pregiudizio del mestiere ... Il gran pubblico li lascia battagliare, giudicando nella sua torpida saggezza che gli accademici non possono discutere se non di questioni accademiche. Tanto, il problema della scuola classica s'inserisce facilmente in pillole e più facilmente ancora si digerisce. Si può credere oppurtuno tormentare i fanciulli con otto anni di fatiche, delle quali nessuna traccia, se non un solco di digusto e di stanchezza, resterà nelle loro coscienze violate dal querulo demagogo? G. A. Borgese ritratto da Emilio Sommariva.La vita moderna, così fresca, cosi giovanile, cosi ricca d'impeti originarii e di forze tempestose non si corrompe al contatto di quelle forze defunte, come un corpo sano perisce d'infezione se per alcune ore è rimasto avvinghiato a un cadavere? Certo, certo: se gli italiani sono retori inconcludenti, se la nostra industria non compete con le officine di Chemnitz e di Manchester, se la nostra letteratura è, come ognun sa, stomachevole, la colpa è della scuola classica, che mortifica la volontà, aduggia lo spirito, isterilisce i fiori della giovinezza. Cosi ragiona, senz'ombra di ironia, l'uomo della strada; il quale, quando vuole mostrarsi capace d'inauditi sacrifizii all'equanimità e al buon senso, riconosce a mala pena, tentennando il capo, che, malgrado tante ragioni ragionate, persiste un inesplicabile fatto: datemi due uomini d'ingegno, di carattere, di operosità approssimativamente eguali, ma di cui uno abbia fatto, sia pur svogliatamente, gli studi classici e l'altro no; io riconoscerò, starei per dire al fiuto, quale dei due abbia strappato alla pietosa indulgenza dei suoi maestri la licenza liceale; e quest'uno sarà sempre superiore a quell'altro per mentalità, per equilibrio logico, per chiarezza di visione, per precisione di volontà. Sono cose che anche l'uomo della strada non ignora; ma ciò non pertanto non osa di mutar parere. G. A. Borgese ritratto da Emilio Sommariva.O, se mai, costretto dalla quotidiana esperienza, concederà l'exequatur alla scuola classica, ma purché si rinnovi, come egli usa dire, dalle fondamenta: un exequatur con riserva, una specie di condanna condizionale. S'insegni il latino e fors'anco il greco, ma con metodi spicciativi e divertenti; s'impartiscano le lingue classiche con espedienti non troppo dissimili da quelli della “Berlitz School” ... e si leggano gli scrittori antichi con commenti di “varietà”. ... Tutti i programmi insomma son buoni, fuorché i programmi difficili: l'imperativo categorico dell'educazione deve consistere nel non affaticare i nostri cari ragazzi. Giacché questo è uno fra i più gravi segni dell'epoca in cui viviamo: il predominio delle donne e delle concezioni femminili. Educare la prole significa, se ci si pensa un po', contemperare la tenerezza materna con la tenacia paterna. G. A. Borgese ritratto da Emilio Sommariva.Ma la nostra società tende sempre più decisamente verso il lato delle madri, abbandona via via i consigli dell'intelletto per ubbriacarsi di sentimento, e, se dovesse obbedire al suo istinto, trasformerebbe le scuole in palestre di giuochi, ove i fanciidli, sazii dei trastulli domestici, s'intratterrebbero, nella loro lunga primavera, coi trastulli di stato. Tutto ciò che la scuola ha di duro, di penoso, di arduo, tutto ciò per cui la scuola, sotto pretesto d'impartire nozioni di discutibile utilità, si fa maestra, di sforzo morale ed abitua le generazioni nascenti ad una gravosa lotta quotidiana contro l'istinto del capriccio, del disordine, della mala voglia, è antipatico ai nostri contemporanei. G. A. Borgese ritratto da Emilio Sommariva.E, poiché la scuola classica è la più diffìcile di tutte, contro la scuola classica si avventano le più pertinaci ed inconciliabili volontà demolitrici. Sta bene; ma che cos'hanno fatto finora i nostri “classicisti” per proteggere dalle incursioni il loro minacciato reame? Abbiamo in Italia un bello e compiuto libro, ove si legga una persuasiva apologia degli studi che i modernisti vorrebbero o sopprimere o sminuire? A giudicare da certi scrittori che, senza il minimo sospetto di cadere in trivialità, confortano del loro ingegno e della loro autorità la tesi che attribuivamo all'uomo della strada, si direbbe di no.
G. A. Borgese ritratto da Emilio Sommariva.C'è, sì, a Firenze una Società italiana per la diffusione e l'incoraggiamento degli studi classici (A.I.C.C., NdR), ove non mancano uomini di molta sapienza e d'indubitabile buon volere; ma, per un complesso d'intricate ragioni, la sua azione non è riuscita se non raramente ad oltrepassare la soglia degli ambienti eruditi da cui avrebbe dovuto o voluto muoversi per agire in un mondo più vasto. Non è esagerazione affermare che la prapaganda classicista abbia finora convertito ben pochi oltre quelli che di convertirsi non avevano punto bisogno, e che la gerarchia dei sacerdoti sia press'a poco tutt'uno con la chiesa dei credenti. Libri di divulgazione ci vogliono, proprio per inculcare al volgo il rispetto di un'educazione non volgare; e, quando la società per gli studii classici ne ha sentito il bisogno, ha dovuto cominciare per cercarne qualcno nientemeno che in Russia. Appunto: la scuola classica è insidiata in Russia non meno che in Italia; e, per difenderla, Taddeo Zielinski lesse, or sono sette anni, a Pietroburgo, una serie di otto conferenze, che ora appaiono tradotte in italiano. G. A. Borgese ritratto da Emilio Sommariva.Sono estremamente facili, lucide, discorsive, tali da incatenare l'attenzione e da costringere al pensiero. È un piccolo libro di cui bisogna consigliar la lettura a tutti quelli che vogliono sapere perché mai, mentre ci sono tante cose utili da imparare, si debba considerare come rovinosa ogni proposta che tenda ad allontanare la gioventù dalla conoscenza di due lingue che non servono ai viaggiatori di commercio e di una storia perfettamente superflua ai diplomatici incaricati di redigere i trattati internazionali. Lo Zielinski è tutt'altro che un accademico di vecchio stampo: non crede che nella conoscenza dell'antichità si trovino le norme per il vivere moderno, né riman sordo a tutto quello che si agita e freme oltre le mura della sua biblioteca. Ma è giustamente persuaso che nell'antichità si trovano i germi delle nostre istituzioni, dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti, e dimostra all'evidenza che non è possibile aver chiara coscienza del presente se si sopprime il passato. Non è un fanatico, è un sobrio e pensieroso propagandista, che non ciba gli uditori di assiomi oltrecotanti, ma li conduce lentamente per mano, additando fatti e traendo cautamente dai fatti, in loro compagnia, le conseguenze. Se qualche cosa si può rimproverare allo Zielinski, questa è la volontà di dimostrare troppe cose. G. A. Borgese ritratto con sua figlia Giovanna da Emilio Sommariva.E perciò fa d'ogni erba fascio, e si perde in minuzie, e, se qualche volte ragiona da vero pensatore, altre volte si rivela per russo, e ragiona, come dire?, alla maniera di un personaggio tolstoiano. Non valeva, per esempio, la pena di ripeterci, sebbene lo Zielinski tocchi solo incidentalmente questo vieto argomento, che la conoscenza del greco può giovare ai cultori di scienze naturali per intendere di primo acchito i termini tecnici, giacché un medico potrebbe agevolmente rispondere che è un capriccio troppo lussuoso sgobbare cinque anni per avere il bel gusto di non dover ricorrere qualche volta ad un vocabolarietto di nomenclatura scientifica. L'arte di persuadere consiste nell'accentrare la nostra energia sugli argomenti capitali senza disperderla nelle piccole motivazioni, che, se nel loro insieme possono agire sopra un mite contradditore, desideroso di passare nel nostro campo, prese una per una cadono senza scampo nelle trappole logiche degli avversari. A me pare che sia tempo perso dimostrare le molteplici e complicatissime utilità degli studii classici. Messa in questa direzione, non v'è forza dialettica, che alla fine non debba sconsolatamente ripiegarsi di fronte al vittorioso sorriso sarcastico di un matematico o di un fisiologo. Se si vogliono difendere gli studii classici, bisogna battere in breccia il più svergognato e brutale fra i pregiudizii materialisti dell'età nostra: quello che la cultura deve servire a qualche cosa, che chi più sa più ha, che sapere è potere. Giovanna Borgese, figlia di G. A., ritratta da Emilio Sommariva.Bisogna ostinatamente ficcare nella gretta e cocciuta anima dei nostri contemporanei la convinzione che, non appena la cultura diviene interessata e subordinata ad uno scopo pratico, cessa per ciò solo di essere cultura. Per cause indirette e concomitanti la cultura potrà servire, e serve difatti, a mantenere la famiglia in buona salute, ad applicare le norme del ben vivere, a rispettare le leggi dello Stato, a fuggire le tentazioni del vizio e del delitto. Può anche servire, sebbene il caso sia di gran lunga più raro, ad accumulare un patrimonio. Ma, considerata nella sua vera ed intima sostanza, la cultura non ha scopi fuori di sé stessa; e il suo unico fine è di arricchire liberamente e disinteressatamente lo spirito, dando all'uomo la coscienza della sua superiorità sulla natura e inculcandogli il dovere di coltivare la sua mente e la sua coscienza perché non vada dispersa la fatica delle generazioni che tanto penarono per conquistare quella dolorosa e gloriosa superiorità. Non è la macchina, non è la velocità delle comunicazioni e nemmeno è il benessere materiale quello che distingue la civiltà dalla barbarie. Giovanna Borgese, figlia di G. A., ritratta da Emilio Sommariva.Sono civili le nazioni e gli uomini presso i quali non è spento il sentimento della cultura libera; sono barbali quelli che considerano anche la cultura come strumento di conquista pratica, e nel secolo XX, per necessità di adattamento, conquistano il pane e il companatico leggendo più del prossimo, come in altri tempi avrebbero conquistato il loro cibo assassinando i competitori. Oggi questi sembrano paradossi; il veleno della concezione utilitaria ha corrotto quasi tutte le menti. E perciò la scuola classica, ove ogni crisalide di cittadino è costretta a scontare le sue ambizioni pratiche con un bagno di cultura inutile, è un antitodo, poco efficace ancora, ma pur sempre salutare. Dopo otto anni dedicati a imparare un certo numero di cose che non servono proprio a nulla, qualche traccia di curiosità pura e disinteressata resta anche negli animi più miseri, anche nelle menti più anguste. Così com'è, la scuola classica, derisa, punzecchiata ed oltraggiata, resta uno dei pochi rifugi ove la civiltà minacciata abbia diritto d'asilo. E il giorno in cui quel rifugio apertamente venisse demolito o con pazienti insidie venisse sgretolato, sarebbe l'inizio di una disastrosa decadenza. Così com'è, dicevo; giacché è fuor di dubbio che la scuola classica potrebbe esser molto migliore. Ritratto di bambina eseguito da Emilio Sommariva.Quando dalla scuola classica si diffondesse nella nazione il sentimento della bellezza e della saggezza delle letterature antiche, quando veramente la sostanza eterna della nostre antiche civiltà vivesse nell'animo nostro, come vive l'ammaestramento ed il ricordo dei parenti, le schiere nemiche si dileguerebbero d'improvviso. Poiché, infine, chi sono i nemici della scuola classica se non ex-studenti, che non poterono affezionarsi alla scuola e ne uscirono con la convinzione d'aver miseramente sperperato il loro tempo e il danaro della loro famiglia? Saranno stati cattivi scolari; ma, quando i cattivi scolari sono così numerosi, è segno che la scuola non è ottima. Mancano in Italia, - è cosa vecchia - le relazioni tra la scuola e la vita. Come potrà mantenere e sviluppare il suo gusto per il patrimonio intellettuale dell'antichità l'adolescente che ha già conquistato la licenza liceale leggendo i classici nel testo? è una utopia: glie ne mancherà sempre il tempo e la voglia. E, se non può leggere i testi, deve, senza scampo, dimenticare ogni cosa. Le traduzioni sono quasi tutte mediocrissime, i libri come quelli dello Zielinski bisogna andare a cercarli in Russia. Chi saprebbe indicarmi in Italia una bella storia della letteratura greca o della letteratura latina che non sia un manuale scolastico? Chi conosce un bello e compiuto saggio critico su Orazio o su Catullo? La nostra filologia ha fatto molte e nobili cose, ma che rimangono di pertinenza dei filologi. Ci vuole anche dell'altro: ci vorrebbe un' intera collana di traduzioni simili a quella con cui Ettore Romagnoli ha reso Aristofane popolare in Italia, e ci vorrebbe una storia delle letterature classiche degna di gareggiare con quella in cui Francesco De Sanctis ha definito i valori della poesia italiana. Ed altri molti libri ci vorrebbero, ch'io non dico i libri ricchi di dottrina e di genio, nei quali i monumenti e i documenti dell'arte e della vita antica venissero offerti in sintesi caute e profonde. Allora la licenza liceale non equivarrebbe ad un'esenzione legale del dovere di saper quelle cose che lo Stato voleva ad ogni costo farci imparare, ed i giovani non verrebbero su in ambienti familiari indifferenti od ostili alle cose che i giovani debbono per forza imparare a scuola. E la questione fra i classicisti e modernisti sarebbe finita; perché il classicismo sarebbe vero modernismo, con in più quella coscienza storica dell'esser nostro, senza la quale saremmo da molti secoli l'ultimo popolo del mondo.
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