Epoca, n. 213 del 31 ottobre 1954, pp. 19-24
Fotografiamo i cattivi
In Parlamento bisognerebbe istallare alcune macchine da presa per ritrarre i deputati che ricorrono alla violenza. Questi, sostiene l’on. Marazza, dovrebbero venire puniti.
di Giorgio Vecchietti

Da Epoca n. 213 del 1954
Da Epoca n. 213 del 1954
Roma, ottobre
“Signor deputato”, scrive un anonimo cittadino di Prato, “non permetta più che succedano queste cose. Lei autorizzi i commessi a usare il bastone”. L'on. Marrazza ha il tavolo ingombro di lettere, gliene arrivano centinaia ogni giorno, e tutte, più o meno, su questo tono. Ora è un “padre
i famiglia”, un “cittadino onesto”, “un contribuente che paga le tasse”; ora è un “gruppo di buoni italiani”, una comitiva di amici che si riunisce la sera al caffè e hanno deciso di scrivergli con quella foga, con quel bisogno urgente di applaudire e di imprecare insieme che prende sempre la nostra provincia, dopo un grande avvenimento sportivo e una sciagura nazionale. Tutti presentano indignatissimi contro la zuffa a Montecitorio, tutti condannano le violenza, ma quasi tutti finiscono, come il cittadino pratese, per consigliare con naturalezza altra violenza, attribuendo a Marrazza dei poteri che non ha, ma che si vorrebbe che avesse. Bene lettere che lasciano perplessi.
Da Epoca n. 213 del 1954
Da Epoca n. 213 del 1954
Di recente, sempre a proposito dei tumulti in Parlamento, un acuto scrittore, Mario Ferrara, ha ammonito i governanti a i capi dei partiti sulla “crisi vasta e profonda” che il nostro Paese sta attraversando. La crisi, egli ha precisato, “è morale, prima e più che politica; di sgomento e di sfiducia” ed è tale da “determinare insieme un moto di rivolta e un gran desiderio di distensione e di riposo”, l’uno e l’altro ugualmente dannosi, alla fine, alla democrazia italiana. Una crisi, possiamo aggiungere, che viene confermata ora anche dal curioso “materiale” che si accumula giorno per giorno sulla scrivania di un deputato rispettabile, ma non certo famoso, semplicemente per il fatto che questo deputato dichiarandosi stufo alla stregua dei comuni cittadini, ha subito detto che si opporrà con una proposta concreta all'intolleranza, alla faziosità. alla cattiva educazione dei suoi colleghi.
Da Epoca n. 213 del 1954
Da Epoca n. 213 del 1954
Da Epoca n. 213 del 1954
Da Epoca n. 213 del 1954
Bisogna risalire piuttosto indietro nel tempo, trent’anni or sono, per registrare da parte dei cittadini onesti, dei padri di famiglia, dei contribuenti che pagano le tasse, degli amici al caffè, e in genere di quanti non hanno l'abitudine di rivolgersi a un parlamentare della maggioranza, una reazione; altrettanto vistosa per ritrovarli, veglio dire, così pericolosamente fiduciosi nell'uso della violenza come nel solo rimedio efficace contro le violenza di certi gruppi e persone, e per risentirli così intimamente, e pericolosamente persuasi della massima, che chi ha impugnato per primo il coltello non deve poi aspettare tante autorizzazioni per impiegarlo … pericolosamente ho detto. Le gazzarre, i pugilati in Parlamento danno ora questa risultato: che è, e sarà sempre più difficile, per un democratico sincero proporre rimedi radicali, ribellarsi alle sopraffazioni, senza destare il sospetto di voler fare una politica di “destra”, retriva, e di andar cercando equivoci consensi tra i nemici del regime parlamentare.
Viviamo, non bisogna dimenticarlo, in tempi così politicizzati, così avvelenati dalla politica più stretta e gelosa, che persino le buone o le cattive maniere possono avere una “qualificazione” ed essere variamente accettate come manifestazioni di “sinistra” o di “destra”. Lo stesso accade, del resto, fuori del Parlamento e dei partiti. A differenza del suo collega di cinquant’anni fa, oggi, ad esempio, il professore che boccia uno scolaro ignorante si espone a un doppio rischio: di buscarsi una pallottola in fronte e di beccarsi la patente di “reazionario”. Ma poiché il Parlamento deve pur funzionare nonostante i pugni e i calci degli onorevoli, così come funziona la scuola, nonostante le sparatorie dei bocciati, Achille Marazza si è messo al lavoro con animo tranquillo e con qualche speranza di veder accolta la sua proposta.
“Di incidenti”, egli spiega, “se ne contano ormai a decine. Ogni volta il Paese ne fa scandalo, ma poi non si provvede, e rimane soltanto l’accresciuta diffidenza verso il regime parlamentare.
Noi abbiamo combattuto per instaurarlo. Non possiamo accettare silenziosamente che il suo prestigio sia ferito a morte e che si rafforzi nell'opinione pubblica la convinzione che il sistema non è rispettabili, dunque, occorre provvedere”. [...]