Da Qualesammarco, n. 3 del 1993
Elezioni Amministrative '93 tra polemiche e chiarimenti
Lettera del prof. Nazario Di Carlo
Caro Direttore,
a proposito di “camerati allusivi”, dopo aver “rotto” un sacco di mandorle e aver quindi scaricato tutta intera la mia “tensione morale di mancato sindaco” ed essere finalmente del tutto guarito “dal bilioso attacco di foia badiale”, consenti anche a me di dire qualcosa e di raccontare ai tuoi lettori alcuni fatti.
Le cose dunque sono andate così: Esaurita la prima fase della campagna elettorale del 6 giugno con il lusinghiero successo della mia candidatura (ringrazio per questo il Preside Nardella, nonostante il suo pentimento postumo) e soprattutto della lista del M.S.I. che ha visto moltiplicarsi i suoi suffragi da uno striminzito 3% al 18%, ci siamo preoccupati sul come comportaci nella tornata del ballottaggio. Tennero un’assemblea, fra le più numerose che io ricordi nel M.S.I. e in quell’occasione, tranne la voce del prof. Mercaldi, dell'avv. Gualano e di qualche altro camerata che consigliavano di astenerci, la quasi totalità dei presenti era d’accordo su un nostro coinvolgimento nella lotta elettorale, “per non rinchiudere” si disse “in frigorifero” la volontà di circa 1.800 elettori. Si trattava di scegliere se con Spagnoli o Galante: l'assemblea era divisa.
Indicemmo un referendum tra i nostri iscritti e simpatizzanti e i risultati dettero una stragrande maggioranza pro Spagnoli. A questo punto i giuochi avremmo dovuto considerare esauriti. Invece no. Fu allora che “passeggiando sui viali”, fummo invitati, che dico, letteralmente assillati dal prof. Motta e soprattutto dal preside Nardella (a cui andava e va ancora la nostra stima e perfino il nostro affetto), perché optassimo per la soluzione Galante. Il preside insisteva e lo invitammo a prendere le iniziative per un incontro delle delegazioni del M.S.I. e del P.D.S..
Tu sai, caro direttore, che ci incontrammo in una pizzeria rignanese, da dove, lo confesso, io uscii letteralmente mortificato e umiliato; alle nostre insistenze di collaborazione per un patto “puramente amministrativo”, messa da parte ogni remora ideologica (questo, caro preside Nardella, era il carro su cui io e gli altri camerati volentieri saremmo saliti per il bene di S. Marco), ci fu risposto che le federazioni provinciale e regionale del P.D.S. non avrebbero ingoiato il rospo, evidentemente fascista, e che quindi la miglior cosa da farsi sarebbe stata il votare Galante, che ci avrebbe offerto, bontà sua, “un nuovo modo di governare con nuove regole”.
Che avremmo dovuto fare?
Nel frattempo la D.C. ci aveva ufficialmente invitati a collaborare alla luce del sole, senza foie antifasciste. Andammo all'appuntamento, ponemmo delle condizioni, ci accordammo sui programmi e concludemmo l’aggregazione, la mattina del 13 giugno poche ore prima della scadenza prevista dalla legge.
Partecipammo quindi con lealtà alla campagna elettorale e ci impegnammo direttamente, soprattutto a favore dei nostri candidati: il dott. Antonio Soccio, come vice sindaco e l'insegnante Laura Moscarella come assessore. A questo punto il flirt tra noi e il preside Nardella si ruppe.
Il preside considerò un grave errore il nostro atteggiamento (era suo diritto) e noi impostammo la nostra azione politica come ci imponeva ufficialmente il M.S.I. regionale, e cioè, come a Corato, ad Altamura, a Mola di Bari, in senso fortemente anticomunista (guareschiano, commentò, il preside Tonino Cera) e soprattutto anti-cattocomunista. Il preside Nardella dimenticò quanto era andato dicendoci sui dirigenti e i candidati della lista Città ai Cittadini; dimenticò che erano democristiani “della peggiore risma”; dimenticò “l’arroganza e la nullità” di qualche dirigente di quella lista. Confuse perfino la parola “inquisiti” che un oratore democristiano proponeva di allontanare definitivamente dalla D.C., con “missini”. Insomma si schierò col cuore e con la mente con il P.D.S. In pratica era divenuto un nostro avversario e come tale suscettibile anche di ricevere i nostri strali. E sotto le nostre “scudisciate”, accanto a preti, monaci e monache dell’Opera Pia (che insolita compagnia, caro Masino). E’ caduto pure il preside che abbiamo osato definire un “santone laico” che da anticlericale e anticomunista si era ritrovato “baciapile” e filomarxista. Grave peccato, grave reato.
Offesa a sua maestà l’intellettuale liberale che per “ammorbidire il mio duro comprendonio” e con spocchia tutta professorale e cattedratica scomoda Omodeo, Romeo, De Rosa, Scoppola, Brezzi. Lo confesso, pur conoscendo tali autori (Paolo Brezzi è stato mio maestro a cui ho voluto bene e che però ho smesso di leggere da quando fu eletto senatore della sinistra indipendente e quindi “utile idiota” del P.C.I.), da cattolico “sanfedista, borbonico, integralista, reazionario e fascista” mi entusiasmo per scrittori cattolici quali De Maistre, De Bonald, Cortez, Maurras, Papini, Del Noce, Bernanos, perfino Don Giussani insieme a conservatori alla Prezzolini, o al liberale Panfilo Gentile o per “fascisti” come Giovanni Gentile, Drieu della Rochelle, Brassilach, o per storici come Gioacchino Volpe o per i maestri “della Rivoluzione Conservatrice” come i tedeschi Von Salomon, C. Shmitt, o gli italiani Evola e perfino Pino Rauti. Ma ho accettato la lezione.
D'ora in poi non parlerò mai più male della suocera clericale se la nuora liberale non sarà d'accordo.
D’ora in poi però mi ricorderò nel parlare con gli storici o degli storici di Mussolini che in un famoso dibattito, credo in Senato dopo la firma dei Patti Lateranensi, a Benedetto Croce che lo criticava con asprezza rispose: “Senatore, lei scrive la storia, io la faccio”. Per carità, lungi da me il paragone con Mussolini e del preside Nardella con Benedetto Croce; ma è destino spesso dei grandi e dei piccoli storici, sapere tutto del passato, ma non capire in fondo il presente; magari sapere tutto su i Borboni e su i Briganti e non vedere al di là del proprio naso nel presente sammarchese, tanto da rendersi prima mallevadore di “nuovi” e inconsistenti “liberali” e dopo stampella di clericali e comunisti.
A conclusione, come si usa fra le comari, anche io voglio fare un regalo: in cambio del “sacco stracolmo di mandorle” offrirò al preside Nardella un ettolitro di “semata”, da quelle mandorle ricavata. E’ una bevanda, non alcolica e rinfrescante che, dicono gli esperti, ha poteri altamente curativi sul fegato, sulla bile, sul sistema nervoso e previene l'insorgere dell’arteriosclerosi.
Nazario Di Carlo 

Accoliti di complemento
Abbiamo letto con vivo interesse e doverosa deferenza l’articolo del Prof. Nardella dal titolo “Camerati allusivi”ospitato sul N. 2 di QualeSammarco.
Premesso che del dotto e velenoso articolo condividiamo poco o nulla, ci preme in questa sede stigmatizzare una espressione offensiva usata disinvoltamente dal Sig. Preside, uomo di cultura come lui stesso, tra le righe, si compiace di definirsi, quando con palese disprezzo chiama “Accoliti” del Professore (in questo caso il chirurgo Tardio) i più attivi e convinti militanti del MSI Sammarchese. Visti gli esiti del recente dibattito politico locale che alle elezioni comunali hanno registrato la schiacciante vittoria del candidato pidiessino, ci sembra che il ruolo di “Accolito” non trovi miglior interprete del Preside Nardella che, per sua stessa ammissione, nell’arco della vita, è stato liberale incompreso, da sempre simpatizzante della Fiamma tricolore e, più recentemente, con uno zelo ed una dedizione quanto meno sospetti, pidiessino di complemento, funzione che il suo conclamato e confuso anticlericalismo non riesce a giustificare del tutto agli occhi della cittadinanza.
Gli accoliti”