Discorso tenuto nella cappella reale di Portogallo nel 1670 |
Non est meum dare vobis, sed quibus paratum est a Patre meo. (Matth. 20, 23)
Così accadde, nell'episodio del Vangelo che prendiamo oggi in esame, ai figli di Zebedeo, essi pure naviganti. Cominciarono il loro viaggio dal Capo di Buona Speranza, e con vento così favorevole che lo doppiarono in un attimo, favoriti dallo zeffiro e dalla bonaccia delle onde. Fondavano la loro speranza sulla grazia di Cristo, nel fatto che Egli li aveva prescelti e nella subitanea obbedienza con la quale essi avevano lasciato non solo la barca e le reti, come Pietro e Andrea, ma anche il loro proprio padre; fondavano la loro speranza sul potere di Giovanni, manifestamente il preferito di Cristo e il più amato fra tutti i discepoli; fondavano la speranza nel fatto che, essendo cugini del Signore, appartenevano allo stesso sangue; fondavano infine le loro speranze sulla loro madre, che come donna era degna di tutto il rispetto, e come vedova di tutta la pietà. Ma anche se avevano doppiato tanto favorevolmente il Capo di Buona Speranza e se tutto lasciava supporre un rapido e favorevole esito alla loro impresa, essi terminarono assieme agli altri il loro viaggio al Capo Non: Non est meum dare vobis.
Volete sapere in che cosa consiste la durezza di un no? La cosa più dura che possa esistere nella vita è arrivare a chiedere e dopo aver chiesto sentirsi dire no.
Ma perché deve essere così? La lingua ebraica, che più di ogni altra riesce a penetrare ed esprimere l'essenza delle cose, ha una sua espressione assai significativa per indicare il diniego a una domanda: svergognare il volto. Così disse Betsabea a Salomone: Petitionem unam precor a te, ne confundas faciem meam (Nota 1): Signore, Vi prego di una cosa soltanto: non svergognate il mio volto.
E se un no è così duro per chi lo ascolta, credo non presenti minor durezza a chi lo deve dire, e tanto più grande quanto maggiormente generoso sarà quel cuore e superiore quello spirito che dovrà pronunciarlo.
Dei tre Angeli che apparvero ad Abramo nella Valle di Mambre, i due che rappresentavano due Ministri partirono per porre in atto il castigo delle città infami, e il terzo, o meglio il primo di essi, cioè colui che rappresentava Dio, rimase presso Abramo. E siccome il miglior tempo e modo di avvicinarsi a Dio e chiedergli qualcosa ci si offre quando siamo soli con Lui, il santo Patriarca approfittò di quella occasione per chiedere la revoca di quell'ordine. Le città erano cinque, ed egli disse:
'Signore, se in quelle cinque città ci saranno cinquanta uomini giusti, non perdonerai per loro?' 'Sì, perdonerò' rispose Dio attraverso l'Angelo che Lo rappresentava.
'E se non arrivassero al numero di cinquanta ma fossero soltanto quarantotto?'
'Perdonerei per quei quarantotto'
Spinto da questo favorevole inizio. Abramo continuò diminuendo il numero.
'E se fossero solo quaranta?'
'Perdonerei per quei quaranta'
'E se fossero trenta?'
'Perdonerei per quei trenta.'
'E se venti?'
'Per quei venti'.
'E se fossero soltanto dieci?'
'Per quei dieci perdonerei'.
E dicendo questo l'Angelo sparì.
Per non esser costretto a pronunciare questa durissima parola, l'Angelo sparì.
In quelle cinque città prese assieme non ci sono più di quattro uomini giusti: i componenti della famiglia di Loth, nipote di Abramo. Se Abramo, come farà certamente, giungerà a questo numero, io - si diceva l'Angelo - non posso aderire alla sua richiesta e sarò forzato a dirgli di no; allora, affinché né io abbia a compiere lo spiacevole obbligo di pronunciare quella parola, né egli abbia il dispiacere e la pena di ascoltarla, l'unico mezzo è di andarsene e fuggire: Abiitque Dominus.
I Re e i Principi sovrani rappresentano e fanno le veci di Dio sulla terra, come questo Angelo. E come questo Angelo non possono esimersi dall'ascoltare petizioni e dall'essere importunati con richieste alle quali non possono dare risposta favorevole. E poiché dire di no ai richiedenti è tanto duro per il Principe quanto per chi se lo sente rispondere, sarà argomento molto adatto a questo sacro luogo e al brano del Vangelo che oggi dobbiamo esaminare, prendere questo no come argomento della nostra predica e concludere: primo: se sia cosa adatta e decorosa per un re dire no; secondo: quale sia il modo di dirlo, quando ciò si riveli necessario.
La risposta ad ambedue queste domande la troveremo nelle parole poste al principio di questo sermone: Non est meum dare vobis sed quibus paratum est a Patre meo.